[25/10/2010] News
LIVORNO. «Le specie invasive e il cambiamento climatico rappresentano le due maggiori minacce per il mondo naturale. I loro effetti associati sono devastanti per l'ambiente, ma possono anche costare ai Paesi il 10% del loro Prodotto interno lordo». A dirlo è il rapporto "Invasive Species, Climate Change and Ecosystem-Based Adaptation: Addressing Multiple Drivers of Global Change" presentato alla Conferenza delle parti della Convention on biological diversity (Cop 10 Cbd) di Nagoya dal Global invasive species programme (Gisp), una partenariato che unisce Centre for Agriculture and Biosciences International (Cabi), Iucn e The Nature Conservancy (Tnc). Il rapporto è stato finanziato dalla Banca Mondiale.
La pubblicazione definisce i legami tra le specie invasive ed il cambiamento climatico ed esamina i modi per attenuare i loro impatti e chiede ai governi di «Integrare la prevenzione e la gestione delle specie invasive nelle loro risposte ai cambiamenti climatici». Infatti, attualmente a livello politico specie aliene e cambiamento climatico sono trattati separatamente, ma la direttrice del Gisp, Sarah Simons, spiega che «I pericoli posti da questo "duo mortale" non possono essere sottovalutati. Ogni motore di cambiamento rappresenta una minaccia enorme per la biodiversità ed i mezzi di sussistenza umani, ma i dati più recenti indicano che il cambiamento climatico aggrava gli effetti già devastanti delle specie invasive, creando così una spirale distruttrice che produce delle conseguenze sempre più terribili».
I danni causati dalle specie aliene in tutto il mondo sono quantificabili in oltre 1.400 miliardi di dollari, vale a dire il 5% dell'economia mondiale e anche le perdite economiche legate al cambiamento climatico raggiungono a livello globale il 5% del Pil mondiale annuo.
Il direttore aggiunto dell'Iucn, Bill Jackson, evidenzia che «Il cambiamento climatico è già oggetto di una grande attenzione da parte dei ricercatori e dei politici, ma questo rapporto sottolinea il bisogno di occuparsi maggiormente degli effetti combinati del cambiamento climatico e delle specie invasive. La dimensione dei costi finanziari dell'inazione dovrebbe, da sola, incitare i decisori ad agire immediatamente».
L'Iucn mette in fila gli ultimi casi più eclatanti: «La febbre catarrale ovina, che durante il solo 2007 è costata più di 200 milioni di dollari; la Miconia calvescens, una pianta invasiva che, associata alle forti piogge, aumenta il rischio di smottamento dei terreni; il fungo Batrachochytrium dendrobatidis, che si pensa abbia contribuito ad un'estinzione di massa delle specie di anfibi, soprattutto tropicali, rappresentano qualche esempio della propagazione di specie invasive legate al cambiamento climatico».
Nonostante tutto Stas Burgiel, direttore delle politiche del Gisp e principale autore del rapporto, è moderatamente ottimista: «Fortunatamente conosciamo già un gran numero delle azioni necessarie per controbilanciare i rischi che le specie invasive fanno pesare sui servizi vitali apportati dagli ecosistemi, come la lotta contro l'erosione e l'approvvigionamento di acqua dolce. L'approccio eco sistemico non è destinato unicamente a salvare gli ecosistemi, ma piuttosto ad utilizzarli per aiutare a "salvare" le popolazione umane e le risorse dalle quali dipendono». Il Gisp ha chiesto ai delegati della Cop 10 Cbd di Nagoya di «tenere conto del "duo mortale" in quanto motore del cambiamento planetario».