[18/10/2010] News
FIRENZE. Nulla di nuovo sullo stato di salute delle grandi città italiane. Anzi se proprio si vanno a leggere nel dettaglio i dati di Ecosistema urbano (giunto alla XVII edizione), l'annuale ricerca di Legambiente e Ambiente Italia sullo stato di salute ambientale dei comuni capoluogo italiani realizzata con la collaborazione editoriale del Sole 24 Ore, si nota che la situazione è addirittura peggiorata.
Male Milano che peggiora in tutti gli indici della qualità dell'aria ed in classifica generale passa dal 46° posto al 63°; male Napoli e Palermo che si trovano ad occupare rispettivamente la 96esima e la 101esima posizione della classifica peggiorando la performance già poco brillante dello scorso anno. A incidere sulla classifica poco virtuosa di queste due grandi città del Sud anche l'incapacità di intraprendere un percorso adeguato per la corretta gestione dei rifiuti. Roma invece è in forte sofferenza per gli effetti dannosi di una mobilità scriteriata, con centro e periferie invase dalle auto private. A resistere tra le grandi città è solo Torino, 74ª (era 77ª lo scorso anno), proprio perché migliora di poco nelle medie del Pm10 e soprattutto dell'Ozono dove dimezza i giorni di superamento della soglia, scendendo a 36 giorni contro i 74 dello scorso anno, e risale anche nei settori del trasporto pubblico, dei consumi idrici e dei rifiuti.
Complessivamente, a parte i "dati congiunturali" come la leggera diminuzione dei consumi di carburanti e di produzione dei rifiuti dovuti alla crisi economica ed un qualche miglioramento nella raccolta differenziata, per il resto vengono confermate le scarse attenzioni delle istituzioni locali per le politiche "green" necessarie per migliorare la qualità della vita delle città.
«La vera emergenza nelle nostre città - ha sottolineato il presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza - è rappresentata spesso dalla scarsa lungimiranza, dalla mancanza di coraggio e di modernità da parte di chi le governa. Perché se è vero che lo Stato investe pochissimo nelle infrastrutture per il trasporto pubblico urbano, questo non può diventare l'alibi per l'immobilismo delle grandi città che oggi invece potrebbero rappresentare il fulcro del cambiamento, approntando da subito interventi sostanziosi quasi a costo zero. Dobbiamo guardare all'Europa. Il road pricing a Londra per esempio, con il pedaggio per le automobili in una vasta area del centro, ha ridotto il traffico del 21%, fatto salire del 6% il numero di passeggeri del trasporto pubblico e portato nelle casse comunali un introito di oltre 150 milioni di euro l'anno da reinvestire nella mobilità sostenibile. Barcellona ha puntato sulla rete su ferro e Parigi ha alleggerito il traffico puntando sul Bike sharing, con decine di migliaia di biciclette a disposizione di cittadini e turisti in tutta la città» ha concluso il presidente di Legambiente. Tra le città più virtuose salgono sul podio Belluno, Verbania e Parma che poi (al di là della posizione attuale) sono delle conferme essendo da tempo nella top ten. Da segnalare, ancora in positivo, la presenza tra i primi quaranta capoluoghi di ben 5 città meridionali due delle quali campane. Nonostante questo dato anche in questa diciassettesima edizione di Ecosistema urbano, le prestazioni peggiori sono ascrivibili a città meridionali, due siciliane e una calabrese. La Maglia nera 2010 è Catania, finita 103ª, città dove negli ultimi anni è lentamente peggiorata la qualità dell'ambiente e conseguentemente la vivibilità.
Ricordiamo che Ecosistema Urbano, è realizzato attraverso questionari e interviste dirette - quindi non c'è una vera e propria base scientifica - ai 103 comuni capoluogo di provincia (e questo rimane il limite del rapporto) e sulla base di altre fonti statistiche, con informazioni su 125 parametri ambientali per un corpus totale di oltre 125mila dati. I parametri dunque sono aumentati e questo è un bene, resta però l'approssimazione sui dati che vengono forniti direttamente dalle amministrazioni stesse. Non sono quindi standardizzati e un esempio vale su tutti: l'unica regione in Italia che ha la validazione dei dati sulla raccolta differenziata è la Toscana. Come diciamo da sempre, il problema è la mancanza di un vero e proprio sistema di contabilità ambientale. Che ora l'Istat avrebbe anche messo in piede ma che non viene sfruttato. Un modello capace di standardizzare gli indicatori (su cui Ecosistema urbano ha dato un contributo assai rilevante) e la risposta da parte delle amministrazioni, in modo da superare il carattere volontario sia della raccolta che della fornitura dei dati, così da fornire risposte omogenee a standard ed indicatori altrettanto omogenei, e sulla base di questi costruire politiche pubbliche che possano migliorare modelli e qualità della vita nelle città.