[22/11/2010] News toscana

Bacini: perché i soldi non bastano

PISA. Le più recenti e drammatiche vicende che hanno investito con lutti e pesantissimi danni il paese e anche la nostra regione hanno confermato come l'allentamento dell'attenzione e spesso la vera e propria incuria istituzionale in primis dello stato sulla protezione del suolo e la tutela della natura producano effetti disastrosi. Bacini, parchi anche in questo si trovano oggi accomunati in un difficilissimo presente che prelude ad un futuro anche peggiore se non saranno prese misure serie come ha raccomandato anche il presidente della Repubblica.

Ma se non vogliamo che dopo la fase delle denunce ancora una volta tutto si concluda all'insegna che ci volevano e ci vogliono e alla svelta  più soldi questa volta dobbiamo fare i conti anche con aspetti e problemi finora di fatto elusi o ignorati. E' bene dunque partire dal principio.

Il Codice ambientale del 2006 ha riunificato la materia difesa del suolo e lotta alla desertificazione senza tuttavia procedere a particolari innovazioni nonostante la legge delega del 2004 lo prevedesse.

L'innovazione più significativa è senz'altro -coerentemente con le disposizioni comunitarie- il Piano di bacino distrettuale' che modifica l'ambito territoriale cui si devono riferire gli strumenti di pianificazione.

L'Italia risulta ora suddivisa in 8 distretti idrografici definiti ‘area di terra e di mare, costituita uno o più bacini idrografici limitrofi che supera la precedente suddivisione in ‘Bacini idrografici, 11 di rilievo regionale e 18 interregionali e i restanti regionali.

Il tutto ha riallocato a livello statale i compiti e le funzioni già attribuite alle regioni per cui viene meno qualsiasi concertazione e intesa; alle regioni resta unicamente il parere della Conferenza stato-regioni che come per molte altre competenze si è rivelato -come è stato detto- occulto, essendo peraltro ‘successivo' rimandato cioè a quando i giochi sono fatti.

E' giusto partire da qui perché tra tante chiacchiere sul federalismo quel che non si intravede a partire proprio da questi comparti decisivi per qualsiasi  ‘leale collaborazione' tra stato, regioni e enti locali è una apertura in grado soprattutto di assicurare quelle collaborazioni che mancano per il suolo ma che sono state pregiudicate anche per il paesaggio, i parchi etc.

I distretti sono prevalentemente interregionali per ragioni di tutta evidenza, basta pensare che solo Po e Adige e relativi affluenti riguardano il 29% della superficie del paese, Tevere e Arno il 7,4 % mentre al sud e isole ci si trova in presenza di una frammentazione diffusa tanto che il fiume più vasto il Volturno è 14 volte più piccolo del Po.

Nel 2007 siccome non erano state previste sono state aggiunte in base ad una direttiva comunitaria le valutazioni e gestione dei rischi alluvione in riferimento agli effetti dei cambiamenti climatici.

A fronte di questa stato di cose nel 2008 è stato istituito un Fondo per la tutela dell'ambiente e la promozione del territorio attuato con decreto ministeriale nel 2010.

Finora sono stati ripartiti 66,2 milioni di euro fra 597 soggetti pubblici e privati sulla base di una decisione della Commissione bilancio della Camera.

Il decreto ministeriale del giugno 2010 ripartisce 100 milioni di euro tra 574 soggetti dove prevalgono i finanziamenti tra 50 e 100 mila euro da cui si può desumere  quanto essi possano essere carenti come visione strategica. Insomma, oltre 1 miliardo di contributi sono stati distribuiti ancora una volta a pioggia.

Quanto alla difesa del suolo la proposte di direttiva quadro del 2006 non ha ancora concluso il suo iter. Quanto ai ‘piani stralcio'  di prevenzione previsti dalla legge in carenza dei piani di distretto e riferibili alle situazioni più urgenti per la prevenzione a fine 2008 erano state  utilizzate metà delle risorse stanziate. In molti casi quei progetti si sono persi e arenati in procedure e stalli burocratici.

Ecco perché quanto è avvenuto anche negli ultimi anni non può essere addebitato unicamente alla scarsità dei finanziamenti che ovviamente ha pesato e pesa e tanto, ma segnala molto altro di cui si sta discutendo poco o nulla. A partire dal monitoraggio ciò che emerge da quel quadro appena accennato sui ritardi anche nella utilizzazione delle risorse e la realizzazione dei progetti finanziati è che quasi sempre la ‘mappa dei monitoraggi' è inadeguata, scarsa, insomma si conosce poco il territorio sul quale si debbono effettuare interventi che non raramente si rivelano oltre che troppo lenti anche inadeguati quando non sbagliati.

Si è giunti così al nodo di fondo; il suolo ( come i parchi e le aree protette ) ha bisogno di una pianificazione e programmazione degli interventi su quella nuova scala dei distretti che riguarda territori dove operano più regioni, province, comuni, comunità montane, consorzi di bonifica, ATO e altro ancora. In quale sede o sedi e a quali tavoli tanti convitati possono efficacemente e tempestivamente prendere in maniera concertata e informata le decisioni giuste?

Anni fa una importante indagine parlamentare sulla legge 183  giunse alla conclusione che sarebbe servito (allora) per la gestione dei bacini un ente sul modello dell'Ente parco. Oggi anche quel modello è in crisi e non perché non abbia a suo modo funzionato e riproporlo per il suolo sarebbe sicuramente fuori luogo. Non lo è però considerare che i tanti soggetti oggi coinvolti bene o male nelle politiche del suolo che arrancano debbono finalmente trovare sedi e strumenti più efficaci e meno paralizzanti di quelli finora sperimentati.

E siccome tra le maggiori novità della legge 183 anche dopo le novità introdotte dal nuovo codice resta quella che vuole gli interventi finalizzati alla difesa a valorizzazione del suolo con una corretta utilizzazione delle acque, la tutela della fauna, della flora, del paesaggio quella che serve anche in Toscana una politica di programmazione che non può escludere bacini e parchi come ha fatto il PIT.

Visto che se ne sta ridiscutendo è bene non dimenticarsene.

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