[04/09/2009] News toscana

Estate toscana, allarmi dell'Onu e cambiamenti climatici: il punto con Giampiero Maracchi

FIRENZE. Un comunicato della Coldiretti sostiene oggi che, secondo dati Isac-Cnr, «l'estate del 2009 si posiziona al quarto posto tra le più calde dal 1800 a conferma dei cambiamenti climatici in atto anche in Italia», con temperature medie «superiori di 1,88 gradi rispetto alla media di confronto del periodo 1961-1990». Questo per l'intera penisola: per il solo nord Italia, invece, la Società meteorologica italiana comunica che l' «estate 2009 si chiude in seconda posizione tra le più calde mai rilevate da almeno due secoli».

Per la Toscana, invece, ancora non sono disponibili documenti ufficiali sull'argomento provenienti dai centri di analisi meto-climatologica. Dopo che ieri avevamo riportato il parere di Giorgio Bartolini del Lamma, abbiamo oggi contattato Giampiero Maracchi, ordinario di Agrometeorologia e climatologia all'università di Firenze e direttore dell'Istituto di biometeorologia (Ibimet) del Consiglio nazionale delle ricerche.

Maracchi, quando l'anno scorso il primo settembre le chiedemmo che stagione estiva 2008 era stata, se una stagione calda e secca ma "normale" o se era stata un'estate da global warming, lei parlò di «estate tutto sommato normale». Quest'anno?
«Quest'anno solo il mese di agosto è stato caratterizzato da anomalia, con temperature superiori di 2-4° alle medie, un'anomalia che peraltro continua anche in questi giorni. Altra anomalia è la continuazione della configurazione meteorologica chiamata "blocco atlantico" (cioè l'estensione verso nord, in aperto oceano Atlantico, dell'anticiclone azzorriano, che comporta il fatto che le perturbazioni atlantiche scorrano più a nord della penisola italiana, interessando marginalmente solo la zona alpina e parti della pianura Padana, nda): questa configurazione solitamente dovrebbe venir meno intorno al 20 agosto (in conseguenza di un abbassamento di latitudine del flusso delle correnti a getto), e invece probabilmente continuerà fino a metà settembre, quasi cioè fino all'equinozio d'autunno.
Questo si vede anche dalla notizia riportata dal "Corriere" di oggi sulle rondini: questi animali hanno cominciato a migrare, quest'anno, già al 10 agosto, in concomitanza proprio di un abbassamento di latitudine della corrente a getto. Il problema è che poi essa, come dicevo, è risalita verso nord, e questi animali sono sempre più confusi: nel loro patrimonio genetico hanno acquisito e consolidato le loro abitudini migratorie in migliaia di anni, e ora sono spiazzati da un mutamento così forte. E non è il primo anno che accade».

Quale il collegamento tra la situazione di "blocco atlantico" da lei spiegata e l'anomala estensione verso nord dell'anticiclone africano, che ha spiccatamente caratterizzato quest'estate almeno nella sua seconda parte?
«Il blocco atlantico è una configurazione normale in estate, ma quest'anno è particolarmente prolungato. La risalita verso nord dell'anticiclone africano è invece un fenomeno che è sempre avvenuto, ma che da 8 anni ha cominciato a diventare molto più frequente, ed è legato all'espansione in corso della cella di Hadley (cioè la componente atmosferica del meccanismo di trasporto di calore dall'equatore alle zone temperate, nda)».

Ma quindi le estati bollenti avvenute prima dell'era del Gw, come quella del 1940, erano comunque legate all'arrivo dell'anticiclone africano o derivavano da altri fattori?
«Si, erano legate all'arrivo dell'africano, ma erano molto rare e meno intense: se prima degli anni '90- 2000 la punta avanzata del promontorio anticiclonico arrivava in media alla Sicilia, oggi coinvolge tutta l'Italia. Lo si può vedere anche dal dato delle precipitazioni intense: ormai tutti gli anni vediamo episodi di piogge non solo intense, ma anomalmente intense, mentre in passato il fenomeno avveniva ogni 10 anni circa. E lo stesso discorso vale per le ondate di calore.
Questo evidenzia un quadro climatico modificato. Sono tornato oggi dalla conferenza sul clima tenuta a Ginevra dalla World meteorological organization, dove ho tenuto una relazione, e questo era tra gli argomenti centrali».

