[22/11/2010] News

Alla Banca mondiale piacciono le tigri

LIVORNO. Con l'impegno di portare il numero delle tigri a farle arrivare almeno a 7.000 entro il 2022, è iniziato oggi a San Pietroburgo, il summit dei 13 Paesi dove vivono ancora le tigri allo stato selvatico (Bangladesh, Bhutan, Cambogia, Cina, India, Indonesia, Laos, Malaysia, Myanmar, Nepal, Russia, Thaïlandia, Vietnam). Nel 2010 nel mondo restano ormai solo 3.200 tigri allo stato selvatico che vivono in un'areale che si estende sul 7% delle terre emerse, un secolo fa erano almeno 100 mila e nel corso degli ultimi 10 anni questi grandi felini hanno visto scomparire il 40% del loro habitat.

Sarà adottato anche un programma internazionale con un finanziamento di 350 milioni di dollari in 5 anni che servirà a salvaguardare meglio l'habitat delle tigri, rafforzare i controlli sulla vendita illegale di parti di tigre, aumentando anche le pene per i bracconieri.

Al summit russo partecipano anche Giappone, Germania, Corea del Sud e il  presidente della Banca mondiale, Robert Zoellick, che ha detto: «Sono i bracconieri e non le tigri che bisogna mettere dietro le sbarre. I 13 Paesi che ospitano ancora le tigri sono giunti ad adottare dei piani d'azione specifici miranti a raddoppiare la popolazione della specie entro il 2022, il prossimo anno della tigre. E noi siamo determinati a dar loro il nostro appoggio». Insieme alla Banca mondiale a San Pietroburgo ci sono anche l'Onu, l'Unep, la Banca asiatica per lo sviluppo, la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, la Banca islamica di sviluppo e numerose associazioni ambientaliste nazionali ed internazionali, a dimostrazione che la salvezza della tigre potrebbe rappresentare il simbolo dell'evoluzione del paradigma tradizionale dello sviluppo puramente materiale verso la salvaguardia dei gioielli della natura selvatica come vero capitale dell'umanità. Secondo Zoellick «La tigre è una specie ombrello. Salvando le tigri, salviamo anche la biodiversità all'interno delle specie che costituiscono le sue prede e quelle del loro habitat. Quel che è in gioco supera quindi la salvaguardia di una sola specie. L'Iniziativa mondiale per la protezione della tigre illustra simbolicamente la maniera in cui possiamo prenderci cura del pianeta. La buona notizia è che la popolazione delle tigri può essere ripristinata, dobbiamo proteggere I loro habitat ed il loro areale, combattere il commercio illegale e trovare dei mezzi per fare in modo che le tigri viventi siano di maggior beneficio per la gente delle tigri morte».

Il summit darà il via al Global tiger recovery program (Gtrp), frutto di 30 mesi di lavoro e incontri tra i "Paesi della tigre" e numerosi partner come la  Smithsonian Institution, l'Ufficio Onu per la lotta alla droga e il Wwf. Un Piano quinquennale che beneficerà della creazione di un nuovo "Consorzio di lotta contro il crimine contro le specie selvatiche" che comprende l'Interpol, l'Ufficio anti-droga Onu, Il Consiglio di cooperazione doganale, la Cites e la Banca mondiale.

Keshav Varma, direttore del programma protezione delle tigri della Banca mondiale spiega che «Uno degli elementi chiave del progetto consisterà nel creare l'architettura istituzionale permettendo di combattere traffico e  commercio illegali. Dobbiamo rafforzare le capacità di prima linea, per fare in modo che le zone protette siano ben sorvegliate». A San Pietroburgo la Banca mondiale annuncerà il finanziamento di due fondi dedicati ai Paesi più poveri: uno per il Bhutan, Bangladesh, Nepal ed India per rafforzare i controlli, l'altro per la Cambogia ed il Laos.

Secondo Traffic «Gli sforzi di salvaguardia della tigre dovranno però far fronte ad un mercato nero delle parti molto sofisticato e mobile. Un cadavere di tigre può essere venduto a 50.000 dollari». I partner del Gtrp stanno studiando diverse opzioni di finanziamento aggiuntivo, una delle quali comprende il rafforzamento del programma Reduced emissions from deforestation and forest degradation (Redd) che permette agli investitori di ottenere carbon credits in cambio del loro sostegno, avviando il mercato della salvaguardia delle specie. Nepal e Malaysia hanno già presentato una proposta di programma pilota.

Altre iniziative riguardano l'ecoturismo o obbligazioni con le quali gli investitori potrebbero sostenere la salvaguardia della tigre. «Ma tutti questi sforzi saranno vani senza il sostegno delle popolazioni che vivono vicino alle tigri - sottolinea Varma - «La biodiversità non riguarda solo le foreste, ma riguarda soprattutto le comunità. La battaglia sarà persa fino a che le comunità, i popoli indigeni che vivono nelle foreste non avranno compreso il valore di una tigre viva rispetto a quello di una tigre morta e allora non potremo fare niente per salvarla».

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