
[09/12/2010] News
Il negoziato s'intensifica e il Summit Onu sembra vivacizzarsi e così dopo una prima settimana segnata da un Giappone con licenza statunitense di uccidere, e soprattutto tanta "fuffa" dove è stato tutto genericamente mitigazione e adattamento e nulla su riduzioni, nella seconda si fa un po' più sul serio, e forse l'obiettivo del "paquet de Cancun" potrebbe essere raggiunto. Grande prova della diplomazia cinese che dall'alto del suo raggiunto e indiscusso ruolo di prima superpotenza ha riaperto sulla possibilità di accettare impegni precisi. Purtroppo si parla ancora di impegni su testi senza cifre, in particolare sul Protocollo di Kyoto, e le trattative avanzano piuttosto serrate. L'incertezza sull'accordo è forte infatti perché se fosse accettata l'ipotesi di non indicare cifre, potrebbe esserci il risultato politico della conferma del Protocollo di Kyoto. Si lavora su due testi che contengono molte opzioni, e la proposta che il ministro inglese si appresta a fare, secondo la ministra all'ambiente italiana Stefania Prestigiacomo parlando dello scoglio del Protocollo di Kyoto, cioè di approvare un secondo periodo di Kyoto senza numeri, non e' casuale e va approfondita. Una concessione che non può essere data senza qualcosa di corposo in cambio, sempre secondo la ministra, che ha pure assicurato che l'Italia sta vigilando sul fatto che un eventuale ampliamento a una seconda fase del protocollo di Kyoto debba vedere impegni vincolanti anche per altri Paesi, come Stati Uniti e Paesi emergenti. E detto dalla rappresentante di un Governo che si è vantato più volte di essere un elemento di ritardo nell'applicazione del Protocollo di Kyoto, c'è da fidarsi.
I testi preparati dai presidenti dei due gruppi di lavoro riguardano obiettivi a lungo termine e Protocollo di Kyoto. Dove per il lungo termine, sembra esserci una "visione condivisa" che comprende, e mette sotto il cappello della Convenzione Onu, mitigazione, adattamento, finanza, sviluppo e trasferimento di tecnologie e "capacity building" (know-how). Il tutto nella convinzione di "implementare la Convenzione adesso, fino e oltre il 2012". Sulla parte finanziaria, cioè gli aiuti ai Paesi in via di sviluppo per interventi di mitigazione, la prima opzione e' la conferma del fondo da 30 miliardi entro il 2012, come stabilito a Copenaghen. Ma entro il 2020 il fondo da 100 miliardi l'anno, secondo il testo uscito dalla Conferenza nella capitale danese, non ha ancora fonti certe (si usa il termine "mobilitazione") e soprattutto non esclude la World Bank dalla sua gestione, non chiarendone le politiche. Su Kyoto occhi puntati su Canada e Giappone, secondo i quali gli impegni sono già contenuti nell'accordo di Copenaghen, mentre per Brasile, Cina e India la proroga del protocollo non è negoziabile.
La Cina ha chiarito la sua posizione in merito agli impegni volontari sui tagli delle emissioni da dichiarare in ambito Onu, che però restano volontari e quindi probabilmente liberi dai vincoli internazionali. Come minimo troppe opzioni viene da dire con il rischio logicamente di arrivare alla Conferenza di Durban, in Sudafrica, nel 2011, con un testo aperto e quindi in balia di qualunque tipo di pressione. Intanto oggi le ONG internazionali in campo con una campagna per chiedere che ai banchieri di Washington non siano affidati i fondi per il clima. Le ONG ritengono che i Paesi del Nord del mondo debbano tener fede ai loro impegni per creare un fondo climatico all'interno della cornice delle Nazioni Unite destinato soprattutto agli Stati del Sud del mondo, i più colpiti, senza avere particolari responsabilità, dai cambiamenti climatici. Ban Ki-Moon segretario generale delle Nazioni Unite nella sua introduzione ai lavori della Cop alcuni giorni fa, aveva detto che è urgente avere un accordo sul clima "ma a oggi non possiamo avere un accordo perfetto perché il perfetto è nemico del buono". Da "Hopenhagen", la città della speranza della COP15, a "Can't cun", ha ironizzato l'Ambasciatore boliviano alle Nazioni Unite Solon per tutta risposta, il passaggio è stato troppo breve e questa ondata di realismo cinico sembra aver travolto non soltanto "un piccolo gruppo di Paesi industrializzati", ma anche alcune organizzazioni ambientaliste, "che stanno giocando alla politica con il futuro del Pianeta", ha concluso Solon. Che dire? Continuiamo ad osservare e presidiare e vedremo.