[05/11/2010] News

Cina: sono le auto la maggiore fonte di inquinamento dell’aria

LIVORNO. Secondo il rapporto annuale sulla prevenzione e il controllo dell'inquinamento dovuto ai veicoli del ministero della protezione dell'ambiente della Cina, «Le emissioni dei veicoli sono diventate la principale causa dell'inquinamento dell'aria nelle città medie e grandi. Il volume degli inquinanti emessi dai veicoli a motore ha totalizzato 51,4 milioni di tonnellate nel 2009 in Cina».

Nel 2009 un terzo delle 113 grandi città cinesi non ha passato i test di qualità dell'aria. In alcune regioni le piogge acide e lo smog sono così frequenti che ci sono 200 giorni all'anno di "nebbia da traffico". Secondo il rapporto «Nel 2009  il numero dei veicoli ha raggiunto i 170 milioni di unità, cioè un rialzo del 9,3% in un anno, si tratta di 25 volte di più del numero registrato nel 1980. Però, malgrado l'aumento costante delle emissioni inquinanti, il tasso ha rallentato dal 2000, grazie agli sforzi sviluppati per eliminare i veicoli troppo inquinanti».

Si avvera però in Cina la facile profezia di chi diceva che non basta ridurre le emissioni della singola auto se le auto aumentano al ritmo esponenziale della Cina, anche perché l'auto che inquina di meno continuerà comunque ad essere inquinante. Inoltre le città cinesi si troveranno a fare i conto con l'urbanizzazione, solo nei prossimi 15 anni, di più di 400 milioni di persone che migreranno in città dalle zone rurali e che hanno come miraggio di benessere proprio l'auto. Una trasformazione, sociale, economica, ambientale e persino geografica che il governo comunista ha ben presente.

Nei prossimi 5 anni si prevede che 10 milioni di cinesi rurali ogni anno si trasformeranno in cittadini, producendo in media ognuno 100 000 yuan (15.000 dollari) che verranno iniettati nelle voraci vene dell'economia cinese, soprattutto attraverso la nuova droga di tipo occidentale che ha già messo in ginocchio diverse economie e causato la bolla che ha provocato l'embolia della finanza planetaria: il settore immobiliare. L'urbanizzazione sarà quindi  un fattore determinante per il successo dei due prossimi piani quinquennali della Repubblica Popolare e per mantenere il tasso di cresciuta al 9%. Però, come spiega  all'agenzia ufficiale Xinhua Wang Xiaoyi, un ricercatore specializzato in problemi rurali dell'Accademia delle scienze sociali della Cina, «Il governo dovrebbe preoccuparsi dei problemi che si profilano e rispettare il libero arbitrio di ogni cittadino. Alcune collettività locali hanno spinto le popolazioni rurali a migrare in città con l'obiettivo di far salire il tasso di urbanizzazione, ma la quantità dei servizi pubblici forniti non è sufficiente».

Che l'urbanizzazione possa sfuggire all'ingegneria sociale gestita da Pechino è un timore che ha perfino Xu Xiangling, un professore di economia alla scuola del Comitato centrale del Partito comunista cinese: «In alcuni casi estremi, nei quali l'urbanizzazione non è che un pretesto per impadronirsi delle terre agricole, le proprietà di alcuni agricoltori sono state demolite con la forza. L'urbanizzazione non è solo questo; questo genere di incidenti non può che nuocere al benessere sociale. L'urbanizzazione è un concetto il cui obiettivo ultimo si basa sulla condivisione dei vantaggi e dei benefici realizzati nel corso di questi ultimi 30 anni tra queste persone provenienti dall'ambiente rurale e mira anche a garantire loro una qualità della vita urbana ottimale». L'inquinamento da traffico dimostra che oltre ai vantaggi ci saranno anche da pagare prezzi di una nuova complessità che probabilmente il progetto di redistribuzione del neo-capitalismo di Stato non prevedeva.

