[26/08/2009] News toscana

C'è un futuro per le cave? Il parere di Legambiente

CARRARA. I prerequisiti per un futuro sostenibile delle cave di marmo sono elementari: un'imprenditoria seria - che sappia fare sistema, puntando sulla qualità e sull'innovazione - e un'amministrazione comunale seria, che favorisca l'intera filiera anziché la sola estrazione (nella capitale mondiale del marmo, i laboratori artistici, un tempo numerosi, sono oggi quasi scomparsi) e abbandoni la politica del laisser faire.

Il regolamento sugli agri marmiferi consente l'escavazione esclusivamente per l'estrazione del marmo ornamentale e il recente piano regionale la consente purché i blocchi rappresentino almeno il 25% della quantità totale escavata. Eppure basta fare due calcoli elementari sui dati dei quantitativi escavati (forniti dallo stesso comune) per vedere che negli ultimi 4 anni (2005-2008), in 26 cave (sulle 89 totali) i blocchi sono solo lo 0-10% dell'escavato e in altre 29 sono solo il 10-25%. In altre parole, il 61% delle cave non rispetta né il piano regionale né il regolamento sugli agri marmiferi.

Passando dal materiale più pregiato a quello più scadente (le terre, il cui smaltimento in discarica rappresenta un costo per l'impresa), sempre negli ultimi 4 anni, abbiamo 30 cave (ben un terzo delle cave totali) che ne ha trasportato a valle quantitativi irrisori (meno del 3% dei materiali totali trasportati), 12 delle quali non ne ha smaltito nemmeno un chilo.

Questi pochi dati bastano per comprendere che il far west alle cave non è una definizione ad effetto, ma la cruda realtà. Al monte, dunque, non solo l'abuso è la regola, ma è un fenomeno crescente: basti pensare che nel triennio 2006-2008 il quantitativo di blocchi è rimasto invariato (+0,3%), mentre le terre (rifiuto senza valore) si sono dimezzate (-49,5%). Eppure per il mancato rispetto delle prescrizioni del piano d'escavazione (tra le quali lo smaltimento delle terre), il regolamento comunale prevede la revoca dell'autorizzazione. È dunque del tutto evidente che questa illegalità dilagante può sussistere e crescere solo grazie alla compiacente tolleranza da parte del Comune.

La miopia degli imprenditori e del Comune sta nel non voler comprendere che questa illegalità non solo non favorisce l'industria marmifera, ma rappresenta la principale minaccia per il suo futuro. Da una parte, infatti, l'inquinamento delle sorgenti, la devastazione delle montagne (trasformate in un'immensa discarica), le polveri sottili, la forte usura delle strade causata dai camion del marmo e mille altri disagi acuiscono la conflittualità sociale, minando alla radice quelle prospettive di serenità e stabilità che sono il bene più prezioso per lo sviluppo di qualunque azienda.

Dall'altro lato, infine, la tolleranza degli abusi favorisce l'escavazione da rapina e ad alto impatto ambientale, finendo per danneggiare anche gli industriali più dinamici e avanzati dal punto di vista imprenditoriale.

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