[13/12/2010] News toscana

L'autorizzazione provinciale (giĆ  concessa) non arriva: Scarlino energia mette in cassa integrazione 60 dipendenti

LIVORNO. L'ente pubblico allunga oltremodo i tempi del rilascio di un atto. L'azienda richiedente si arrabbia e fa scattare la cassa integrazione per tutti i 60 dipendenti. Con il rischio di portarsi dietro tutto il polo industriale maremmano. Tanto che, secondo le ultime indiscrezioni, il via libero definitivo potrebbe arrivare già domani.

Succede a Grosseto, dove i continui ritardi dell'amministrazione provinciale hanno fatto andare su tutte le furie Scarlino Energia, la società proprietaria del termovalorizzatore dell'alta maremma. La storia parte da lontano, quando l'azienda (che fa parte del Gruppo STA - Società Toscana Ambiente) ha rilevato dal Gruppo ENI nel 2007 l'impianto di produzione elettrica presente nella piana di Scarlino (GR), alla porte di Follonica.

L'operazione fu avallata fin dall'inizio dall'allora giunta Scheggi con la palese intenzione di farne un anello del ciclo dei rifiuti provinciale, sia attraverso l'acquisizione di una consistente quota societaria sia per essere inserito nella programmazione pubblica. Però il presidente della Provincia fece i conti senza l'oste e visto che la sua maggioranza in consiglio poteva venire meno, prima dovette rinunciare all'acquisizione delle quote e poi all'inserimento del termovalorizzatore dentro il piano provinciale (diventato poi piano interprovinciale ed infine piano d'ambito).

Dopo questo primo terremoto, l'azienda riuscì in qualche modo a reggersi in piedi e dopo aver presentato la domanda di VIA (valutazione di impatto ambientale) per l'ammodernamento tecnologico dell'impianto, si è imbattuta prima nelle vivaci proteste dei comitati locali, che quell'impianto non lo vogliono, poi nelle elezioni amministrative (dove Scheggi è stato sostituito dal compagno di partito Marras) ed infine nella approvazione della VIA tra le polemiche.

Il neo presidente Marras per togliere il vin dai fiaschi, decide prima di sostituire i dirigenti dell'ufficio ambiente e poi, di comune accordo con la società, di riaprire le procedure di VIA ed indire una inchiesta pubblica, sotto l'egida di una commissione mista a cui partecipano anche tecnici indicati dai comitati e dei comuni interessati, per dare una parvenza di partecipazione democratica e di trasparenza al procedimento amministrativo tanto contestato.

L'inchiesta pubblica, che esprimeva solo un parere consultivo, boccia su tutta la linea la determina dirigenziale di approvazione della VIA e ne richiede ufficialmente il ritiro in autotutela. La società ovviamente non sta al gioco e per tutelarsi presenta pure querela contro i commissari dell'inchiesta per abuso di potere e diffamazione. La Provincia prende tempo e decide di ritirare l'atto contestato e di riaprire il procedimento dando incarico all'Università di Siena di predisporre un rapporto ai fini dell'istruttoria che salvi capra e cavoli.

Nel frattempo i dipendenti di Scarlino energia, preoccupati del proprio futuro, esasperati scendono in piazza a manifestare sotto il palazzo della provincia. Lo studio dell'Università arriva ed una nuova determina dirigenziale viene redatta per approvare di nuovo la VIA. Questa volta sono i comitati che non ci stanno e presentano ricorso al TAR.

A quel punto la società presenta la richiesta di AIA, cioè la vera autorizzazione che fa seguito al parere positivo in sede di VIA. Passano le settimane ed i mesi e la provincia non rilascia l'atto. Alla fine, e siamo al 27 luglio 2010, dopo oltre mille giorni dall'avvio del procedimento, l'autorizzazione ad utilizzare il CDR nell'impianto viene rilasciata ed i dipendenti e l'azienda festeggiano a dovere (viene addirittura affittata una nota discoteca del litorale).

Però anche in questo caso si è detto gatto prima di averlo nel sacco, perché l'AIA rilasciata è piena zeppa di prescrizioni da ottemperare, prima di poter effettivamente iniziare a recuperare energia dai rifiuti. E qui si arriva ai giorni nostri.

L'azienda già a metà novembre dichiara di aver ottemperato a tutte le prescrizioni ed invita i tecnici della Provincia a fare i sopralluoghi per rilasciare i relativi collaudi, necessari per rendere efficace l'AIA. Essendo giunti al 13 di dicembre e non avendo ricevuto precise garanzie sulla data di rilascio di questa documentazione, l'azienda ha definitivamente rotto gli indugi ed ha forzato la mano.

Questa mattina ha convocato le rappresentanze sindacali e le ha informate di aver avviato le procedure per la cassa integrazione a zero ore per tutti i dipendenti, con scadenza 15 settimane. Ma se questo è già di per sé abbastanza grave  la questione si complica ancora di più per i risvolti collegati.

Infatti Scarlino Energia non gestisce solo l'impianto di recupero energetico da rifiuti ma anche l'impianto di trattamento degli scarichi idrici industriali di tutto il polo chimico di Scarlino. Chiudere l'inceneritore vuol dire bloccare anche la Nuova Solmine spa (azienda che produce acido solforico, con oltre duecento dipendenti) e che a sua volta potrebbe bloccare la Tioxide Europe srl, l'azienda confinante, che con l'acido solforico produce il biossido di Titanio (altri trecento dipendenti). Insomma, si rischia un Natale con il botto.

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