[29/11/2010] News toscana
LIVORNO. Chiusi i seggi del primo referendum a Livorno, il dato più rilevante della consultazione popolare è sicuramente la scarsa affluenza alle urne: 20,15%. Un dato che non desta stupore, anche se ancor più scarso del previsto. Perché quando la politica decide di non decidere sul governo del territorio, un quesito referendario, è un strumento inadeguato. E la gente sta casa. Le responsabilità non sono di chi lo ha chiesto e ottenuto, ma di chi non è riuscito a fare un progetto urbanistico e a coinvolgere la città con un'adeguata informazione. Come si può chiedere di esprimersi, con secco "sì" o "no", sulla possibilità di fare un nuovo ospedale senza mai veramente aver discusso del tema? L'esperimento di partecipazione del Cisternino, considerato dall'amministrazione comunale come la "nuova democrazia", nel pre-referendum, sarebbe potuto servire. E invece no. In questo caso, è bastato specificare, in poche righe del programma elettorale, l'obiettivo, ed ecco pronta una struttura sanitaria da 260 milioni di euro. Qualcosa non ha funzionato.
Il resto è la storia delle ultime due settimane: nessuna strategia comunicativa degna di menzione, una campagna elettorale quasi inesistente, per non dimenticare i colpi di scena dell'ultimo minuto con le sentenze del Tribunale civile, venerdì a favore del voto dei minori e stranieri, e sabato no, che hanno stigmatizzato l'incoerenza normativa dello Statuto e del Regolamento comunale. E se anche un nuovo ospedale fosse stata l'idea giusta, almeno "per riorganizzare i servizi sanitari", certo la gestione della scelta è stata davvero disastrosa. Gli impatti ambientali, per fare un esempio, a partire dal consumo di suolo fino alla viabilità non sono mai stati temi di discussione approfondita né ex ante, né temiamo ex post visto che non hanno suscitato alcuna "emozione"... E così, per tornare all'inizio del ragionamento, ecco spiegato il dato dell'astensione: un referendum, da solo, non può essere considerato partecipazione, un referendum, nel deserto della politica, non risolve le incognite tutt'ora esistenti sulla programmazione, sulla pianificazione e sull'impatto ambientale. E c'è di peggio. In assenza di un piano strutturale, senza una proposta per la città che non sia un po' cemento qui un po' di cemento lì, ci sarebbe da scommette, che il risultato di ieri potrà addirittura essere utilizzato come un alibi, la carta vincente per dire: «questo è ciò che vuole la gente». Ma quel che sarà lo vedremo e per ora c'è un solo punto fermo: la necessità di capire quale sarà il futuro urbanistico del territorio. Solo gli strumenti urbanistici, possono dire come verrà trasformata l'area ai piedi della collina di Montenero e che ne sarà di tutta la zona di Viale Alfieri. Qui, secondo il Comune, vi saranno sempre servizi sanitari, con il trasferimento della Rsa Pascoli, per esempio. Una buona fetta, poi, potrebbe essere destinata alla cosiddetta riqualificazione. Senza urlare alla speculazione e alla colata di cemento, sarebbe interessante valutare con quali principi urbanistici viene portata avanti questa operazione. Questa, come altre. Se qualche passo avanti è stato fatto per il porto, con la variante al piano strutturale, la città, nel suo complesso, invece, non sa ancora dove andare. Nessuno indica la direzione, la politica ha permesso che i suoi poteri decisionali venissero delegati a un referendum, i partiti non analizzano ed elaborano, non c'è una strategia coerente per la gestione del territorio.