[09/09/2009] News
GROSSETO. Nel documento presentato da Josè Manuel Barroso (Nella foto) per la propria candidatura a guidare la Commissione per i prossimi cinque anni, su cui si esprimerà tra breve il parlamento, si dice che «Non sono tempi, questi, che consentano di adagiarsi nella routine come se nulla fosse, ciò di cui abbiamo bisogno è un'agenda di lavori all'insegna delle trasformazioni».
L'ambizione di Barroso è quella di portare l'Europa a svolgere un ruolo di leadership per costruire una diversa forma dell'ordine mondiale. Non certo una cosa da poco, ma Barroso non nasconde e lo dice in maniera esplicita che «l'Europa si trova di fronte a una scelta: o modelliamo collettivamente il nuovo ordine o l'Europa diventerà irrilevante».
Per questo il presidente uscente e che con molte probabilità ( a meno di sorprese dell'ultim'ora) verrà riconfermato alla guida dell'Europa a 27, pensa ad una strategia per «l'"UE 2020" (che) comprenderà un approccio più omogeneo e coordinato alla riforma delle economie europee tramite investimenti in nuove fonti di crescita. Questo significa promuovere la ricerca, lo sviluppo e l'innovazione. Significa rafforzare le competenze quale punto di partenza per la crescita occupazionale. Significa maggiore competitività e meno oneri amministrativi per potenziare la nostra base industriale, un settore terziario moderno e un'economia rurale prospera. Significa risolvere il nodo dei "collegamenti mancanti" nel mercato interno per realizzarne tutto il potenziale. Significa iniziative di lotta al cambiamento climatico e per la sicurezza energetica per rendere sostenibili le nostre economie e le nostre società. Significa costruire e installare le reti che useremo in futuro, tanto per la banda larga quanto nel caso di una nuova super rete europea per l'elettricità e il gas. E significa, infine, garantire finanze pubbliche solide».
Una strategia che Barroso prova a tradurre in iniziative concrete «per dare forma al tipo di economia sociale di mercato partecipativa e sostenibile nella quale noi tutti desideriamo vivere».
Naturalmente è la sua proposta di candidatura e non il programma della prossima Commissione la cui elaborazione Barroso, in maniera avveduta, rimanda alla competenza del nuovo collegio.
Si potrà dire- come già alcuni commentatori hanno fatto (vedi Munchau del Financial Times)- che si tratta di un progetto senza grandi doti di immaginazione, ma non si può negare che Barroso abbia ben chiaro che o l'Europa riuscirà a caratterizzarsi per le sue politiche nello scenario globale o rimarrà ai margini sia per il peso politico che per il peso economico che potrà esercitare in futuro, dato appunto il nuovo ordine mondiale che si sta delineando. Con paesi emergenti per peso economico quali India, Cina e Brasile e con il rinnovato ruolo di leadership che grazie all'amministrazione Obama gli Stati Uniti potranno svolgere.
Una forte caratterizzazione della politica europea potrebbe essere allora quella sulla svolta ecologica dell'economia, partendo non proprio da zero e con già alcuni punti dalla sua parte, come il pacchetto clima energia già approvato e che deriva dalla strategia delle tre 20 decisa a marzo del 2007, in cui si punta a ridurre in maniera indipendente entro il 2020 il 20% delle emissioni di Co2 (che diventeranno il 30% se ci sarà un accordo a livello internazionale) a aumentare del 20% l'efficienza energetica e il ricorso all'uso di fonti energetiche rinnovabili.
Un segnale chiaro di dove voler volgere la barra del timone che necessita adesso di strategie ambiziose per farlo diventare uno strumento operativo per «nuove forme di crescita» come dice Barroso.
E un segnale positivo della volontà di andare verso una direzione che non sia quella della crescita economica come sino ad ora è stata considerata, ma di misurarne gli aspetti di qualità anziché di quantità viene dalla proposta presentata dalla Commissione di sostituire il Pil con un indice ambientale globale, che comprenda mutamenti climatici, biodiversità, inquinamento atmosferico, uso delle risorse idriche e smaltimento dei rifiuti. Un nuovo approccio che evidenzia anche la necessità di disporre di informazioni più dettagliate sulle disparità economiche e sul benessere generale.
Una versione pilota di questo nuovo indice, come ha annunciato ieri il commissario all'ambiente Stavros Dimas, sarà pronta già a partire dal prossimo anno.
«Per far fronte alle sfide del XXI secolo abbiamo bisogno di politiche più integrate e più trasparenti - ha detto Dimas - e per poter elaborare queste politiche abbiamo bisogno di valutare meglio dove siamo, dove vogliamo andare e come possiamo arrivarci. Per cambiare il mondo, dobbiamo cambiare la nostra maniera di concepirlo e per questo bisogna andare oltre il Pil».
Certo non basterà cambiare indicatore per cambiare il mondo e la maniera di concepirlo, così come non sarà sufficiente l'individuazione di un nuovo indicatore per conquistare una leadership a livello globale, ma se la politica dei segni ha un valore, allora possiamo dire che intanto questo è un segnale che va nella direzione giusta.