[22/10/2010] News

Le "terre rare" dell'economia

LIVORNO. Da qualche tempo è in corso un interessante dibattito in Italia sulla necessità di ridare il giusto senso alle parole. Noi stiamo cercando di ridarlo alla parola economia, per toglierla da quello che a noi pare esser diventato un vero misunderstanding, ovvero che una cosa sia l'economia e l'altra sia l'ecologia e quindi che siano due cose diverse l'economia e l'economia ecologica. Con tutto quello che ne consegue in termini di scenari futuri. Il fatto stesso che greenreport.it sia un quotidiano per un'economia ecologica sta diventando così anche per noi contraddittorio, ma veniamo ai fatti.

Oggi il Sole24Ore torna su un tema che abbiamo affrontato già tante volte, quello dello scontro in atto per le cosiddette "terre rare" cinesi. Breve riassunto: la Cina produce 120mila tonnellate annue di questi metalli e ne consuma il 51%. A causa dell'inquinamento, il governo di Pechino ha cominciato a tagliarne le forniture. Ma per il resto del mondo questa è solo una scusa per aver il monopolio nell'auto ibrida e per affermarsi nelle rinnovabili, per le quali sono essenziali i suddetti metalli. A rischio dunque - è la sintesi dei più - c'è la green economy.

Magrini sul Sole scrive: « Non era mai successo prima. Al giorno d'oggi, senza che nessuno se ne accorga, tutti portano in tasca microscopiche quantità di europio, terbio, disprosio o neodimio. Questi esoterici elementi della tavola periodica, sconosciuti e inutilizzati in quasi tutto l'arco dell'avventura umana, abitano dentro al vostro iPhone o BlackBerry. A modo loro, sono un segno inequivocabile del progresso. Per secoli e millenni, il genere umano ha modellato e usato gli elementi più abbondanti in natura. Solo da poco, si è avventurato giù per i rami della tavola periodica, come per sfruttare appieno tutte le sfumature cromatiche che la tavolozza degli elementi gli offre».

Poi aggiunge che: «vengono comunemente definiti "terre rare": non perché sul pianeta ce ne siano poche quantità. Ma perché sono troppo sparsi o troppo difficili da trovare. E peccato che, senza di loro, gran parte delle tecnologie moderne e futuribili - a cominciare da quelle chiamate ad "accendere" la green economy - si dissolverebbero».

Eccoci dunque all'equivoco. Sia ben inteso, Magrini non afferma certo delle falsità. Ma intanto queste "terre rare" non servono come appunto pure lui segnala solo per la green economy, ma anche per la tecnologia tout court. Che significa economia tout court. Quindi se spegnerà sul nascere la green economy, non aiuterà neppure l'economy. C'è però molto di più. L'abbondanza di elementi a cui fa riferimento Magrini - si pensi al solo petrolio, ma anche all'uranio per fare esempi eclatanti - non sono più tali da un pezzo. La tragedia ambientale della Bp nasce dal fatto che si sta cercando petrolio a migliaia di metri sotto il mare. Dice niente questo? C'è qualcosa di più economico ed ecologico del petrolio visto il suo essere generatore di energia e di impatti ambientali e sociali? Diciamo di più: esiste qualcosa nel mondo di veramente immateriale nell'economia da essere definito senza obiezioni di sorta ecologico?

Pensate solo a cosa voglia dire in termini di data base e quindi di macchine giocoforza energivore la notizia che riporta Italia Oggi sulla richiesta delle imprese che vogliono essere aggiornate ogni venti minuti. Si parla - sostiene lo stesso giornale - di miliardi di miliardi di dati da raccogliere e analizzare per evidenziare opportunità di business e segnalare criticità, in modo da correggere immediatamente il tiro.

L'Ibm sta scommettendo in questo settore che si chiama business analytics. Alcuni numeri spiegano più di tante parole: nel 2010 l'umanità e le sue macchine creeranno 1,2 zetta-byte di dati, vale a dire 1,2 moltiplicato per 10 alla 21esima potenza. Avete idea quanta energia ci voglia per far funzionare macchine che analizzano questi dati e che potenzialmente dovranno analizzarne molti di più e sempre più velocemente? Scordiamoci quindi le fantasie sulla dematerializzazione e concentriamoci con quella che è stata, è e sempre sarà l'economia. Il cui metabolismo è regolato dai flussi di materia e di energia e quindi è in nuce anche ecologica. "Terre rare" vanno dunque considerate tutte in termini di economia reale e la finanziarizzazione proprio qui complica il tutto dilatandone le dimensioni in ragioni di rumors che nulla o quasi hanno ormai a che vedere con la loro reale necessità, il loro impatto sull'ambiente, la loro disponibilità.

La green economy quindi, se proprio ci è ancora indigesto parlare di economia e basta, non può essere solo l'auto ibrida, o i pannelli fotovoltaici, ma è principalmente quella che meglio saprà gestire le risorse del pianeta in modo sostenibile ambientalmente e socialmente. Ridurre i consumi di energia è green economy. Migliorare l'efficienza dei prodotti e ridurre gli impatti dei processi è green economy. Far fronte al dissesto idrogeologico in modo sistematico e programmato è green economy. Ridurre gli sprechi d'acqua e di cibo è green economy. Diffondere la cultura e indirizzare la ricerca sulla sostenibilità è green economy. La pace è green economy.

E dunque chi può affermare con argomenti che questa non sia semplicemente economy?

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