
[14/12/2010] News
NAPOLI. È, di sicuro, il filetto di maiale più costoso della storia: due milioni di euro per assaggiarne qualche grammo. Ed è anche il più elaborato: per ottenerlo sono stati necessari 5 anni di lavoro in una cucina un po' speciale. Ma chi lo ha realizzato, l'olandese Mark Post, è più che soddisfatto. Perché quei pochi milligrammi di carne di maiale - molto meno si una salsiccia - potrebbero trasformarsi nell'uovo di Colombo per risolvere molti problemi di alimentazione e molti problemi ecologici in un futuro prossimo venturo.
La "cucina" di Mark Post (Nella foto) si trova presso l'Università della tecnologia di Eindhoven. E la sua carne di maiale è una delle prime a essere messe a punto in laboratorio, fatta crescere in vitro attraverso vari passaggi. Ormai ben delineati. Ma non ancora ben oleati. Non abbastanza, almeno, per ambire a vendere il prodotto in un supermercato.
L'idea sviluppata da Mark Post è semplice da descrivere e strutturata in una serie di passaggi: da poche cellule staminali a una robusta bistecca di maiale. Ciascuno di questi passaggi è in una fase se non del tutto preliminare, quanto meno lontana da un'applicazione commerciale. Il primo consiste nel prelevare le cellule staminali da un maiale. Si è tentato con staminali embrionali, ma l'operazione non riesce. Post ha così optato per staminali adulte del tessuto muscolare. Altri, nel mondo, stanno tentando strade diverse.
Il secondo passaggio consiste nel far crescere le cellule in un nutriente brodo di coltura. Ci si riesce, ma il costo (economico) è piuttosto alto. Poi occorre convincere, con appositi segnali, le cellule staminali a formare un tessuto muscolare. I segnali che funzionano, per ora, sono elettrici: e perciò molto costosi. Infine occorre che le cellule da aggregato muscolare formino fibre muscolari, per dar luogo a una tessuto simile a quello di un vero maiale. Impresa, niente affatto semplice. Per ora, dopo cinque anni, si è riusciti a ottenere pochi grammi di bistecca: molto meno di una salsiccia.
Poi le fibre vanno irrorate di ferro (ottenuto dal sangue), vitamine e odori in modo che quelle realizzate in vitro somiglino in tutto e per tutto alle bistecche ottenute in vivo. Ma anche questo processo è costoso.
Ma Mark Post (che ha ottenuto i due milioni di euro per realizzare il suo progetto dal governo olandese) e molti altri ricercatori in tutto il mondo confidano che, se opportunamente finanziati, i problemi tecnici sono superabili. E che presto sarà possibile ottenere in vitro molta carne di manzo, maiale, polli e tacchino a costi accettabili.
Ed è a questo punto che nasceranno i problemi. Il commercio delle carni ottenute in vitro sarà consentito dalla autorità sanitarie? E sarà accettato dai consumatori? Più in generale, sarà auspicabile?
Alla prima domanda si può rispondere: sì, se supereranno severi test di sicurezza sanitaria ed ecologica. Alla seconda domanda si può rispondere: forse, se i produttori dimostreranno che la carne in vitro non solo è sana e gustosa quanto quella da allevamento, ma è realizzata soprattutto a beneficio di chi la consuma.
L'ultima domanda è, insieme, la più semplice e la più difficile. In linea di principio la produzione di carne in vitro è altamente auspicabile sia da un punto di vista alimentare - perché fornirebbe il prodotto di base per una dieta ricca di proteine e, anche, di altre sostanze nutrienti - sia da un punto di vista ecologico - perché consentirebbe di evitare i consumi di foraggio e/o di energia e/o di terreni associati al grande allevamento - sia da un punto etico - perché consentirebbe di non uccidere più milioni di animali.
Tuttavia, la produzione di carne in vitro non dovrà diventare un fattore di esclusione sociale. Dividendo l'umanità tra chi vi ha accesso e chi no.
In altri termini essa non è una bacchetta magica che consentirebbe di risolvere i problemi della fame nel mondo. Già oggi sul pianeta si produce cibo sufficiente a sfamare non i 6,8 miliardi di persone che lo abitano, ma addirittura 9 miliardi di persone che consumano 3.000 calorie al giorno. Eppure, malgrado questo eccesso di produzione, in questo 2010 le persone malnutrite sono state ben 925 milioni secondo la Fao. La carne in vitro di Mark Post (o di tanti altri suoi colleghi) sarà una novità auspicabile solo se non creerà nuovi esclusi e ammetterà tutti alla sua tavola. Come? È il caso di iniziarne a discutere.