[09/02/2011] News
LIVORNO. Rischia di crollare uno dei capisaldi dell'intervento italiano in Afghanistan, che permette al nostro Parlamento di negare l'evidenza della partecipazione di soldati del nostro Paese alla guerra: il presidente afghano Hamid Karzai ha chiesto alla Nato di avvertire i Provincial reconstruction team (Prt) di prepararsi a fare i bagagli e lasciare il Paese.
La richiesta è stata presentata come parte del passaggio di poteri dall'International security assistance force Nato all'esercito afghano, ma proprio per questo è evidente che il debole e corrotto governo di Kabul non vede i Prt come quello che propagandano le forze armate occupanti, ma come un elemento della presenza militare occidentale e della guerra ai talebani.
Infatti, un Prt è una unità composta da ufficiali militari, diplomatici, ed esperti in materia di ricostruzione, che dovrebbe lavorare alla stabilizzazione dell'Afghanistan attraverso aiuti alla popolazione e ricostruzione delle infrastrutture e dei presidi sanitari e sociali.
I Prt sono stati istituiti in Afghanistan tra la fine del 2001 e l'inizio del 2002 e dal 2008 operano anche in Iraq, sebbene con composizione e mission diversa. Comunque, in entrambi i casi, il compito dei Prt è quello di responsabilizzare i governi locali a governare i loro elettori in modo più efficace.
Il concetto alla base di un Prt afghano è quello di utilizzare unità miste civili-militari relativamente piccole per raggiungere tre obiettivi: miglioramento della sicurezza, estendere l'autorità del governo centrale afghano e facilitare la ricostruzione. Quest'ultimo aspetto è quello che ci viene ripetuto, mostrando la faccia "buona" del nostro intervento in Afghanistan, ogni volta che muore un nostro soldato: "Siamo li per aiutare gli afghani a ricostruire il Paese e a svilupparsi nella democrazia".
I 27 Prt afghani sono stati originariamente realizzati e gestiti dalle forze Usa come mezzo per facilitare gli sforzi di ricostruzione nelle province al di fuori del fortino della capitale Kabul. Dopo il coinvolgimento della Nato in Afghanistan, il comando di alcuni Prt è stato trasferito dagli Usa alle nazioni che fanno parte dell'Isaf. Tra questi c'è il Regional Command West, sotto comando italiano, che dal novembre 2008 gestisce 4 Prt: Herat, con militari e personale italiano; Chaghcharan (Lituania); Farah (USA); Qala i Naw (Spagna).
Karzai, con il suo solito equilibrismo prende le distanze dagli aiuti militari-civili dell'Isaf: «Siamo riconoscenti verso i Prt per il loro ruolo a livello del processo di ricostruzione dell'Afghanistan. Visto che la nostra capacità è migliorata grazie al sostegno della comunità internazionale, vogliamo che i Prt e tutte le istituzioni parallele prendano i bagagli e rientrino a casa loro. Non chiediamo loro di partire domani. E' un processo e noi vogliamo che finiscano le loro attività».
Un colpo al cerchio ed uno alla botte che però finisce per sfondare la botte dei Prt e mette a nudo la realtà dell'intervento umanitario dell'Isaf (e quindi delle truppe italiane) come parte dell'invasione militare dell'Afghanistan che nemmeno Karzai può più sostenere. Già nel settembre 2010 il presidente afghano aveva affrontato un altro pasticcio Nato/Usa, ordinando alle imprese di sicurezza private straniere di porre fine alle loro attività in Afghanistan.
Karzai ha detto che «Il governo afghano è pronto a riprendere le redini della sicurezza con il nuovo anno afghano che inizia il 21 marzo. L'Afghanistan è la casa degli afghani ed incombe agli afghani di proteggere il loro Paese e di difendere la loro libertà».
Il processo di trasferimento della sicurezza dalle truppe Nato alle forze armate afghane si concluderà solo alla fine del 2014, ma tutti sanno che l'esercito afghano non sarà in grado né di contrastare talebani né di resistere alle pressioni dei signori della guerra tagiki, uzbeki, dari ed alla frammentazione etnica del Paese se prima non verrà trovato un accordo con i ribelli musulmani e un'intesa sull'assetto del Paese. La presenza dei Prt disturba le trattative tra il governo Karzai e i talebani, che vedono l'umanitarismo militare occidentale come fumo negli occhi e come copertura per tentare di infiltrarsi politicamente e militarmente nelle comunità rurali.
Karzai, nel suo estremo equilibrismo per salvare un po' di potere e per mettere al riparo la sua famiglia coinvolta nei traffici di droga e nella corruzione, lo sa bene e avverte: «Benché abbiamo delle differenze con gli Stati Uniti riguardo alle vittime civili, siamo alleati ad amici degli Stati Uniti. Pensiamo che una relazione a lungo termine con gli Usa è nell'interesse dell'Afghanistan e degli Stati Uniti»... però gli Usa, gli italiani e la Nato devono togliere di giro i Prt e lasciare che il governo di Kabul tratti in pace con i talebani che ormai governano di fatto gran parte del Paese, svolgendo (purtroppo meglio e con più consenso) proprio le attività dei Provincial Reconstruction Team.