[26/01/2011] News
LIVORNO. Barroso permettendo, la commissione europea presenterà a giorni l’attesa comunicazione sulle materie prime essenziali per l’economia. L’entourage del presidente Antonio Tajani ci ha fatto sapere stamani che la sua relazione è pronta da settimane e che una data probabile per la pubblicazione potrebbe essere mercoledì prossimo. Il tema è di vitale importanza per l'economia e per l'ecologia e lo abbiamo già affrontato più volte.
Stiamo parlando dei 14 minerali qualificati come "essenziali" per l’economia europea: antimonio, berillio, cobalto, fluorite, gallio, germanio, grafite, indio, magnesio, niobio, metalli del gruppo del platino (MGP), terre rare, tantalio e tungsteno. Materie prime indispensabili sia per i prodotti a tecnologia avanzata, sia per i prodotti di consumo quotidiano, come telefoni cellulari, cellule fotovoltaiche a strato sottile, batterie agli ioni di litio, cavi di fibre ottiche, combustibili sintetici. Non è forzato dire che queste materie prime sono quindi fondamentali anche per la cosiddetta green economy. Il problema è la loro scarsità e la loro concentrazione in pochissimi paesi in primis Cina e Africa. Ma come evidente dalla lettura dei giornali, il boom dei costi delle materie prime non né esclude quasi nessuna.
Il Sole24Ore ci aiuta a capire il livello di analisi del fenomeno in atto in particolare oggi a pagina 4. Di Giovannini (Istat) le riflessioni - non è una novità - più interessanti: «Il meccanismo è sempre lo stesso, solo che oggi funziona con movimento inverso. Fino a poco tempo fa il mondo industrializzato con la domanda di materie prime condizionava i prezzi a livello globale e costringeva i paesi in via di sviluppo ad adeguarsi, anche se lì la domanda non c'era o era debole. Oggi il pendolo si è spostato: gli effetti di consumi crescenti nei paesi di nuova industrializzazione si scaricano sui paesi avanzati, dove la domanda stenta».
E il cambiamento, secondo Giovannini «al di là della componenti speculative, è strutturale. Ciò dovrebbe spingere i paesi industrializzati a rivedere politiche alimentari e agricole, orientando i consumi verso produzioni vegetali e locali». In questo caso parliamo di rame, nikel, petrolio, gomma, cotone e grano.
Come si puntualizza nell'articolo «prezzi di materie prime molto distanti tra loro per mille ragioni, sono spesso correlati: la gomma al petrolio; i cereali sempre al petrolio (sono utilizzati per i biocarburanti); il cotone alle produzioni agricole alimentari; le fibre sintetiche alle fibre naturali e - di nuovo - al petrolio».
Tanto che come inoltre ipotizza Claudio Colacurcio, economista di Prometeia per le commodity: «qualche governo potrebbe ridurre le coltivazioni tessili privilegiando quelle alimentari, anche per allentare le tensioni sociali». Ma quali sono le ragioni degli aumenti generalizzati? 1) aumento dei consumi nei paesi di nuova industrializzazione; 2) offerta ridotta a causa della crisi 2008-2009 che ha frenato gli investimenti; 3) scarsità di alcuni prodotti (siccità o alluvioni, cicli produttivi). E la speculazione? Per Colacurcio esiste eccome: «I consumi aggregati di commodity sono ancora inferiori al periodo pre-crisi».
Una tesi, quella della speculazione finanziaria sulla volatilità dei prezzi, sostenuta anche da Sarkozy che però si è visto bocciare dall'Ocse, secondo la quale «l'attività dei fondi indicizzati ha avuto tutt'al più un effetto marginale di amplificazione». Noi la pensiamo come Sarkozy e lo denunciamo da tempo, avendo inserito da tempo proprio la finanziarizzazione dell'economia, velocizzata in modo incontrollabile dall'informatizzazione, uno dei nodi più difficili da sciogliere per uscire dalla crisi economica ed ecologica.
Detto questo si arriva però al dunque: come si affronta questo boom delle materie prime? Almeno in occidente, dal nostro punto di vista, la strada è segnata. Cambiare modello di sviluppo e porre al centro la riduzione dei consumi di materia prima e di energia ponendo al centro il riciclo. Anche il Sole lo dice, pubblicando la storia della Magis, azienda veneziana che per produrre sedie di design ha scelto di puntare su "nuove" materie prime (legno liquido e plastica prodotta dal mais), è paradigmatica di come si deve (dovrebbe) reagire alla crisi strutturale cui stiamo assistendo e subendo.
Non mancano gli esempi anche in Toscana in questo senso, ma per far in modo che tutto questo funzioni bisogna ai livelli più alti investire (scegliere) massicciamente in risparmio (di energia e di materia), in efficienza nella produzione e nell'uso (di energia e di materia), in energie rinnovabili (eolico, geotermico, idroelettrico, fotovoltaico, maree, biomasse, ecc....) e in materie rinnovabili (spingere il riciclo di materia da processo e da prodotto e sostenerlo con incentivi esattamente come le rinnovabili).
Diversamente il mercato farà da sé e magari - crisi dopo crisi - arriverà pure alle stesse conclusioni, ma con tempi e modi che nessuno può permettersi socialmente e ambientalmente. Di questo si dovrebbe parlare anche in Italia, visto che questo boom dei prezzi delle materie prime sta investendo come uno tsunami anche la nostra economia, ma il governo è affaccendato in altri postriboli...