Da Ginevra in questi giorni sono giunti anche appelli per un migliore coordinamento tra gli istituti di ricerca nella creazione di database climatici unificati: ciò anche per evitare che, come avviene ora, i dati climatici globali prodotti da istituti nazionali diversi non siano uniformi.
«Si, ma è un argomento che riguarda soprattutto l'iter burocratico e questioni analoghe, ed è peraltro roba vecchia. Si tratta soprattutto di fare accordi tra enti diversi: pensiamo al fatto che la Noaa americana ha 25.000 dipendenti, i centri meteo in Italia in tutto circa 300 dipendenti, mentre in tutto lo stato del Niger solo 3 persone si occupano ufficialmente di meteo e clima, e solo uno specificatamente di climatologia.
Insomma, è un problema non tecnico, ma organizzativo, amministrativo e soprattutto finanziario, oltre che politico».

Allora, ritorniamo all'estate toscana, anche se questi argomenti non sono da affrontare alla leggera e l'errore è sempre in agguato. Già sui media nazionali stanno diffondendosi dati Coldiretti-Cnr che parlano di "quarta estate più calda" per l'Italia dal 1800, e dati Smi che definiscono l'estate del nord Italia come la seconda più calda. Possiamo quindi già stabilire "il posto della graduatoria" in cui si classifica quest'estate 2009 in Toscana?
«Il dato per l'intera stagione dice poco, occorre valutare mese per mese: per le temperature giugno è stato in media o poco sopra, la media di luglio è stata di 1 grado sopra la media, mentre su scala nazionale agosto è stato 2-4 gradi sopra le medie, pur in un contesto di variabilità tra le varie zone. Per  le precipitazioni agosto è stato quasi del 100% sotto la media, ma consideriamo che parliamo di apporti minimi già in media (sui 40 mm). Luglio invece è stato sopra la media precipitativa, ma di poco».

Per fare un bilancio di quest'estate alla luce del surriscaldamento globale in corso (e anche davanti all'ennesimo allarme lanciato ieri dal segretario generale dell'Onu, Ban Ki Moon, che ha sostenuto che la comunità globale "ha un piede incollato sull'acceleratore e si sta dirigendo verso un precipizio", come riporta l'agenzia Asca), le giro la stessa domanda fatta ieri a Bartolini del Lamma: lei è più o meno preoccupato per il clima toscano dei prossimi anni, alla luce dell'estate appena passata, di quanto non lo fosse quest'anno prima dell'estate, diciamo nel mese di aprile?
«No, assolutamente no: non è successo niente che non fosse prevedibile. Anzi, devo dire che molte previsioni stagionali sono state forse eccessive: quelle prodotte da Ibimet prevedevano un'alternanza meteorologica a inizio estate, con varie ondate di calore. Ma mentre a luglio sono state brevi, ad agosto l'ondata di calore è durata tutto il mese. Comunque, anche quanto avvenuto quest'anno dimostra che le previsioni stagionali sono ancora a livello sperimentale, e invece vanno migliorate perchè poi la percezione dell'opinione pubblica si orienta anche su quelle, cioè ne è condizionata».

Se è appurato il rapporto di causa-effetto tra la crescita delle temperature globali e la maggiore incidenza degli anticicloni subtropicali alle nostre latitudini, e se con una crescita di temperatura globale che ancora (anche se le stime cambiano) non dovrebbe essere superiore a 1 grado siamo già con l'Africa così "alta" in estate, cosa avverrà alla Toscana, all'Italia e all'Europa se e quando le temperature globali dovessero crescere di altri 3-4-5 gradi, come prospettato?
«Non glielo posso dire con certezza: non abbiamo gli strumenti tecnici per poterlo dire, siamo di fronte a fenomeni non-lineari, e l'errore (come già il climatologo ha spiegato più volte a greenreport, nda) è proprio quello di avere un approccio lineare all'analisi di un sistema, come il clima, che invece agisce in maniera caotica e non-lineare.
Comunque, più che per il futuro, bisogna preoccuparci per quello che è già successo, e darsi una mossa per vedere cosa si può fare nell'immediato. Per il futuro vedremo, da 8 anni sussistono sull'Italia dei segnali che evidenziano forti anomalie, ma a mio avviso bisogna anche dire che siamo di fronte, in questa fase, ad una "stabilizzazione" del cambiamento climatico alle nostre latitudini: a parte questo caldo (che negli anni '90 non c'era), comunque gli altri fenomeni estremi (es. le piogge intense) hanno raggiunto un picco intorno al 2000, ma poi non sono più cresciuti, rimanendo agli stessi livelli del 2000, all'incirca.
Magari questo significa solo che siamo in una specie di "plateau" climatico, cioè è solo una fase di attesa per ulteriori peggioramenti, ma comunque il dato c'è e va evidenziato».

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