[11/01/2011] News toscana
FIRENZE. L'Istituto regionale per la programmazione economica Toscana (Irpet) ha presentato oggi, durante la conferenza di inizio anno, il rapporto "L'uscita dalla crisi: strategie di crescita ed effetti distributivi", uno studio che analizza il biennio appena trascorso e delinea lo scenario dei prossimi cinque anni. Diciamo subito che i numeri (alcuni positivi) si prestano a diverse interpretazioni e comunque dalla crisi non siamo usciti come confermano anche i ricercatori Irpet.
Secondo greenreport, specialmente in prospettiva, quanto riportato nel rapporto è abbastanza sconfortante considerato che gli aspetti parzialmente positivi riguardano indicatori di sostenibilità macroeconomica, gli indicatori di sostenibilità sociale parlano di una Toscana che da ora al 2015 vedrà acuirsi la distanza tra "poveri" e "ricchi" rispetto al potere di acquisto e che la sostenibilità ambientale non è stata neppure indagata. Questo meraviglia considerato che in particolare in questi ultimi due anni, cioè da quando la crisi finanziaria ed economica mondiale si è manifestata, si è parlato frequentemente dell'economia ecologica come una delle possibilità vie di uscita dalla congiuntura sfavorevole, unica, a nostro avviso, a garantire uno sviluppo durevole e sostenibile.
Ma veniamo ai dati. Anche per la Toscana, il biennio 2008-2009 è stato particolarmente negativo: il Pil è diminuito dello 0,8% nel 2008 e del 4,35 nel 2009, la domanda lavoro si è ridotta tra il 2008 e il 2010 di 55mila unità, ma complessivamente la nostra Regione regge meglio alla crisi rispetto alle altre del centro nord.
Come ha spiegato Stefano Casini Benvenuti la motivazione prevalente «sta nel più basso peso che l'industria ha in Toscana. Come è noto, a seguito dell'intenso e prolungato processo di deindustrializzazione, l'industria manifatturiera pesa in Toscana appena il 17,2%, contro percentuali superiori al 20% delle altre regioni. Essere meno industrializzati ha finito, in questa fase, con il costituire un elemento di vantaggio relativo» (il calo dell'export ha influenzato più direttamente l'industria rispetto ad altri settori).
Nel 2010 l'export è stato in grande ripresa e le esportazioni anche nei prossimi anni faranno da traino al rilancio dell'economia (anche se caleranno rispetto al 2010) in cui a trarne benefici saranno l'industria manifatturiera e metalmeccanica che torneranno ad essere protagoniste. Ma ci troveremo, spiegano da Irpet, davanti ad una crescita squilibrata che non porterà nessun aumento in termini di occupazione ma solo di produzione.
La domanda interna inoltre resterà stagnante anche per gli effetti delle manovre finanziarie, che come abbiamo potuto già constatare, saranno notevolmente restrittive. Le famiglie quindi tra cinque anni, in base alle previsioni Irpet, vedranno il loro potere di acquisto poco sopra il livello del 2010, con pesanti conseguenze su quelle meno abbienti. «L'uscita dalla crisi, in realtà ancora incerta- continua Benvenuti- significherà per il nostro Paese e per la Toscana il ritorno ad un modello basato su esportazioni e minor spesa pubblica, simile a quello degli anni settanta. Una nuova ripresa, quindi, ma con una dinamica del Pil troppo debole (1,3 in media nei prossimi anni) per garantire l'attuale livello del benessere».
Modello di crescita anni '70, definito export led, che non porterà però nuova occupazione, in cui si accentueranno gli squilibri territoriali, con ritmi di crescita diversi tra comparti, con effetti probabili sulla distribuzione del reddito e con un welfare non in grado di correggere questi squilibri. E come ha sottolineato il ricercatore Leonardo Ghezzi, questa non è una stima pessimistica ma semmai l'effetto in questa direzione è sottostimato. Se poi aggiungiamo che crescerà l'industria manifatturiera in quanto a produzione (dato di per sé positivo), ma un'industria che ha innovato poco sui processi in termini di sostenibilità e che è sostanzialmente conservatrice, c'è da attendersi impatti ambientali sostenuti (appunto come quelli degli anni '70) i cui costi di "riparazione" saranno scaricati ancora una volta sulla collettività. Ammesso che siano disponibili le finanze pubbliche per intervenire. Insomma non c'è molto da stare allegri.