[30/12/2010] News
LIVORNO. L'India che sta puntando a tutta birra sul nucleare (con un occhio più che attento a quello militare) è anche molto preoccupata per le forniture di carbone e per questo punta ad aumentare la quantità di energia prodotta da fonti rinnovabili, anche per rispettare gli impegni presi a livello internazionale per combattere il global warming. La strada dell'India verso l'energia pulita passa per la moltiplicazione per 4 della sua produzione di energie rinnovabili, con l'obiettivo di raggiungere i 72.400 MW entro il 2022.
L'annuncio è stato dato dal ministero per le energie nuove e rinnovabili di New Delhi che lo ha presentato come un modo per rispondere alla crescita rapida della domanda di energia che serve ad alimentare la veloce industrializzazione e a portare l'elettricità a milioni di famiglie rurali.
Secondo il Wall Street Journal «L'india dovrà lavorare passando attraverso numerosi ostacoli e procedure burocratiche per raggiungere i suoi target energetici e stare dietro alla crescita del settore negli altri mercati emergenti». Fitch Ratings a settembre evidenziava che «Nel 2009 gli investimenti sulle rinnovabili in India sono stati di 2,3 miliardi di dollari, rispetto ai 34,6 miliardi di dollari della Cina ed ai 7,4 miliardi di dollari del Brasile».
L'ultimo rapporto dell'International energy agency, spiega che entro il 2035 l'India sarà il secondo Paese per aumento della domanda globale di energia, con il 18% della crescita globale, e nello stesso periodo il suo consumo di energia raddoppierà. L'immenso Paese ha messo in atto un Piano d'azione nazionale sui cambiamenti climatici e ha detto che entro il 2020 ridurrà la sua emissions intensity (la quantità di CO2 emessa per unità di Pil) dal 20% al 25% rispetto ai livelli 2005. Parecchio meno rispetto ai rivali cinesi, che si sono già portati avanti col lavoro. Inoltre il ministro dell'ambiente indiano, Jairam Ramesh, qualche giorno fa ha detto che «Si può anche considerare i tagli di emissioni nel quadro di un mandato internazionale, ammorbidendo la precedente posizione».
Comunque, per rispettare i suoi obiettivi, l'India deve ridurre le emissioni del settore energetico, responsabile di circa il 60% delle sue emissioni totali di CO2, e gran parte di questa wenergia viene dal combustibile fossile più inquinante: il carbone.
Il ministero dkll'energia a ottobre aveva detto che la produzione di energia dell'India era valutata in circa 167 gigawatt, con le rinnovabili che rappresentavano l'11% circa, con 18.321 MW. L'India punta ad aumentare entro il 2022 la produzione di energia da fonti rinnovabili a 72.400 MW, praticamente quadruplicando quella attuale, ma facendola arrivare solo al 15,9% del totale, visto che allora il Paese produrrà in totale 455 GW. Il ministero ha detto di puntare soprattutto su solare, eolico e piccole centrali idroelettriche, mettendo uno stop ai grandi progetti idroelettrici che sono stati contrastati da numerose comunità locali e che hanno provocato seri danni ambientali e sociali, denunciati anche da intellettuali come Arundhati Roy.
Non cambierà quindi molto nel mix energetico indiano, visto che a ottobre circa il 65% della produzione elettrica del Paese veniva da combustibili fossili, principalmente carbone (il restante 25% circa quasi tutto dal nucleare) e che il governo di New Delhi stima che la richiesta di carbone delle famiglie indiane supererà di 82.890.000 tonnellate le disponibilità nel marzo 2011, un deficit che crescerà ancora negli anni successivi. Il passaggio alle rinnovabili non è quindi una scelta virtuosa, ma una necessità.
Il ministero ha detto che sta spingendo le utilities statali che distribuiscono l'elettricità a produrre quote minime di energia rinnovabile per aumentare la produzione da fonti di energia pulita. L'India ha anche avviato il "solar program targeting" per produrre entro il 2022 20 GW di energia solare ed ha introdotto i cosiddetti "Renewable energy certificates" La Commissione di pianificazione governativa ha anche messo insieme un gruppo di esperti per preparare la strategia per una low-carbon economy.