[08/02/2011] News
LIVORNO. La ricetta della Confindustria sull'energia è contraddittoria: più efficienza, meno rinnovabili e con un punto centrale sì al nucleare. Non a caso la presidente Emma Marcegaglia si rifà ai giudizi del Gestore dei servizi energetici e dell'Authority per l'energia sui costi ritenuti eccessivi degli incentivi alle rinnovabili e soprattutto al fotovoltaico: «Siamo dell'idea che il Paese debba investire in fonti rinnovabili ma su questo tema ci deve essere una graduale riduzione degli incentivi che sono tra i più alti d'Europa». La Marcegaglia però non è d'accordo con i tagli del 55% all'efficienza energetica dell'ultima Finanziaria: «Siamo molto a favore dell'efficienza energetica, ma abbiamo fatto uno studio che dice che se noi avessimo mantenuto gli incentivi all'efficienza energetica che erano in piedi fino alla fine del 2010 e che sono stati cancellati oggi in parte noi avremmo potuto aggiungere lo 0,4% di Pil all'anno fino al 2020, creando 800mila nuovi posti di lavoro» e di «Risparmiare 3 miliardi di bolletta energetica a fronte di un costo di 1,5 miliari di euro all'anno». Ma la cosa che interessa più alla presidente di Confindustria è mantenere in piedi l'appetitosa panna montata del nucleare finanziata dallo Stato e se la prende anche con la decisione della Consulta che dice che devono essere coinvolte le Regioni nella scelta dei siti, arrivando a chiedere a Berlusconi, oltre all'annunciata e gradita modifica dell'articolo 41 della Costituzione «Anche la modifica del Titolo V per far sì che le grandi opere infrastrutturali energetiche tornino a una decisione nazionale».
Alla Marcegaglia rispondono indirettamente Greenpeace, Legambiente e Wwf che «Esprimono grave preoccupazione per le prese di posizione e strumentalizzazioni di questi giorni promossi dall'Autorità per l'Energia: si tratta di un attacco che mette in discussione il raggiungimento degli obiettivi europei al 2020, che sono vincolanti. Una campagna miope e strumentale per almeno due motivi: 1) L'impatto macroeconomico e occupazionale dello sviluppo delle rinnovabili è rilevante e fa sì che i maggiori costi abbiano effetti netti positivi, oltre che sull'ambiente, anche sull'economia (da 23 a 27 miliardi di euro al 2020 secondo lo studio IREX 2010); 2) Tutto il mondo sta investendo sulle rinnovabili, mentre gli investimenti sulle altre tecnologie sono in caduta libera». Una cosa che evidentemente non sfiora la nostra Confindustria, molto local e poco global quando si parla di energia.
Le tre grandi associazioni ambientaliste sottolineano che «L'opinione dell'Autorità, che concentra i suoi sforzi per ridurre la bolletta sulle rinnovabili, senza invece essere riuscita ad eliminare l'obbrobrio delle assimilate e di altri costi,è contraddetta anche in sede europea, in particolare dalla Comunicazione della Commissione europea "Renewable Energy: Progressing towards the 2020 target", dove - nel quadro dei suggerimenti per garantire il conseguimento degli obiettivi al 2020 - a proposito dei costi delle incentivazioni testualmente si afferma che "è essenziale che tali costi siano «fuori bilancio», cioè sopportati dai consumatori di energia piuttosto che dalla fiscalità, in modo da evitare le tipiche interruzioni «stop-start» ogni qual volta i bilanci degli stati diventano più vincolati". E' evidente che in tempi di magra, legare gli incentivi alle rinnovabili, cioè all'economia del futuro, alla bolletta, garantisce dai continui tagli di bilancio che hanno rischiato di cancellare persino la defiscalizzazione del 55% per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici (e nel 2010 ne hanno modificato in peggio le modalità). Va inoltre rilevato che gli incentivi non rappresentano soltanto un costo, hanno ricadute positive in termini economici (per non parlare di quelli sociali) che alla lunga prevalgono sui costi. Su questo tema esiste una vasta letteratura internazionale, e anche istituzioni scientifiche e autorevoli società di consulenza italiane sono pervenute a conclusioni analoghe. Inoltre, quando si contrappongono alle costose rinnovabili i cicli combinati o il nucleare, nessuno ricorda quanto il loro sviluppo è costato ai contribuenti, anche per il loro legame con le ricerche per scopi militari. Gli incentivi alle rinnovabili sono l'equivalente civile di quanto hanno fatto per altre tecnologie energetiche i programmi militari e spaziali, cioè incentivi all'innovazione. Non ci si straccia le vesti, peraltro, per quanto previsto dall'articolo 17 del decreto legislativo 31/2010 (Disciplina della localizzazione, della realizzazione e dell'esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare): "Con decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze sono individuati gli strumenti di copertura finanziaria e assicurativa contro i rischi di ritardi nei tempi di costruzione e messa in esercizio degli impianti per motivi indipendenti dal titolare dell'autorizzazione unica, con esclusione dei rischi derivanti dai rapporti contrattuali con i fornitori". Per due reattori EPR localizzati in un sito, una simile copertura potrebbe comportare oneri fino a diversi miliardi di euro. Soldi buttati, sia perché l'energia nucleare sta diventando obsoleta, sia perché gli Italiani il nucleare non lo vogliono, sia perché comunque arriverà tardi e costerà molto, ma molto di più delle rinnovabili».
Wwf, Legambiente e Greenpeace chiedono anche: «Perché l'Autorità non diffonde i dati su quanto ha pagato sinora il contribuente italiano per il nucleare? I costi del passato gravano ancora sulla nostra bolletta, ma questo non scandalizza l'Authority, e a quanto ci risulta ammontano a circa 400 milioni di euro l'anno».
Ai nuclearisti appassionati fino alla modifica della Costituzione gli ambientalisti dicono notano infine che «Ancora una volta, non riescono a usare il linguaggio della verità: affermano di non voler essere in competizione con le rinnovabili, e poi attaccano proprio gli incentivi alle rinnovabili. Forse per coprire l'enorme danno economico, oltre che di perdita di tempo, che il nucleare rappresenterebbe per l'Italia».
E sul caso interviene anche il Presidente nazionale dei Verdi Angelo Bonelli: «L'allarme lanciato dalle associazioni ambientaliste sull'attacco agli incentivi alla fonti rinnovabili è giusto e condivisibile. E' ormai evidente che per far spazio alla follia del nucleare, voluta con forza dal governo Berlusconi e dalle lobbies dell'energia, si è deciso di sferrare l'attacco finale alle rinnovabili attaccando gli incentivi che ne favoriscono la diffusione e la promozione in Italia».
«Quella di penalizzare le 'energie verdi' non solo è una scelta miope ed antistorica ma rischia di condannare l'Italia al declino - prosegue il leader del 'Sole che ride' -. Negli ultimi cinque anni gli occupati del solo settore del fotovoltaico sono passati da mille a oltre 20 mila: sarebbe da irresponsabili penalizzare oggi l'unico settore economico che regge nonostante la crisi economica».
«Mentre tutto il mondo, Usa compresi, hanno deciso di puntare su rinnovabili efficienza e risparmio energetico l'Italia continua ad assumere posizioni di retroguardia, rischiando di essere il fanalino di coda d'Europa in questo settore - conclude Bonelli -. Il tentativo di smontare pezzo per pezzo tutte le conquiste fatte negli anni precedenti per realizzare un sistema energetico che guardi al futuro e che non sia ancorato alla preistoria è sotto gli occhi di tutti: tutto per tirare la volata ad un nucleare antieconomico, antistorico, radiattivo e pericoloso».