[08/03/2011] News
NAPOLI. Le specie viventi si stanno estinguendo a una velocità che ha rari precedenti nella vicenda della biodiversità sul pianeta Terra. A questo ritmo di estinzione in poche centinaia di anni ci troveremmo nel pieno di una grande estinzione di massa: la sesta nella storia della vita animale. In una review, un articolo di rassegna, pubblicato su Nature, Anthony D. Barnosky e un gruppo di altri ricercatori americani, sostengono che, a questo ritmo, nella migliore delle ipotesi il 75% degli anfibi scomparirà entro 4.500 anni; il 75% dei mammiferi scomparirà entro 7.600 anni e il 75% degli uccelli entro 11.500 anni.
Se questo scenario dovesse verificarsi, avremmo di gran lunga la più veloce estinzione di massa di ogni tempo.
La vita esiste sul nostro pianeta da almeno 3,5 miliardi di anni. In questa sua lunga storia sono vissute, si calcola, oltre 4 miliardi di specie viventi. Oggi, non sappiamo quante specie vivono sul nostro pianeta. Quelle classificate dai tassonomisti sono inferiori a 2 milioni. Ma molte - secondo alcuni, la maggior parte - sono ancora sconosciute. Ma anche secondo le stime più estensive e, probabilmente, esagerate le specie ora viventi non dovrebbero superare il numero di 100 milioni (le valutazioni più accreditate concordano su una cifra compresa tra 5 e 30 milioni).
È chiaro, dunque, che la gran parte delle specie apparse sul pianeta - oltre il 99,9% - si sono estinte. Tuttavia la morte di una specie è, in tempi normali, compensata da una speciazione, ovvero dall'apparizione di una nuova specie. Anzi il tasso di nascita, in genere, tende a superare quello di estinzione, cosicché la biodiversità del pianeta negli ultimi 540 milioni di anni (da quando esiste la vita animale) tende ad aumentare in maniera abbastanza lineare. Tranne improvvise crisi, durante le quali il rapporto si capovolge e, in media, muoiono molte più specie di quante ne nascano. Quando questo capovolgimento del rapporto tra estinzioni e speciazioni si prolunga nel tempo, si hanno "estinzioni di massa": la biodiversità diminuisce. Quando il numero di specie che si estinguono supera il 75% di quelle viventi fino all'inizio della crisi, i paleontologi per convenzione parlano di "grandi estinzioni di massa".
Negli ultimi 540 milioni di anni ci sono state 5 "grandi estinzioni di massa". Nel Permiano, 220 milioni di anni fa, si estinse addirittura il 96% delle specie. Nel Cretaceo, nel corso dell'ultima "grande estinzione di massa", si sono estinte la gran parte delle specie di dinosauri, il che ha lasciato campo libero all'evoluzione e alla crescita di biodiversità dei mammiferi. Già perché dopo ogni "estinzione di massa" e anche dopo ogni "grande estinzione di massa", la crescita della biodiversità riprende e tutto ritorna come se l'estinzione non fosse mai avvenuta.
Il fatto è che questi processi - le estinzioni di massa e i recuperi - avvengono in tempi lunghi. Ciascuna delle cinque "grandi estinzioni di massa", per esempio, è durata da alcune centinaia di migliaia fino a 2 milioni di anni. Inoltre nessuna si è sviluppata con un processi lineare e continuo. Durante una fase di estinzione, ci sono periodi in cui le specie muoiono a velocità relativamente rapida e altri in cui le morti avvengono con frequenza più lenta (ma sarebbe più giusto parlare di rapporto estinzione/speciazione).
Ebbene, sostengono Anthony D. Barnosky, negli ultimi 500 anni il tasso di estinzione delle specie è stato molto alto. Più alto anche delle fasi più accelerate che si sono verificate nel corso delle 5 "grandi estinzioni di massa".
Il che farebbe pensare che stiamo andando incontro alla sesta "grande estinzione di massa". Ma prima di giungere a questa conclusione occorre rilevare alcuni difetti di conoscenza. In primo luogo non possiamo sapere - non con molta definizione di dettaglio - cosa è avvenuto nel passato remoto. Possiamo avere medie attendibili di estinzione per periodi non inferiori ad alcune decine di migliaia di anni. È difficile valutare cosa è successo in periodi brevi, di pochi secoli.
Inoltre abbiamo difetti di conoscenza anche sul presente. Non sappiamo, come abbiamo detto, quante specie sono presenti sulla Terra. E inoltre, secondo i dati della International Union for Conservation of Nature (IUCN), abbiamo studiato il rischio di estinzione solo del 2,7% degli 1,9 milioni di specie conosciute.
Ma al netto di tutto ciò e sulla base di calcoli con un certo margine di incertezza, Anthony D. Barnosky e i suoi collaboratori sostengono che la velocità attuale di estinzione è senza precedenti e che potremmo arrivare alla "sesta grande estinzione di massa" nel giro di poche migliaia di anni. Ovvero con una velocità di un paio di ordini di grandezza superiore a quella sperimentata nelle cinque "grandi estinzioni di massa" conosciute.
In passato le "grandi estinzioni" sono state frutto di una serie di concause. L'ultima, avvenuta intorno a 65 milioni di anni fa, nel Cretaceo, è stata frutto a quanto pare non solo dell'impatto di un grosso asteroide caduto nello Yucatan, ma anche di una forte attività vulcanica, di grandi attività tettoniche che hanno alterato gli equilibri biogeofisici, di eutrofizzazione degli oceani.
Anche oggi ci sono una serie di concause che generano l'alto tasso di estinzione: i cambiamenti del clima, la frammentazione degli habitat, l'inquinamento, l'accesso di pesce pescato e di animali cacciati, la frequente irruzione di "specie aliene" in ecosistemi impreparati, la maggior circolazione di patogeni. In tutte queste concause c'è l'impronta umana. Questo rende la "sesta grande estinzione di massa" non solo singolare, ma anche evitabile. Se la vogliamo evitare, dicono Anthony D. Barnosky e i suoi collaboratori, siamo ancora in tempo.