[03/03/2011] News
LIVORNO Secondo lo studio "Consequences of climate change on the tree of life in Europe" pubblicato da "Nature" e in parte finanziato dal progetto "Challenges in assessing and forecasting biodiversity and ecosystem changes in Europe" (Ecochange), che ha ricevuto 7 milioni di euro nel quadro dell'area tematica "Sviluppo sostenibile, cambiamento globale ed ecosistemi" del Sesto programma quadro (6°Pq) dell'Ue, «Molte specie sono destinata a diventare vulnerabili ai cambiamenti climatici del ventunesimo secolo, con conseguenti effetti sulla struttura ad albero della vita.
Se le perdite non sono saranno distribuite in modo casuale lungo l'albero della vita, il cambiamento climatico potrebbe portare a una perdita sproporzionata della storia evolutiva. Qui abbiamo stimato le conseguenze del cambiamento climatico sulla diversità filogenetica dell'insieme di piante, uccelli e mammiferi in tutta Europa. Utilizzando il consenso tra l'insieme delle previsioni per il 2020, 2050 e 2080 e gli high-resolution phylogenetic trees, dimostrando che la vulnerabilità delle specie ai cluster dei cambiamenti climatici è debole per la filogenesi. Tale segnale filogenetico in specie vulnerabili non comporta una maggiore perdita della storia evolutiva rispetto a quanto previsto con un modello di estinzione casuale».
Quel che differenzia questo studio da altri è che il team di ricercatori ha indagato sugli effetti del mutamento climatico su gruppi filogenetici piuttosto che su gruppi tassonomici perché «Benché offrano informazioni chiave sulle relazioni evoluzionistiche, questi ultimi si basano su morfologia e funzione e sono, pertanto, meno precisi nella predizione di future evoluzioni. I gruppi filogenetici, invece, sono completamente basati sulle reciproche parentele genetiche tra le specie».
Lo studio ha utilizzato 6 modelli di distribuzione delle specie, 4 scenari riguardanti le emissioni e 3 modelli ad alta risoluzione del mutamento climatico, il team di ricerca ha modellato l'impatto potenziale del cambiamento del clima nel corso dei prossimi decenni su 1.280 piante, 140 mammiferi e 340 uccelli in Europa. A subire le conseguenze dei mutamenti climatici saranno soprattutto le specie più "isolate", rare ed a rischio.
Secondo i rapporti dell'Intergovernmental panel on climate change, circa il 20-30% delle specie del mondo potrebbe essere a rischio di estinzione se il riscaldamento globale superasse il limite dei 2,5 gradi, se raggiungesse i 3,5° C delle specie a estinguersi. sarebbero invece tra il 40 e il 70%. La nuova ricerca europea dimostra però che potrebbe non essere così: «Un'analisi di alberi filogenetici ad alta risoluzione rivela che, anche se l'albero potrebbe assottigliarsi a seguito del mutamento climatico, è improbabile che perda del tutto alcuni rami, pertanto la sua struttura complessiva rimarrà pressoché la stessa»,
Secondo il team di ricercatori francesi, spagnoli e portoghesi che hanno redatto lo studio «La riduzione della diversità filogenetica sarà maggiore in Europa meridionale, e vantaggi sono attesi nelle regioni ad alta latitudine o altitudine. Tuttavia, le perdite non saranno compensate dai guadagni e l'albero della vita dovrà affrontare una tendenza alla omogeneizzazione in tutto il continente».
Quello che preoccupa di più i ricercatori europei è che i cambiamento climatico possa innescare una perdita sbilanciata di diversità se le estinzioni non sono distribuite in modo non uniforme lungo l'albero della vita. Il principale autore dello studio, Wilfried Thuiller, del Laboratoire d'ecologie alpine del Centre national de la recherche scientifique (Cnrs), spiega su Cordis che «Per distinguere le estinzioni determinate dal mutamento climatico da quelle che si verificherebbero in condizioni normali abbiamo creato scenari di regolare estinzione disuniforme come parametro di controllo. In contrasto con le teorie precedenti, lo studio ha dimostrato che anche se l'albero della vita si assottigliasse un po', la struttura rimarrebbe intatta e non si verificherebbero significative perdite di biodiversità che, al contrario, si avrebbero solo se alcuni "rami" localizzati venissero totalmente eliminati». Secondo la ricerca «Il motivo è che le specie vulnerabili non hanno né un numero inferiore di parenti né parentele più strette degli altri cladi».
Lo studio spiega che la scomparsa delle specie nel corso della storia del pianeta non è una novità: «Il cambiamento è la regola nell'evoluzione. Solo 3% delle specie mai vissute sulla Terra sono ancora in vita. Il problema principale è, comunque, che l'attività umana sta accelerando questo processo». Ora gli scienziati i stanno cominciando a ritenere possibile che sia in corso una nuova estinzione di massa, come quella che ha innescato la scomparsa dei dinosauri 65 milioni di anni fa. Cordis sottolinea: «Benché nello studio non abbiano preso corpo previsioni sul numero di specie in estinzione a causa dell'attuale corso del mutamento climatico, i dati fanno suonare un campanello di allarme sul fatto che dobbiamo contenere questa minaccia e garantire la sostenibilità delle specie».
Miguel Araújo, dell'università di Évora e del museo nazionale di scienze naturali di Madrid, spiega che «Se le estinzioni non uniformemente distribuite lungo l'albero della vita saranno più o meno pericolose delle estinzioni localizzate in punti molto specifici dell'albero dipenderà soltanto dai livelli del mutamento climatico. Se l'estinzione è moderata, la perdita di parti specifiche dell'albero può essere più pericolosa delle estinzioni sparse, se non altro perché colpisce il potenziale dell'evoluzione sulla Terra. Ma se le estinzioni raggiungono il livello già sperimentato in casi di estinzioni di massa, allora un modello di estinzione più diffuso può essere catastrofico perché compromette il futuro di troppi gruppi biologici».