[04/01/2011] News

La timida glasnost scientifica e ambientale di Pechino

NAPOLI. L'Accademia per la Pianificazione Ambientale della Cina ha pubblicato nei giorni scorsi un rapporto in cui rivela che nell'anno 2008 l'inquinamento ha causato danni al paese per oltre 150 miliardi di euro: il 3,9% del Prodotto interno lordo. E che in soli cinque anni i costi dell'inquinamento ambientale sono aumentati del 74,8%. Il rapporto ha reso noto a tutti, dove quel tutti include l'opinione pubblica cinese, la tendenza all'aumento dei costi della pollution malgrado le iniziative del governo di diminuire l'inquinamento ambientali in Cina.

Dopo che il Ministro per l'Agricoltura di Pechino ha concesso, nel novembre 2009, i certificati di sicurezza per due tipi di riso e un tipi di mais geneticamente modificati, sta crescendo in tutto il paese il dibattito pubblico sul cibo ogm. Se ne parla sui giornali. L'opinione pubblica esprime una forte "percezione del rischio": l'85% di un campione di cinesi intervistato da China Daily si è detta preoccupata per la sicurezza del cibo ogm. E così anche gli scienziati sono stati "ingaggiati" nel pubblico dibattito. A ottobre si è tenuto un convegno presso l'Università dell'agricoltura di Huazhong sul tema "Comunicazione e Dialogo nell'Agrobiotech", organizzato e coordinato da Jia Hepeng, direttore di Science News, la rivista bisettimanale dell'Accademia Cinese delle Scienze. Ne è sortito un dibattito tra gli scienziati sul "rischio ogm" ancora poco strutturato e aneddotico. I partecipanti si sono divisi, come succede anche da noi, divisi tra favorevoli e contrari agli ogm. Ma tutti si sono sentiti rappresentati dalle parole di Zhu Zhen, dell'Istituto di Genetica e Biologia dello sviluppo dell'Accademia Cinese delle Scienze. Una sola occasione non basta a stabilire un dialogo col pubblico. Occorre ripetere ed estendere le occasioni di dibattito pubblico.

A inizio settembre, infine, L'Associazione Cinese per la Scienza e la Tecnologia ha reso noto un suo piano per raddoppiare il numero di comunicatori della scienza in Cina portandoli a 4 milioni entro il 2020. In particolare 2,2 milioni saranno su base volontaria; 1,3 milioni professionisti impiegati part-time e 0,5 milioni professionisti a tempo pieno. Ma sarà impegno del governo e della comunità scientifica fare in modo che tutti i ricercatori (sono 1,4 milioni in Cina) si sentano coinvolti nella comunicazione pubblica della scienza.

L'associazione, in particolare, formerà giovani comunicatori professionali da impiegare, poi, nelle zone rurali del paese oltre che nei musei scientifici. Ma ci saranno corsi di formazione anche per giornalisti e scrittori scientifici. Nel solo 2010 il governo ha messo a disposizione l'equivalente di 34 milioni di euro per formare professionisti della comunicazione della scienza da impiegare nelle aree rurali.

In Cina c'è una forte censura politica. Ben poco viene pubblicato che il Partito non voglia. Eppure l'insieme di queste tre notizie sembra indicare che nel paese è in atto una piccola, timida, insufficiente ma significativa glasnost scientifica e ambientale. Dovuta certamente al fatto che a Pechino le questioni ambientali e scientifiche sono prese molto sul serio, perché entrambe connesse alla crescita economica del paese. Ma, probabilmente, dovuta anche a una crescente consapevolezza che solo attraverso la partecipazione consapevole del grande pubblico è possibile raggiungere gli obiettivi di innovazione tecnologica e di tutela dell'ambiente. Anche in Cina.

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