[09/03/2011] News
FIRENZE. Legambiente insieme a Arpa Toscana e Arpa Emilia Romagna ha presentato in Senato il dossier "L'impatto della plastica e dei sacchetti sull'ambiente marino", che sintetizza i principali studi scientifici sull'inquinamento da plastica in mare conseguente all'abbandono. «L'Italia è un Paese doppiamente esposto al problema della dispersione della plastica e dei sacchetti in mare - ha sottolineato Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente - Lo è sia perché è la prima nazione per consumo di sacchetti di plastica ‘usa e getta', visto che commercializza il 25% del totale degli shopper in tutta Europa, ma anche perché si affaccia sul mar Mediterraneo, coinvolto come i mari del resto del Pianeta dall'inquinamento da plastica».
«Per queste ragioni- ha continuato Ciafani- il nostro Paese ha giustamente adottato con la legge finanziaria 2007 il bando sugli shopper non biodegradabili in vigore dal 1 gennaio scorso. La Commissione europea, dunque, non può che salutare con favore questa novità normativa italiana, come ha recentemente fatto il Commissario europeo per gli affari marittimi e la pesca, Maria Damanaki, in occasione dell'incontro con il ministero dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo, favorendo la sua esportazione anche negli altri 26 paesi membri».
Secondo lo studio, la plastica abbandonata rappresenta il principale rifiuto rinvenuto nei mari poiché costituisce dal 60% all'80% del totale dell'immondizia trovata nelle acque, problema che riguarda anche la Toscana. Secondo il monitoraggio effettuato dall'Arpat, nell'arcipelago toscano in un'ora sono stati prelevati dai pescatori con reti a strascico 4 kg di rifiuti, di cui il 73% costituito da materiale plastico, soprattutto sacchetti.
Ma la situazione non è migliore nel resto del Mediterraneo dove, in base agli esiti di International Coastal Cleanup, tra il 2002 e il 2006 i sacchetti di plastica sono risultati il quarto rifiuto più abbondante dopo sigarette, mozziconi e bottiglie. Secondo l'Istituto francese di ricerca sullo sfruttamento del mare e l'Università belga di Liegi, nell'estate 2010 la concentrazione più alta nel Mediterraneo era nel nord del Tirreno e a largo dell'Isola d'Elba con 892.000 frammenti plastici per km2, rispetto ad una media di 115.000.
Il senatore Francesco Ferrante del Pd, a fronte di questi dati, torna sul divieto di commercializzazione degli shopper di cui è stato l'ideatore con un emendamento alla finanziaria del 2007: «Il divieto consente all'Italia di svolgere un ruolo di battistrada in Europa. La decisione è stata presa per porre fine ad un tipo di inquinamento particolarmente pervasivo e permanente: solo il 27% dei sacchetti di plastica a fine vita sono intercettati dalla corretta gestione dei rifiuti, la stragrande maggioranza finisce abbandonata in mari, fiumi e terreni agricoli. I sacchetti di plastica prodotti con il petrolio, rappresentano la causa di avvelenamento del terreno e della morte di una gran quantità di animali marini, come dimostra in maniera chiara lo studio presentato oggi». Le conseguenze dell'abbandono dei sacchetti di plastica in particolare sono pagate soprattutto da mammiferi e uccelli marini, e dalle tartarughe che scambiano le parti di sacchetti di plastica per meduse rimanendone poi soffocate dopo l'ingestione (lo testimoniano numerosi studi di università canadesi, brasiliane, spagnole e italiane riportati nel rapporto delle due Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente).
«Abbiamo preannunciato al ministero dell'Ambiente - ha continuato il senatore del Pd - che invieremo loro questo dossier, che siamo certi si dimostrerà uno strumento efficacissimo da utilizzare nella risposta che l'Unione europea sarà tenuta a dare in seguito al ricorso presentato dalla lobby della vecchia plastica, che tenta ancora di opporsi all'evidenza dei fatti. Ricorso che rischia probabilmente di essere un boomerang, perché la vecchia industria della plastica europea teme l'esempio italiano, e l'orientamento favorevole della Commissione preannuncia la pietra tombale per i sacchetti di plastica non biodegradabile in tutta Europa» ha concluso Ferrante.