[17/01/2011] News
LIVORNO. Il 6 gennaio nei saloni dell'hôtel préfectoral de Cayenne, è stato annunciato l'avvio delle prospezioni petrolifere a 153 km al largo delle coste della Guyana francese, nella Zona economica esclusiva che Parigi ha in questa sua ultima colonia sudamericana. Alla conferenza partecipavano almeno 7 rappresentanti della Tullow Oil, una multinazionale petrolifera-gasiera irlandese, che hanno illustrato al prefetto e ad una decina di accaldati giornalisti la buona novella del petrolio off-shore in Guyane. A dire la verità la Tullow Oil è ancora molto lontana dall'estrarre l'oro nero dal fondale di 6.400 metri dove spera di trovarlo: ha appena ottenuto una dichiarazione di apertura dei lavori per fare un pozzo a quelle improbe profondità.
Anche se la Turow Oil è una delle più grosse compagnie petrolifere indipendenti, la cosa sta suscitando molte preoccupazioni tra gli ambientalisti, visto quel che ha combinato la ben più attrezzata e ricca Bp nel Golfo del Messico a profondità molto minori. Eppure la Tullow Oil a febbraio avvierà le trivellazioni petrolifere al largo delle coste guyneane. La giornalista e scrittrice Eudoxie Jantet fa notare che «Lo spettro della catastrofe ecologica della Bp e la prospettiva ancora lontana e scorrettamente stimata dell'estrazione da 40 milioni a un miliardo di barili potrebbe alimentare tutti gli incubi o tutti i fantasmi di grandeur di miei concittadini e soprattutto degli uomini politici, che vedono un modo per evitare in futuro gli scioperi contro il caro-petrolio».
L'operazione di trivellazione si presenta molto complessa dal punto di vista tecnico e logistico e molto costosa, almeno 90 milioni di dollari, e il personale della piattaforma arriverà tutto dalla Francia e dall'Inghilterra, visto che in Guyana non esistono le professionalità necessarie. Dalle coste del Dipartimento di oltremare francese partiranno solo gli elicotteri che assicureranno i turni al centinaio di persone che trivelleranno ad altissima profondità 24 ore su 24.
La concessione si chiama Guyane Maritime ed è enorme: 3.220 kmq, la Tullow detiene il 39,50% delle azioni e il resto se lo dividono colossi come la Shell e la Total e la Northpet Investments. Non è detto che gli irlandesi troveranno gli idrocarburi in Guyana Francese alcuni dicono che le probabilità sono al 25%, ma un rappresentante della Turow Oil ha detto fiducioso: «La nostra compagna procede ad una decina, forse una ventina, di trivellazioni all'anno nel mondo con un tasso di riuscita dell' 80% contro il 15% delle altre compagnie».
Naturalmente la multinazionale irlandese dice che non ci sono rischi per il mare e per la costa ancora in gran parte intatta e ricchissima di biodiversità: sul posto ci sarà un Bloc d'obturation du puits (Bop) «Che permetterà di chiudere il pozzo in caso di risalita incontrollata di acqua, gas o liquidi (...) e la pressione idrostatica all'interno della trivellazione sarà regolarmente verificata». Le stesse identiche rassicurazioni date dalla Bp per la piattaforma Deepwater Horizon che scoppiando nel Golfo del Messico ha causato la più grande catastrofe ambientale della storia Usa.
La Tullow Oil punta molto sul petrolio sudamericano, o meglio delle tre Guyane: ha già il 30% delle quote in una concessione di 8.400 Km2 nel Georgetown Block, nella Guyana indipendente, che condivide con Repsol ed altri partner minori: Ypf, e Cgx Resources. In Suriname, l'ex Guyana olandese, la Turow ha tre concessioni: il Block 47 (2.369 km2) in acque profonde che detiene interamente; Caronie (2.592 Km2) al 60% della Paradise Oli; Uitkijk (757 km") al 63,50 della Paradise Oil.
La Tullow Oil, 670 dipendenti, sta cercando di colonizzare l'Atlantico sudamericano e cerca di farsi spazio tra le grandi imprese statali nazionali di Venezuela e Brasile, ma il suo centro nevralgico è l'Africa dove è già uno dei maggiori player del gas e del petrolio. Il gruppo ha interessi in più di 90 licenze in 22 Paesi e produce in 8 di questi 55.800 barili al giorno per un fatturato di 486 milioni di dollari, con un total capital expenditure di 651milioni di $, che non ne fanno certo un colosso in grado di affrontare le costose sfide tecnologiche dell'offshore iper-profondonto. Inoltre la maggior parte delle sorprese del 2010 si è concentrata in nuove attività in Africa che assicura il 90% del bilancio del gruppo e i maggiori investimenti sono previsti nei nuovi giacimenti per i quali è iniziato lo sfruttamento in Ghana e Uganda.
Questa attenzione per le due sponde meridionali dell'Atlantico l'ha spiegata alla Cayenna un geologo della Turow: «In un lontano passato il continente Sudamericano era molto vicino a quello africano. Anche dopo l'apertura dell'oceano Atlantico i loro territori geologici, e più in particolare i sedimenti più profondi, sono rimasti molto simili. Noi vogliamo così mettere a profitto la nostra esperienza nella regione africana occidentale, e in particolare in Ghana dove abbiamo fatto nel 2007 un'importante scoperta».