[29/10/2010] News

Un Italiano a Bruxelles. La scoperta della green economy e della sostenibilità

LIVORNO. Il fronte più avanzato della discussione sull'economia ecologica, nonostante tutto, è ancora oggi in Europa e passa attraverso l'industria. E c'è dentro per una volta in positivo anche l'Italia attraverso il lavoro di Antonio Tajani. Lo abbiamo già detto più volte (sottolineando anche il nostro stupore leggi l'articolo: La grande occasione ) e la conferma arriva dalla comunicazione "Una politica industriale integrata per l'era della globalizzazione" adottata ieri dalla Commissione europea su iniziativa proprio del vicepresidente della Commissione stessa e commissario responsabile per l'industria e l'imprenditoria Tajani. La comunicazione, che è un'iniziativa faro della strategia Europa 2020, illustra un piano «il cui obiettivo consiste nello stimolare la crescita e l'occupazione preservando e promuovendo una base industriale forte, diversificata e competitiva in Europa che assicuri posti di lavoro ben retribuiti in un'economia a minor consumo di carbonio».

Tajani ha detto che «L'industria costituisce una priorità dell'Europa e un presupposto imprescindibile per trovare soluzioni adeguate alle problematiche - attuali e future - della nostra società. L'Europa ha bisogno dell'industria tanto quanto l'industria ha bisogno dell'Europa. Il potenziale del mercato unico, con i suoi 500 milioni di consumatori e i suoi 20 milioni di imprenditori, deve essere sfruttato appieno».

Nella comunicazione si sostiene che «In quest'era di crescente globalizzazione, il concetto di settori e attività industriali nazionali è ormai superato. Si impongono risposte strategiche coordinate a livello europeo. L'Europa deve inoltre operare in una prospettiva che tenga conto dell'intera catena del valore, dalle infrastrutture e materie prime ai servizi post-vendita. La promozione della creazione e dello sviluppo di piccole e medie imprese dev'essere al centro della politica industriale dell'UE. Inoltre, la transizione verso un'economia sostenibile deve essere colta come un'opportunità per rafforzare la competitività. Soltanto una politica industriale europea centrata sulla competitività e sullo sviluppo sostenibile è in grado di apportare la massa critica di cambiamento e coordinamento necessaria per un successo».

"Lo sviluppo sostenibile è impensabile senza competitività tanto quanto lo è la competitività a lungo termine senza sviluppo sostenibile. Entrambi gli obiettivi saranno inoltre irraggiungibili senza importanti progressi nel campo dell'innovazione" ha aggiunto Antonio Tajani. Va quindi segnalato che tra le dieci azioni strategiche per la concorrenzialità dell'industria europea c'è la «presentazione di una nuova strategia relativa alle materie prime al fine di creare condizioni quadro adeguate per un approvvigionamento e una gestione sostenibili delle materie prime primarie a livello nazionale».

Di terre rare e di materie prime finalmente, è il caso di dirlo, se ne sta parlando molto in questi giorni. Questo consente di riportare l'economia con i "piedi per terra" come dovrebbe essere, togliendoci in futuro - perché i tempi non sono ahinoi ancora maturi - dall'equivoco di dover richiamare ad un orizzonte di economia ecologica come se questa fosse altra cosa rispetto all'economia stessa.

Lo è al momento in quanto l'economia, tragicamente finanziarizzata fino all'osso, non tiene in conto gli impatti sull'ecosistema ma non potrà farlo ancora per molto. Della suddetta nuova strategia relativa alle materie prime europea va detto poi che prevede non solo un condizioni più adeguate, e il riferimento è innanzi tutto alle 14 terre rare fondamentali per lo sviluppo delle tecnologie moderne e anche di alcuni strumenti fondamentali per quelle "verdi", ma anche trovare le alternative possibili alle stesse (concentrare per il 97% in Cina) attraverso ricerca e innovazione legata anche al riciclo dei rifiuti. Un aspetto questo di cui abbiamo chiesto lumi a Mattia Pellegrini, membro di gabinetto della squadra di Tajani che ha l'ambiente tra le sue competenze e che ci ha annunciato che stanno proprio «finalizzando una comunicazione entro fine anno dove evidenzieremo anche il legame tra green economy e la necessità di un approvvigionamento stabile di materie prime e terre rare in particolare».

E' qui che si gioca il ruolo dell'Europa nell'economia che dovrebbe portarci fuori dalla crisi e impostare un nuovo paradigma già ben delineato dagli attori della Commissione europea e che necessariamente dovrà portare anche nuovi posti di lavoro che è l'emergenza delle emergenze non solo in Ue, ma in tutto il mondo occidentale Germania a parte. L'economia in occidente è ferma mentre quella orientale, sudamericana e persino africana avanza, e anzi è ferma proprio perché l'altra avanza e ha in mano le materie prime fondamentali.

Attraverso un uso sostenibile ed equo delle stesse - è di oggi la notizia del Sole24Ore che la Cina avrebbe ripreso le esportazioni delle terre rare sia verso gli Usa sia verso il Giappone - c'è la possibilità di riequilibrare la sostenibilità globale, un'occasione che non si ripeterà più. Si vede che agli italiani fa bene allontanarsi da Roma: a Bruxelles le cose si vedono infatti da un'altra prospettiva, molto più globale, interessante e dinamica di quella provinciale e pecoreccia del bunga bunga...

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