
[11/10/2010] News
FIRENZE. Dopo i risultati deludenti del vertice sul clima di Copenhagen, evento preannunciato per mesi sui media, la scaramanzia indurrebbe a tenere basso il profilo in vista del prossimo vertice di Cancun. Allo stesso tempo però è doveroso commentare quanto accaduto nell'ultimo appuntamento prima della conferenza messicana, quello che si è tenuto a Tianjin, in Cina. In sintesi nulla di nuovo è emerso dalle discussioni tra i grandi del pianeta tenute nella terra del Dragone. Anzi forse è stato fatto anche qualche passo indietro, ad esempio sono peggiorati i rapporti tra le due grandi economie mondiali, quella cinese e quella statunitense (leggi l'apertura di oggi, link a fondo a pagina). I maggiori inquinatori della Terra si accusano l'un l'altro di essere responsabili della situazione di stallo attuale.
Per il resto poche luci e molte ombre come sottolinea il climatologo Vincenzo Ferrara «I risultati sono deludenti per le questioni relative alla mitigazione, cioè la riduzione delle emissioni, che rimangono in alto mare non solo nel gruppo Agw-Lca (Ad hoc working group on Long-term cooperative action under the Convention) per quanto riguarda gli obiettivi di lungo periodo, ma anche nel gruppo Agw-kp (Ad hoc working group on further commitments for annex i parties under the Kyoto protocol) per quanto riguarda la riduzione delle emissioni al 2020 da parte dei paesi industrializzati. Anzi, per certi versi le difficoltà e le controversie sono addirittura aumentate».
Poi Ferrara cerca di cogliere anche qualche aspetto positivo «Risultati positivi, o parzialmente positivi sono stati raggiunti solo da alcuni "contact groups" del gruppo di lavoro Agw-Lca, perché sono riusciti a migliorare alcune parti del testo del trattato di lungo periodo. In particolare, sono stati riformulati molti punti della bozza di testo relativi alle questioni finanziarie, al trasferimento di tecnologie ed alla cooperazione internazionale per aiutare i paesi più poveri nelle azioni di adattamento ai cambiamenti climatici».
Mentre sarebbe necessario innalzare l'asticella al 30% per la percentuale di riduzione della C02 al 2020 per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici (livello non impossibile perché al 20% probabilmente con la crisi in atto ci si arriva per default), non c'è accordo tra Paesi in via di sviluppo (Cina compresa) e Paesi industrializzati sulle strategie di breve e medio periodo da adottare e nulla è dato sapere sui destini del protocollo di Kyoto in scadenza tra due anni. Tutti riconoscono il problema ma nessuno fa un passo avanti per assumersi le responsabilità e prendere impegni.
L'appuntamento di Cancun è tra un mese e mezzo e per ora non c'è nessun Paese che abbia voglia di assumere un ruolo trainante come quello che in passato aveva avuto l'Unione europea su questo tema. Intanto proprio in sede comunitaria il 14 ottobre ci sarà un incontro per definire la posizione Ue al vertice di Cancun. «Non ci sarà una posizione italiana distinta da quella Ue - ha precisato il direttore generale del ministero dell'Ambiente Corrado Clini - L'Italia, chiederà di non aprire una seconda fase del protocollo di Kyoto, con l'elevazione dei tagli della CO2 dal 20% al 30% che non è una opzione utile al negoziato».
Ancora una volta ci sappiamo distinguere per posizioni particolarmente "avanzate" sui temi ambientali.