In Cina il "sistema di Huku (il censimento delle famiglie e della popolazione) ha diviso i cittadini in due gruppi distinti: i residenti urbani, che di solito godono di una migliore educazione e copertura sociale, e la popolazione rurale che ha accesso alle terre agricole e facilitazioni per gli alloggi. Questo teoricamente perché poi su questo quadro si inserisce l'immigrazione clandestina "interna", la speculazione fondiaria basata sulla corruzione dei dirigenti locali del Partito comunista e la pianificazione burocratica imposta con i manganelli della polizia del popolo. Un caos organizzato che dovrebbe portare entro il 2015 la metà dei cinesi a vivere in città. Questo assalto sta provocando non solo inquinamento ma anche carenza d'acqua potabile e di cibo di qualità, l'ingolfamento di un già debole sistema sanitario, una problematica gestione dei rifiuti e la crisi di ogni pianificazione immobiliare per fornire alloggi decenti alla gente.

L'urbanizzazione necessaria al dragone potrebbe essere anche un veleno per quanto di più prezioso ha il regime comunista: la stabilità sociale e l'ordine pubblico. Le complicate macchine urbane producono delinquenza, soprattutto dove, come in Cina, le risorse sono inegualmente distribuite, l'abisso fra ricchi e poveri aumenta e il benessere di intere fette della popolazione "marginale" non può nemmeno essere tutelato. Dopo  più di 70 anni di "socialismo", nella ricca e luccicante Shanghai dell'Expò universale si contano 400.000 bambini lavoratori migranti, paria tra i paria del turbo-capitalismo cinese, che guardano ai loro coetanei con il permesso di residenza permanente come a dei fortunati privilegiati. Non è un caso se a Shanghai la maggioranza dei reati sono commessi da migranti e se le autorità vedono l'immigrazione interna come una pericolosa bomba a tempo che non capiscono come disinnescare. E' in queste falde sociali sismiche, dove le due Cine si toccano, che il comunismo di mercato potrebbe produrre, come profetizza la Croce Rossa Internazionale, ghetti urbani e la comparsa di rivolte sociali. Cosa che fino ad ora il regime di Pechino ha sperimentato solo nelle "colonie", a Lhasa e in altre città del Tibet o ad Urumqi, la capitale della rivolta musulmana uigura.

Proprio dall'Expo di Shanghai però potrebbero venire alcune delle medicine per l'urbanizzazione cinese. A cominciare dal successo dell'utilizzo di oltre mille bus elettrici e ad idrogeno che daranno il via a 20.000 veicoli che andranno con queste nuove energie per le strade di Shanghai entro il  2020. Una fabbrica di auto verdi verrà realizzata a Jiading, una nuova città alla periferia della città dove esiste un dipartimento di ricerca e sviluppo delle energie rinnovabili applicate al traffico  La ville nouvelle de Jiading, située dans la périphérie de Shanghai, est toujours en construction. Jiading sarà una zona speciale dove testare le tecnologie emergenti low carbon che dovrebbero diventare gli standard delle città cinesi del futuro. Tra le prime tecnologie applicate a Jiading ci sarà probabilmente "Air Tree"  presentato all'Expo nel padiglione di Madrid, una struttura decagonale in acciaio che permette di abbassare le temperature interne alle costruzioni di 8 gradi. A Jiading si prepara la rivoluzione verde della case cinesi, costruzioni ecologiche che risparmiano energia e calore, utilizzano materiali riciclabili e impongono la trasformazione dello stile di vita dei cittadini. Attualmente la Cina ha norme molto elementari per quanto riguarda la bio-edilizia e gli operatori e gli esperti del settore chiedono al governo regole più stringenti affinché il rispetto dell'ambiente sia reale, ma anche di avviare campagne "educative" tra i cittadini perché cambino abitudini di consumo e adottino uno stile di vita meno inquinante.

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