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[02/09/2009] News toscana
LIVORNO. Quale futuro per la raffineria Eni di Livorno? Sembra che Eni abbia selezionato un operatore industriale, Gary Klesch, leader europeo nella produzione di alluminio, per la cessione dello stabilimento. Il presidente della Regione Toscana ha chiesto ai vertici Eni alcune garanzie relative alla presentazione di un piano industriale che contenga impegni precisi da parte dell'acquirente sia sul versante occupazionale che degli investimenti per lo sviluppo, la sicurezza e la tutela ambientale; l'assunzione di impegni precisi con relative scadenze rispetto ad alcuni interventi da realizzare sull'area interessata (bonifiche, varie infrastrutture legate all'attività portuale e altro ancora); il mantenimento di una presenza di Eni a Livorno.
Vedremo gli sviluppi, ma alcune cose vanno dette senza giri di parole, almeno dal nostro punto di vista. E partiamo da cosa scrive l'Eni sul suo sito: «Le fonti rinnovabili potranno costituire in maniera crescente nel futuro una risorsa irrinunciabile, sia in relazione al progressivo declino delle fonti fossili, sia per evidenti benefici ambientali derivanti dal loro uso». Eni con il proprio portafoglio di innovazione punta allo sviluppo e all'applicazione di soluzioni tecnologiche integrate di crescente efficienza e sostenibilità, favorendo un uso più razionale delle fonti fossili, una intensificazione dell'uso del gas naturale (fonte fossile a minimo contenuto in carbonio) e un maggior ricorso a fonti rinnovabili e a "zero carbonio". Eni investe nello sviluppo di tecnologie legate alle tematiche dei biocarburanti, del solare fotovoltaico e termico e della produzione di idrogeno attraverso numerose linee di ricerca e ampie collaborazioni esterne».
Proprio sui biocarburanti l'Eni a Livorno aveva un progetto che poi è andato, per volontà della stessa società, alle ortiche. Ma ci domandiamo: che cosa manca all'impianto e al territorio livornese per sviluppare tutto il resto di queste tecnologie?
La strada della green economy è ormai segnata. Non ce ne è una alternativa, lo hanno capito anche gli scettici, e da quando l'ha lanciata a livello planetario Barack Obama non si parla di altro come orizzonte per l'economia mondiale e quindi anche per quella italiana. Molte aziende, ne dà notizia anche il Sole24Ore oggi in prima pagina, stanno lavorando - pur con fatica - per riconvertire le proprie produzioni e lanciarsi sulle fonti rinnovabili: perché Eni che già nel 2007 scriveva quando evidenziato prima, ha interesse a cedere lo storico impianto di Livorno invece di riconvertirlo? Il problema, come è evidente, non è solo occupazionale. La raffineria ha dato certamente lavoro per anni a centinaia di persone ma il tributo pagato dal territorio sotto il profilo ambientale è molto alto.
Ora l'Eni, che forse qualcuno dimentica essere una società di cui lo Stato italiano detiene comunque il controllo effettivo attraverso la cosiddetta golden share e ne nomina il presidente e l'amministratore delegato, non può decidere di chiudere baracca e burattini e cedere l'impianto senza colpo ferire. Troppo comodo e almeno dovrebbe spiegarne le ragioni (e non bastano quello economiche tout court). Cosa significa che l'impianto di Livorno non è più strategico?
Nell'ottica dello sviluppo di tecnologie verdi lo potrebbe diventare dando anche alla città una nuova opportunità industriale, visto che le aziende locali, la maggior parte legate all'automotive, sono in sofferenza e ci sono ancora a spasso i lavoratori della ex Delphi. Perché cedere lo stabilimento con un piano industriale che pare si limiti a cinque anni quando si può dare a una città intera un'opportunità così grande come quella di salire sul terno in corsa della green economy con conseguenze positive sia sul piano sociale, sia su quello ambientale? Le istituzioni locali e regionali e così il sindacato dovrebbero - dal nostro punto di vista - chiedere conto di questo all'Eni se l'idea di un futuro più sostenibile la vogliono davvero praticare.
E battersi e spendersi proprio con questo obiettivo. Diversamente, qualcuno poi dovrà rendere conto di quello che sta accadendo che per di più, al momento, sta tutto sulle spalle dei lavoratori come sempre tra l'incudine e il martello e che temiamo dovranno anche qui salire sui tetti per farsi ascoltare...