
[12/01/2011] News
LIVORNO. Secondo un rapporto pubblicato oggi dall'Onu, «Il numero delle persone che hanno bisogno di assistenza alimentare nel Sud Sudan è diminuito notevolmente sebbene le prospettive della sicurezza alimentare dipendano largamente dal post referendum e dal numero di persone che ritornano nel Sud».
La missione di verifica compiuta dalla Fao e dal Programma alimentare mondiale (Wfp) ha messo in guardia «Sul fatto che i recenti miglioramenti nella sicurezza alimentare, specialmente nelle regioni confinanti con il Nord del Sudan, come Upper Nile e Unity, potrebbero essere annullati dall'aumento dei prezzi alimentari e da un'escalation di conflitti locali».
il direttore regionale del Wfp per il Sudan, Amer Daoudi, spiega che «La sicurezza alimentare, complessivamente, è migliorata notevolmente nel 2010 in confronto all'anno precedente, prevalentemente grazie ad un'abbondanza di piogge. Tuttavia, non bisogna abbassare la guardia. Oltre un milione di persone avranno ancora bisogno di assistenza alimentare e, in questa fase così critica, la situazione potrebbe velocemente deteriorarsi».
Secondo il rapporto «La crescita del raccolto è stata generalmente buona nel 2010. Le piogge hanno seguito un buon andamento stagionale nella maggior parte delle località e il livello delle precipitazioni è stato normale o al di sopra della media e, generalmente, ben distribuito. Nonostante alcuni casi localizzati di aridità e inondazioni, la produzione cerealicola del 2010 è stimata attorno alle 695.000 tonnellate, quasi il 30% più del 2009. Tali stime fanno prevedere un deficit cerealicolo, nel 2011, di circa 291.000 tonnellate che dovrà essere coperto dalle importazioni commerciali e dall'assistenza alimentare».
Il problema immediato è il ritorno di molte persone nel Paese che sta per diventare indipendente, come spiega l'economista della Fao Mario Zappacosta: «Tuttavia, a fronte di una previsione di circa 400.000 persone che ritornano per votare, il deficit stimato potrebbe aumentare sino a 340.000 tonnellate. Le persone che rientrano aumenteranno la pressione sui rifornimenti di cibo nei mercati locali».
Il rapporto evidenzia che, nell'ipotesi migliore di un processo referendario pacifico nel Sud (ma i segnali non sono incoraggianti, visti gli scontri già in atto) «Il numero delle persone che riceveranno assistenza alimentare d'emergenza dovrebbe gradualmente crescere, quest'anno, raggiungendo un picco previsto di 1,4 milioni di persone durante la stagione "del non raccolto", da marzo ad agosto. Le prospettive della futura sicurezza alimentare dipenderanno molto da come si svolgeranno il referendum avviatosi il 9 gennaio e il periodo post referendario».
Nessuno sa come il regime sudanese reagirà alla divisione del più grande Paese africano ed alla perdita di gran parte della sua ricchezza petrolifera con la creazione di uno Stato animista-cristiano fortemente voluto ed appoggiato dagli occidentali ma che nasce già fragilissimo e con divisioni etnico-tribali che emergeranno pericolosamente con l'indipendenza.
Per Fao e Wfp «Le recenti conquiste potrebbero essere facilmente svanire a causa dei seguenti fattori di rischio: aumento dei prezzi alimentari per effetto di un minor flusso commerciale e aumento della domanda da parte di chi rientra, potenziale aumento di conflitti localizzati lungo le aree frontaliere e potenziale aumento delle tensioni etniche ed inter-tribali. Nel caso di minori commerci, maggiore domanda, aumento dei prezzi alimentari e aumento dell'insicurezza nella fase post referendaria, il numero di persone che dovrà ricevere assistenza alimentare d'emergenza potrebbe arrivare a 2,7 milioni di individui su una popolazione prevista per il 2011 di 9,16 milioni di abitanti nel Sud Sudan. Questo si potrebbe verificare all'inizio della stagione "della fame" quando si sono esaurite le scorte del raccolto precedente».
La missione Fao/Wfp stima in 890.000 il numero di persone in condizioni di grave insicurezza alimentare nel Sud, e 2,4 milioni quelle in condizioni di moderata insicurezza alimentare.
Secondo il rapporto, «Con le incertezze legate al referendum, si prevede un declino sostanziale nei rifornimenti di grano dal Nord del Sudan e, in misura minore, dall'Uganda e Kenia. Gli stock cerealicoli erano già diminuiti nelle zone frontaliere con un conseguente aumento dei prezzi anche per effetto dell'alto numero di rientri. Da ottobre ad ora, oltre 120.000 persone sono rientrate nel Sud Sudan e si prevede che all'inizio di febbraio saranno 250.000».
Nonostante l'euforia per il referendum, la situazione negli accampamenti di fortuna è disastrosa. Quando nell'agosto 2010 il governo sudanese di Khartoum annunciò l'intenzione di rimpatriare 1,5 milioni di persone prima del referendum (consapevole che avrebbe destabilizzato il già instabile Sud)., le agenzia Onu e le Ong umanitarie disse che questo non poteva essere sostenuto dalla Comunità internazionale. In assenza del sostegnoi internazionale a questa « pulizia » etnico-politica, i fondi allocati inizialmente dal governo del Sud e dagli Stati amici si sono rivelati insufficienti e molti soldi sono stati spesi per portare la gente nei loro villaggi di origine.
Inoltre il governo del Sud sta distribuendomolto lentamente i terreni ai nuovi arrivati e i campi profughi rischiano di gonfiarsi e di moltiplicarsi di cittadini indipendenti ma fuggiaschi a casa propria.
Intanto l'Onu ha intensificato i pattugliamenti nella zona calda di confine tra Nord e Sud, dove si giocherà la partita della sduddivisione del petrolio sudanese al quale sono molto interessati sia gli occidentali che tifano per il Sud Sudan che i cinesi e gli arabi che appoggiano Khartoum. In particolare l'area di Abyei, una regione ricca di petrolio, è considerata come il potenziale hotspot di un nuovo conflitto e le violazioni dell'accordo di pace del 2005 che ha conclusa 20 anni di ferocissima guerra tra Nord e Sud Sudan si susseguono, con le tribù fedeli a Khartoum che attaccano l'esercito del nascente regime (formato dalle milizie degli ex guerriglieri del Sudan People's Liberation Army/Movement) e con questo che risponde con ritorsioni etniche, una pericolosa guerriglia che divide un mosaico tribale e che solo nell'ultima settimana ha fatto almeno 36 morti, bagnando di sangue la più che probabile e problematica indipendenza del Sud Sudan. Il segretario generale dell'Onu, Ban ki-moon, avverte: «Nel caso improbabile che il referendum porti alla violenza su larga scala, circa 2,8 milioni di persone potrebbero essere sfollate ed altri 3,2 milioni colpiti da danni al commercio e alla fornitura di servizi sociali. In questo scenario, potremmo aver bisogno di 63 milioni dollari per fornire l'assistenza di emergenza alle persone bisognose».