[18/11/2010] News toscana

La riforma sui servizi locali รจ costituzionale

LIVORNO. Niente di fatto per l'azione delle regioni Emilia Romagna, Liguria, Piemonte, Puglia, Toscana, Umbria e Marche contro la riforma sui servizi locali, perché la Corte Costituzionale (con sentenza numero 235/2010 depositata oggi in cancelleria) dichiara costituzionale la riforma Fitto (art. 23 bis del di 112/2008 - quello sulle disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria - come modificato dal dl 135/2009 convertito con modificazioni dalla legge 166/2009). La Corte però non la solleva dalla censura di incostituzionalità relativa all'assoggettamento degli affidatari diretti di servizi pubblici locali al patto di stabilità interno.

Tuttavia, dichiara incostituzionali due leggi regionali quella della Liguria che istituisce l'Autorità d'ambito territoriale ottimale per la gestione delle risorse idriche e dei rifiuti e quella della Campania che prevede la competenza della regione a disciplinare il servizio idrico integrato come servizio privo di rilevanza economica. Perché la materia trattata dalle regioni rientra nella potestà legislativa esclusiva dello Stato. Lo Stato ha competenza esclusiva in materia ambientale (articolo 117 secondo comma, lettera s, della Costituzione) e quindi le regioni devono rispettare le sue disposizioni.

A differenza, però, della materia del coordinamento della finanza pubblica che è di competenza legislativa concorrente. Dunque, non dovrà essere la legge statale a prevedere nel regolamento attuativo della riforma (dpr 168/2010) l'assoggettamento ai vincoli contabili delle aziende che gestiscono i servizi di utility in affidamento diretto. Appunto perché l'ambito di applicazione del patto di stabilità interno non è di competenza legislativa esclusiva statale.

Un discorso che non può essere fatto per l'obbligo imposto agli affidatari di utility di bandire concorsi per assumere personale e gare per acquisire beni e servizi. La norma, secondo la Corte, attiene alle materie della tutela della concorrenza e dell'ordinamento civile, entrambe di competenza esclusiva dello stato. E per questo risulta legittima.

La Consulta quindi smonta tutti (tranne uno) i cardini delle contestazioni regionali, compreso quello sugli affidi in house limitati ai casi in cui la gestione concorrenziale si rivela impossibile o anti-economica. Per le regioni tali disposto sarebbe illegittimo perché va oltre la disciplina comunitaria, ma per la Corte, la legge italiana è solo più stringente di quella Ue. Quest'ultima consente l'in house quando l'amministrazione pubblica garantisce sulla società un "controllo analogo" a quello sui propri uffici, ma questo, secondo la sentenza, non la rende incompatibile, perché essendo pro mercato le modifiche rientrano nelle possibilità di scelta autonoma da parte del legislatore nazionale.

 

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