[14/01/2011] News

Il paradosso afghano del blocco iraniano dei carburanti

LIVORNO. Mentre il commissario europeo per la politica estera, Catherine Ashton visitava la Turchia in vista del prossimo turno di negoziati tra Iran e Gruppo 5+1 che si terranno il 21 e 22 Gennaio a Istanbul, dalla capitale afghana Kabul arrivava la notizia di un forte aumento dei prezzi del carburante causato dal recente divieto iraniano di esportazione di combustibili che, in un contesto di aumento dei prezzi a livello mondiale, sta facendo crescere i costi di cibo e medicine in tutto l'Afghanistan occupato dalle truppe Nato, suscitando preoccupazioni per il benessere di milioni di afghani ancora più vulnerabili durante l'inverno.

Il paradosso è che la Repubblica islamica iraniana con il suo boicottaggio sta mettendo in crisi il governo di Kabul sostenuto dagli stessi Paesi che hanno decretato, apparentemente con più n miseri risultati, il boicottaggio contro Teheran per punirla della sua avventura nucleare. L'altro paradosso ancora più grosso è che il Paese ufficialmente boicottato, l'Iran, stava evidentemente esportando carburanti, in violazione del boicottaggio Onu/G5+1, attraversando le frontiere di in un Paese controllato dalle truppe delle stesse potenze occidentali che hanno decretato il boicottaggio.

Intanto in Afghanistan i prezzi di benzina e diesel sono saliti del 10 - 15%, con la benzina in aumento da 45 a 55-58 afghani al litro, dopo che l'Iran ha bloccato centinaia di camion cisterna afghani al suo confine da più di due settimane fa. Il ministero del commercio di Kabul è stato costretto a svelare un segreto di Pulcinella: l'Afghanistan importa il 30 - 40% del suo combustibile attraverso l'Iran.

L'ambasciatore di Teheran a Kabul, Fida Hussein Maliki, ha detto che il suo governo vuole controllare le esportazioni di combustibile per o attraverso l'Afghanistan per assicurarsi che le forze Nato e Usa in Afghanistan non lo utilizzino. La Nato e gli afghani dicono che in realtà la chiusura delle importazioni di idrocarburi colpisce solo i civili afghani. Il ministro afghano al commercio e all'industria, Anwarul Haq Ahadi, ha detto che «Se il combustibile fosse per le forze della Nato, non avrebbero un impatto immediato e forte sul nostro mercato. Il trasporto è la spina dorsale del commercio in questo Paese e quando il trasporto è molto costoso tutto diventa costoso. Farina di frumento, olio da cucina, legna da ardere ed alcuni farmaci sono diventati leggermente più costosi, poiché i prezzi del carburante sono aumentati, come sanno bene i mercanti e i commercianti locali». Inoltre il rigido inverno afghano fa aumentare la domanda di combustibili per il riscaldamento e secondo la camera di commercio di Kabul il blocco iraniano è già costato all'Afghanistan più di 100 milioni di dollari a partire dal 10 gennaio.

Che sia solo pensabile che i carburanti "boicottati" iraniani finiscano nei serbatoi degli esercito dei Paesi "boicottatori" è assurdo, ma ancora di più lo è il fatto che agenzia dell'Onu (che ha decretato il boicottaggio) comer il World food programme siano costrette a lamentare l'incidenza dei costi di trasporto degli aiuti umanitari proprio a causa della chiusura del rubinetto petrolifero iraniano.

D'altronde l'Afghanistan, senza sbocco al mare e da qualche parte dovrà pure importare via terra carburante, cibo, medicine e altri beni, quindi spinge su Teheran per far valere la concessione di diritti di accesso di transito. E' vero che con il sostegno Usa è stato firmato nel novembre 2010 il new Afghanistan and Pakistan Trade and Transit Agreement (Aptta) che dovrebbe favorire una maggiore transito di merci, ma la frontiera meridionale è controllata dai talebani e dalle milizie tribali integraliste pakistane ed è in fiamme per la guerra interna Pakistana. L'Afghanistan ha anche un accordo di transito con l'Iran, ma è considerato scaduto da Teheran e anche gli stessi afghani ammettono che è così.

Cosa succede lo spiega bene all'agenzia Irin Saifuddin Saihoon, docente della facoltà di economia dell'Università di Kabul: «Mentre l'Iran è di fronte all'aumento delle sanzioni internazionali sul suo programma nucleare, cerca di colpire di la comunità internazionale per fare pressione in Afghanistan attraverso i divieti di transito, le deportazioni di rifugiati ed altri mezzi».

L'ambasciatore Maliki naturalmente respinge indignato le accuse vantando il mantenimento di buoni rapporti di Teheran con Kabul. Il gioco iraniano è pericoloso, perché il debole regime di Hamid Karzai, nonostante la presenza di circa 100.000 soldati Usa e di oltre 40.000 degli altri Paesi Nato in Afghanistan, ha assicurato che il suo Paese non sarebbe stato usato come trampolino di lancio per un attacco all'Iran.

Anche le recenti rivelazioni di WikiLeaks di forniture clandestine di missili iraniani ai talebani per attaccare gli Italiane e le altre forse Nato non contribuiscono certo ad abbassare la tensione.

Intanto mentre si discute di come far riprendere questo traffico di carburante teoricamente impossibile gli iraniani continuano ad accusare Usa e Nato di destabilizzare la sicurezza regionale e a chiedere il ritiro delle forze a guida Usa in Afghanistan.

Il governo afghano, asserragliato a Kabul e protetto dai carri armati e dai droni occidentali risponde abbastanza improbabilmente per bocca del ministro Hadi: «Non possiamo agire su ordine degli altri (stati stranieri) e sarebbe ingiusto se (gli iraniani) ci tenessero sotto pressione. Questo non è amichevole e gli afghani non sono soddisfatti. Il commercio e il transito non possono essere utilizzati per scopi politici». Peccato che sia la stessa accusa che gli iraniani rivolgono agli occidentali che occupano l'Afghanistan che hanno imposto il boicottaggio antinucleare contro Teheran..

Il governo afghano sta valutando la possibilità di importare carburante dal Kazakistan e dalla Russia, ma a nord sono le milizie filogovernative uzbeke e tagike a taglieggiare e controllare i commerci. «Non stiamo vivendo in un ambiente ideale - ammette Ahadi - quindi dobbiamo fare ogni sforzo per mitigare l'impatto dell'attuale crisi del carburante».

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