[15/02/2011] News
FIRENZE. E' una sentenza destinata ad entrare nella storia, un caso "scuola" che ha già iniziato a far discutere. Si tratta della sentenza emessa da una corte dell'Ecuador che ha condannato la Chevron al pagamento complessivo di oltre 9 miliardi di dollari per danni ambientali.
L'accusa alla multinazionale del petrolio, è quella di aver "massacrato" per trent'anni, con le sue attività, una parte della foresta amazzonica ecuadoriana con danni irreversibili all'ambiente e alla popolazione. La causa iniziata nel lontano 1993, era stata intentata dalle comunità indigene contro la società petrolifera Texaco (poi assorbita dalla Chevron nel 2001), ma i fatti risalgono addirittura agli anni tra il 1960 e il 1990.
L'accusa aveva richiesto addirittura 27 miliardi di dollari giustificandoli con un dossier immenso in cui erano contenute prove ritenute incastranti, sull'inquinamento delle acque e sull'aumento dei tumori nella popolazione.
Seppur con un notevole ridimensionamento e molti anni dopo, le ragioni dell'accusa sono stare riconosciute dal giudice che ha emesso la sentenza (Nicolas Zambrano): 8,6 miliardi di dollari l'ammontare del risarcimento per i danni provocati più un miliardo di dollari che la Chevron dovrà pagare alla Amazon defense coalition, l'associazione che raggruppa i promotori della querela.
Una brutta eredità quella della Chevron ma di cui era sicuramente a conoscenza quando ha acquisito la Texaco. Ora i suoi avvocati, che faranno ricorso, ritengono la sentenza "illegittima e inapplicabile" con stima dei danni gonfiata ad arte. Ma di fatto se la Chevron non si scuserà pubblicamente entro 15 giorni tramite annunci sui giornali americani ed ecuadoriani, la cifra del risarcimento potrebbe salire: infatti la sentenza prevede il raddoppio della multa.
Sul fronte dell'accusa l'Amazon defense coaliton esprime soddisfazione «È la prima volta che un popolo indigeno fa causa a una multinazionale nel Paese in cui i crimini sono stati commessi e ottiene giustizia», ma al contempo l'avvocato sceso in campo in difesa delle popolazioni indigene, Pablo Fajardo, afferma che i danni provocati dalla società petrolifera sono ben maggiori: «Abbiamo intenzione di presentare ricorso perché riteniamo che il risarcimento non sia sufficiente. Secondo un rapporto recentemente presentato in tribunale i danni potrebbero ammontare a 113 miliardi di dollari».
Tra ricorsi e contro ricorsi il governo del paese che in passato aveva consentito e condiviso l'azione delle multinazionali del petrolio sul suo territorio, ora è apertamente schierato con le popolazioni locali. Rafael Correa, presidente socialista dell'Ecuador dal 2007, ha affermato che nessun risarcimento restituirà la salute ai suoi concittadini e l'ecosistema dell'Amazzonia: «La società petrolifera ha commesso un crimine contro l'umanità. Villaggi interi sono stati sterminati a causa dell'inquinamento».