[21/12/2010] News

Le modifiche al codice ambientale. L'approfondimento di greenreport

LIVORNO. La nuova disciplina europea sui rifiuti è stata recepita dall'Italia con il decreto di attuazione della direttiva 2008/98/Ce che proprio il giorno di Natale entrerà in vigore e che dalle pagine di questo giornale andremo ad analizzare nel dettaglio.

Intanto si può dire che questo decreto porta con se una serie di novità e di cambiamenti della parte quarta del Dlgs 152/06 (il così detto Codice ambientale), nonostante che il testo italiano ricomprendesse già alcune definizioni (come quelle di sottoprodotto e di materia prima secondo) previste per la prima volta a livello europeo, che vengono di nuovo modificate.

Viste quindi le novità a livello europeo, il legislatore italiano non solo punta il dito sulla prevenzione quantitativa e qualitativa affermando la responsabilità del produttore - differenziandolo da commerciante e intermediario (definizioni anche queste inserite dalla nuova direttiva e recepite in Italia) - e riconfermando la gerarchia dei rifiuti se pur rinnovandola, inserisce pure un nuovo principio.

Viene infatti prevista la possibilità di discostarsi dalla gerarchia quando "sia giustificato in termini di ciclo di vita". Il principio introdotto dal legislatore europeo inserisce anche nell'ordinamento italiano il concetto di analisi del ciclo di vita del rifiuto ma solo per "singoli flussi di rifiuti" e in relazione "agli impatti complessivi della produzione e della gestione... sia sotto il profilo ambientale e sanitario... che sotto il profilo sociale ed economico".

Il nuovo approccio offre dunque la possibilità di discostarsi dalla gerarchia quando la valutazione del ciclo di vita e anche dei costi/benefici indichino chiaramente che un'operazione di trattamento alternativo dia risultati migliori per uno specifico flusso di rifiuti.

Purtroppo, mancano i parametri per affermare che un trattamento sia migliore rispetto a un altro, quindi il nuovo criterio potrebbe porre alcuni problemi. Così come mancano i riferimenti giuridici quando si definisce un rifiuto organico prodotto dall'industria alimentare raccolto in modo differenziato "simile" al rifiuto organico urbano (articolo 183 lettera d).

Nel recepire la direttiva comunitaria il legislatore italiano ha modificato, inoltre, le definizioni di sottoprodotto e di materia prima seconda (ponendo comunque dei problemi interpretativi di ciò che è rifiuto e ciò che non lo) e ha inserito quella di preparazione al riutilizzo e di riciclaggio. Dove per preparazione al recupero si intende le "operazioni di controllo, pulizia, smontaggio e riparazione attraverso cui i prodotti o i componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento". Mentre per riutilizzo si intende "qualsiasi operazione attraverso la quale i prodotti o i componenti che non sono rifiuti sono reimpiegati per la stessa finalità per la quale erano stati concepiti".

Inoltre il legislatore italiano distingue fra le operazioni di recupero (distinguendo e subordinando il recupero di energia a quello di materia) e di smaltimento anche se resta invariato, rispetto a prima, il recupero di energia indicato come prima operazione di recupero - R1 dell'allegato C - e l'incenerimento a terra come forma di smaltimento (D 10 allegato B) - operazione residuale della gerarchia dei rifiuti. Viene indicato però, quando gli impianti di trattamento energetico possono rientrate nelle operazioni di recupero dei rifiuti solidi urbani e non in quelle di smaltimento.

Infatti nello stesso allegato C il legislatore specifica quale deve essere l'efficienza energetica dell'impianto: 0,60 per gli impianti funzionanti e autorizzati in conformità della normativa comunitaria applicabile prima del 1° gennaio 2009 e 0,65 per gli impianti autorizzati dopo il 31 dicembre 2008 (anche se per questi viene indicata la formula da utilizzare per il calcolo).

 

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