[10/03/2011] News
ROMA. Il Ministro Romani e i "ghost-writers" del famigerato decreto legislativo 3 marzo 2011 hanno fatto male i loro conti. Se, infatti, può essere facile sopprimere un cucciolo neonato, talvolta i giovani leoni possono vendere cara la pelle. Il settore industriale, economico e finanziario connesso alle energie rinnovabili, prima tra tutte il fotovoltaico è ormai cresciuto, anche nella consapevolezza, come hanno dimostrato oggi le migliaia di persone, tra imprenditori, lavoratori, rappresentanti di istituti di credito e fondi d'investimento, associazioni ambientaliste e semplici cittadini che hanno affollato il Teatro Quirino di Roma e le strade circostanti - perché tanti, troppi sono rimasti fuori! - e le migliaia di altri gruppi di persone che hanno seguito la diretta su internet dell'intero evento, che hanno trasmesso video, messaggi, segnalazioni di ogni tipo.
Enorme è lo sconforto per le conseguenze immediate del decreto, che - stando anche agli accorati e a tratti commoventi interventi e appelli di moltissimi imprenditori (così diversi dall'immagine di "biechi speculatori" affibbiata dal Governo e da certi settori di Confindustria) - letteralmente "manda a casa" subito decine di migliaia di lavoratori di età media straordinariamente bassa e in gran parte localizzati al sud e al centro Italia, fa chiudere migliaia di aziende, espone le banche e gli investitori italiani ed esteri per decine di miliardi di euro, provoca un danno economico quantificabile al minimo nel 1% del PIL e un danno diretto all'erario, quindi alle casse dello Stato, per quasi 20 miliardi di euro (per non parlare dei costi della cassa integrazione e dei sussidi di disoccupazione), oltre che impedire ai Comuni di ricevere centinaia di milioni di euro all'anno in "compensazioni ambientali", tanto attese nella corrente penuria di trasferimenti statali.
Grande è anche la delusione e l'imbarazzo che un provvedimento scellerato e strumentale come questo ha già e definitivamente procurato al sistema-Italia, visto ormai dall'estero come un sistema inaffidabile e privo anche della minima certezza del diritto necessaria per intraprendere iniziative imprenditoriali e industriali di qualche rilievo, come è stato sottolineato da numerosi interventi.
Se lo sconforto e la delusione sono enormi, non meno gigantesca è la volontà di controbattere e rilanciare immediatamente, forte di un consenso straordinario e crescente nel Paese.
Qualche sussurro, almeno, deve essere arrivato anche alle orecchie finora insensibili del Ministro Romani, che infatti per martedì prossimo ha convocato un tavolo aperto alle organizzazioni di categoria, alle banche e alle associazioni per discutere come attenuare le conseguenze disastrose del decreto, cosa che avrebbe dovuto fare prima della solenne figuraccia calata sull'intero Paese!
Come al solito, si constata che non funziona il concetto di "tecnologia buona o cattiva", ma tutto si gioca sui rapporti di forza: da una parte, l'industria petrolifera e del gas, e l'emergente lobby del nucleare, che vedono nelle incentivazioni soprattutto al fotovoltaico, ma anche all'eolico, una "concorrenza" con le incentivazioni "CIP6" agli scarti di raffineria e altre schifezze (per altro ripetutamente stigmatizzate dall'Unione Europea) e alle inevitabili incentivazioni pubbliche al nucleare (che con i soldi privati non si farà mai!), dall'altra una organizzazione finalmente unitaria e consapevole dell'imprenditoria delle fonti rinnovabili, forte di un'occupazione pari a tante volte la FIAT, di un fatturato di decine di miliardi di Euro, e della consapevolezza, che deve essere arrivata anche alle sensibilissime orecchie dei nuclearisti, che con il trend corrente entro metà del prossimo anno il solo fotovoltaico produrrà tanta energia - attenzione, non potenza, proprio energia - quanta ne potranno erogare le quattro fantomatiche centrali nucleari ma al minimo tra dieci lunghi anni!
L'impressione palpabile è che il Governo stia giocando col fuoco, e non solo quello scatenato, molto civilmente, dagli imprenditori, dalle banche e dalle relative organizzazioni di categoria, ma anche con quello delle decine di migliaia di lavoratori che anche oggi, a Roma, hanno fatto sentire la loro voce decisa, dicendosi preparati a qualsiasi azione di protesta civile nel caso in cui le conseguenze del decreto si manifestassero concretamente anche in termini di rischio del posto di lavoro.