[03/02/2011] News

L'Europa e il global warming nel 2080: Italia, Spagna e Grecia le economie piĆ¹ vulnerabili

LIVORNO. Il rapporto "Physical and economic consequences of climate", commissionato dall'Unione europea e pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (Pnas), lancia un allarme ancora più pesante dei precedenti sulle conseguenze del cambiamento climatico nell'Ue e in particolare nell'Europa meridionale. Il team di scienziati spagnoli, britannici e olandesi che ha redatto il rapporto sottolinea su Pnas  che «Le stime quantitative dei danni economici del cambiamento climatico in genere si basano su aggregate relationships che collegano il cambiamento della temperatura media alla perdita del Prodotto interno lordo (Pil ). Tuttavia, vi è una chiara necessità di un ulteriore dettaglio di dimensione regionale e settoriale delle valutazioni d'impatto per la progettazione e la priorità delle strategie di adattamento. Nuovi sviluppi nel regional climate modeling e nel physical-impact modeling in Europa consentono una migliore 'esplorazione di queste dimensioni».

Il rapporto servirà alla Commissione Ue ed al Parlamento europeo per prendere le iniziative necessarie per affrontare il futuro climatico dell'Europa tenendo conto delle sue inevitabili ricadute economiche e si basa su diverse proiezioni su quello che succederà nel vecchio Continente entro i prossimi 69 anni.

I ricercatori spiegano che lo studio «Quantifica le potenziali conseguenze del cambiamento climatico in 4 categorie di impatto sul mercato: agricoltura, inondazioni fluviali, zone costiere e turismo; e un impatto non di mercato: salute umana. La metodologia integra una serie di proiezioni coerenti e ad alta risoluzione riguardanti il cambiamento climatico e modelli fisici in un quadro di modellizzazione economica. Abbiamo scoperto che se il clima del 2080 si verificasse oggi, le perdite annuali in benessere delle famiglie nell'Unione europea (Ue) derivanti dai quattro impatti di mercato sarebbero comprese tra lo 0,2 e l'1%. Se la perdita di benessere si presume sia costante nel tempo, il cambiamento climatico potrebbe dimezzare la crescita annua del benessere dell'Ue. Scenari con temperature più calde e in conseguenza un aumento più elevato del livello del mare, danno come risultato danni economici più gravi. Tuttavia, i risultati mostrano che ci sono notevoli differenze tra le regioni europee. L'Europa meridionale, le Isole Britanniche e l'Europa del centro-nord sembrano essere più sensibili ai cambiamenti climatici. Il Nord Europa, d'altro canto, è l'unica regione con benefici economici netti, trainati principalmente dagli effetti positivi sull'agricoltura. I sistemi costieri, l'agricoltura e le inondazioni fluviali sono i più importanti dei quattro impatti di mercato valutati».

Il giornale spagnolo  "Público" riassume così il rapporto: «Gli  hotel spagnoli non riceveranno più turisti provenienti dal nord Europa, la produttività dei campi soffrirà perdite del 25% e il livello del mare sulla costa crescerà di quasi un metro. Uno scenario quasi catastrofico per l'economia spagnola che ha una data: l'anno 2080».

Le conclusioni del rapporto sono che con il global warming in Europa quella che perderà di più economicamente è l'area mediterranea e soprattutto Italia, Spagna e Grecia. Una delle autrici dello studio, Ana Iglesias, dell'Universidad Politécnica di Madrid, spiega a "Público": «Non bisogna essere grandi scienziati per rendersi conto che, se aumenta la temperatura del continente, gli svedesi smetteranno di visitare le spiagge spagnole. Si, sono ovvietà. Però l'importante era capire quanto ed anticipare il quando».

Nello scenario peggiore, con un aumento di 5,4 gradi centigradi della temperatura media europea, le terre coltivate del Sud Europa ridurranno la loro produttività del 27%, mentre i Paesi del nord e baltici vedranno aumentare la loro produttività agricola del 52%. Anche se le vicende della siccità e degli incendi russi della scorsa estate dimostrano come questo riscaldamento del nord possa avere effetti imprevisti e catastrofici.  Invece, con un aumento del livello del mare di 88 centimetri, più di 5 milioni e mezzo di europei (1,2 milioni solo nelle Isole Britanniche) diventeranno profughi ambientali a causa delle inondazioni.

Il responsabile dello studio, Juan Carlos Císcar, dell'Institute for prospective technological studies dell'Joint research centre della Commissdione europea, spiega che «I nostri modelli climatici ad alta risoluzione  dimostrano le ricadute e l'impatto economico e solo la Scandinavia e la Danimarca beneficiano dei cambiamenti. Al contrario in Francia ed nel sud dell'Europa, appena salgono i gradi, la situazione peggiore in modo esponenziale. In Spagna, Italia e Grecia, tutti gli impatti del riscaldamento sono negativi e la vulnerabilità di fronte ad ogni cambiamento climatico è molto superiore che nel resto dell'Europa».

Questo lavoro, che integra il Libro bianco sull'adattamento ai cambiamenti climatici nell'Unione europea, propone soluzioni come la costruzione di dighe per affrontare la crescita del livello dei mari, ma Ciscar precisa: «Noi non diciamo cosa fare, forniamo dati ai politici per prendere decisioni che realizzino soluzioni corrette».

Speriamo che previsioni di questo tipo per l'Italia convincano anche i politici eco scettici, come i senatori italiani di Pdl e Lega Nord, che bisogna fare subito qualcosa per prepararsi ad un futuro che rischia di essere molto peggio dell'attuale stagnazione, "disseccando" settori importantissimi per il nostro Paese come il turismo e l'agricoltura. Ma forse all'epoca del bunga bunga chiedere alla politica italiana di pensare al benessere delle future generazioni, «Di capire quanto ed anticipare il quando» come dice Ana Iglesias, è chiedere troppo.  

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