[15/12/2010] News
FIRENZE. Il prossimo anno si celebrerà il 25esimo anniversario della catastrofe nucleare di Chernobyl (la centrale è esplosa il 26 aprile del 1986), ma già oggi sono iniziate le celebrazioni secondo il volere del presidente ucraino Victor Yanukovich. Sono infatti stati commemorati i cosiddetti liquidatori, cioè gli operatori che nel periodo successivo al disastro hanno lavorato alla decontaminazione della zona e alla costruzione del sarcofago per ricoprire la centrale nucleare. Circa 600 mila persone (tra militari e civili), ucraine, russe e bielorusse appartenenti all'epoca all'Unione Sovietica, sono state impegnate nei lavori.
Dalla commemorazione il governo di Kiev vorrebbe passare (forse con qualche imprudenza) a veri "festeggiamenti" dato che prevede che per la prossima primavera sarà terminata la costruzione del nuovo sarcofago. Per l'occasione è stato annunciato che sarà aperta a tutti i turisti l'area del più grave incidente nella storia del nucleare civile, con accesso libero nell'area proibita (quella entro i 30 km dal reattore numero 4).
Intanto sempre dall'Ucraina, quasi a voler rovinare la festa, arriva un altro allarme radioattivo. Secondo quanto denunciato alla stampa da movimenti ecologisti, nel sud del Paese, nel villaggio di Dovhyvka che sorge nei pressi di una vecchia miniera di uranio chiusa 27 anni fa, le radiazioni sarebbero superiori di 4-5 volte a quelle che si registrano oggi a Chernobyl.
Per il rappresentante della Fondazione ecologica internazionale Alexei Vedmidsky le radiazioni superano i 2500 micro-roengten, quando la norma sarebbe di 30, mentre nella regione di Chernobyl se ne misurano 500-600. Secondo Oleksiy Vedmidsky, leader del gruppo verde, sette milioni di tonnellate di materiale radioattivo sono ancora custodite nel sito abbandonato e si tratterebbe di una vera e propria "seconda Chernobyl", con pericoli estremi per gli abitanti di tutta la zona.
Come sempre ci sono anche voci diametralmente opposte: Serhiy Milyutyn, portavoce dell'amministrazione regionale di Dnimpropetrovsk, città industriale a circa 400 km dalla capitale Kiev, sostiene che l'allarme è infondato e che le misurazioni degli ecologisti sono errate. Per precauzione la procura ha disposto provvedimenti per limitare l'accesso nella zona ed ha avviato nuovi accertamenti per verificare eventuali inadempimenti nell'opera di bonifica.