[10/01/2011] News
L'antefatto è noto.
A Castefiorentino in una campana del multimateriale situata nel resede di un'azienda alimentare per raccogliere i rifiuti e differenziarli, in base al regolamento di assimilazione del Comune, sono stati rinvenuti dagli ispettori dell'Arpat barattoli contenenti maionese, configurati come rifiuti speciali e non urbani. Per questo i dirigenti di Revet e di Publiambiente, le aziende incaricate dello smaltimento e del recupero rifiuti, sono stati denunciati e sottoposti ad un rapido decreto di condanna penale per smaltimento irregolare, per "attività di gestione dei rifiuti non autorizzata".
Voglio fare alcune considerazioni. Intanto esprimo solidarietà ai dirigenti delle aziende che svolgono un lavoro tanto importante quanto difficile e agiscono in buona fede. Poi comprendo l'operato dei giudici e non commento il giudizio, ma commento la legge. O più precisamente la poco certa situazione normativa che vige in materia di rifiuti speciali/industriali.
Da un lato infatti vi è l'art. 195 comma 2 lettera e) D.Lgs 152/06 per il quale il rifiuto proveniente da un'azienda anche se omogeneo ai rifiuti urbani e perfettamente avviabile al recupero ed allo smaltimento, è comunque da considerarsi rifiuto speciale, dall'altro vi è una vacatio legis in quanto in materia di assimilazione ai regolamenti comunali scaduti non è seguito alcun intervento governativo.
Le leggi stabiliscono che, sopra una certa dimensione delle aziende, sono assimilabili ai rifiuti urbani la carta degli uffici o l'organico delle mense ad esempio e invece non sono assimilabili i rifiuti che derivano dalle lavorazioni. Una più compiuta definizione in materia è rimandata da molti anni ad un decreto attuativo mai arrivato, secondo una tipica consuetudine italiana. Nel frattempo vigono i regolamenti comunali di assimilazione che, facendo riferimento ad una datata circolare interministeriale, cercano di incrementare la percentuale di raccolta differenziata da avviare al riciclaggio. La Regione Toscana nella finanziaria del 2011 ha stabilito che, in attesa delle nuove norme, i regolamenti dei Comuni sono da considerarsi validi. Evidentemente il Giudice nel caso di Castelfiorentino non è stato dello stesso avviso.
La sentenza di condanna impone ovviamente di non reiterare il reato e per questo Revet propone di togliere tutte le campane del multilaterale dai siti privati, commerciali o industriali dove può essere possibile (e, aggiungo, non sempre facilmente controllabile) la commistione tra rifiuto urbano e industriale/speciale, foriera di possibile reato.
L'assimilazione dei rifiuti in Toscana è responsabile dell'alta produzione di rifiuto pro capite, intorno ai 700 kg. all'anno per abitante contro i 550 circa della media italiana, ma ha anche il merito di aver innalzato la percentuale di raccolta differenziata dei Comuni contenendo gli aggravi dell'ecotassa per i cittadini e di aver determinato filiere più certe per il recupero dei rifiuti industriali, altrimenti avviati in discarica o alla termovalorizzazione. Che ne sarà poi della pratica del porta a porta spinto nelle zone commerciali, artigianali o industriali, invocato dai teorici del "rifiuto 0"? Aspetterei dunque ad evocare la campagna zelante e giustizialista dei processi di de-assimilazione!
In effetti la distinzione italiana tra rifiuti urbani e rifiuti industriali è quanto mai discutibile e non risponde ad un modello europeo. Non se ne capisce la ratio, al di là degli aspetti fiscali. Infatti, per quanto riguarda gli aspetti ambientali che differenza c'è, ad esempio, tra la il rifiuto cartaceo prodotto da una famiglia, da un'attività commerciale o da un'azienda industriale? Nessuna. Si tratta di materiale che può essere differenziato e riciclato. Colesterolo a parte, qual'è la nocività ambientale della maionese come rifiuto? Nessuna. Invece le pile esaurite contenenti piombo sono rifiuti pericolosi sia se raccolte negli ambienti domestici che in quelli aziendali e vanno smaltite correttamente.
Una distinzione efficace e foriera di un quadro normativo più certo e ragionato sarebbe allora quella tra rifiuti pericolosi e non pericolosi, indipendente da dove vengano prodotti.
Confido che le classi dirigenti, coloro che fanno e applicano le leggi del nostro Paese e della nostra Regione, ne possano ragionare in maniera più approfondita ed aperta e seguire più decisamente il più chiaro modello già vigente in Europa.
Paolo Marconcini