[16/03/2011] News
BRUXELLES. La Commissione europea ha chiesto all'Italia di «Rispettare la normativa ambientale europea per garantire che il progetto di risanamento di uno stabilimento chimico dismesso, in Liguria, non ponga rischi per la salute umana o per l'ambiente. Poiché finora l'Italia non ha affrontato la questione in modo soddisfacente, la Commissione, su raccomandazione del commissario per l'Ambiente, Janez Potočnik, ha inviato un parere motivato. L'Italia dispone di due mesi per reagire. In mancanza di una risposta soddisfacente entro tale periodo, la Commissione potrebbe decidere di adire la Corte di giustizia europea in merito».
Il 9 ottobre 2009 la Commissione Ue aveva inviato all'Italia una lettera di costituzione in mora nella quale sottolineava «La necessità di assicurare che progetti di questo tipo, potenzialmente pericolosi, siano autorizzati, eseguiti e monitorati dopo il completamento nel pieno rispetto della direttiva sulla valutazione dell'impatto ambientale e della direttiva sulle discariche. Poiché l'Italia non dimostrato in modo convincente alla Commissione di avere ottemperato agli obblighi relativi alla tutela della salute umana e dell'ambiente, la Commissione ha deciso di inviare un parere motivato».
Si tratta del risanamento dell''ex area industriale della famigerata Acna di Cengio, dove si trova una discarica per terreni inquinati e rifiuti pericolosi e la Commissione sottolinea che «Ai sensi della direttiva 85/337/CE (direttiva sulla valutazione dell'impatto ambientale) i progetti per i quali si prevede un impatto ambientale rilevante, per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, devono essere sottoposti a una valutazione dell'impatto prima che venga concessa l'autorizzazione. Una valutazione dell'impatto ambientale è obbligatoria per gli impianti di smaltimento destinati a discarica di rifiuti pericolosi. Tuttavia, le autorità italiane hanno autorizzato il progetto di risanamento senza effettuare tale valutazione. Poiché il sito non è riconosciuto come discarica o discarica risanata, è possibile altresì che non siano stati rispettati nemmeno i requisiti rigorosi previsti dalla direttiva 1999/31/CE (direttiva sulle discariche) a tutela della salute umana e dell'ambiente. Le discariche contenenti rifiuti pericolosi possono essere estremamente nocive per l'ambiente e la salute perché le sostanze chimiche velenose possono penetrare nelle acque sotterranee della zona. Per questo devono essere costruite, gestite e monitorate con estrema attenzione prima e dopo la chiusura, come previsto dalla direttiva sulle discariche».
La direttiva sulla valutazione dell'impatto ambientale prevede che i potenziali impatti dei progetti sull'ambiente siano individuati e valutati prima che venga concessa l'autorizzazione, in modo da consentire ai responsabili della progettazione di modificarli per ridurre al minimo gli impatti negativi in maniera preventiva. La direttiva sulle discariche è intesa a prevenire o ridurre gli effetti negativi delle discariche di rifiuti sull'ambiente, in particolare su acque di superficie, acque sotterranee, suoli, atmosfera e salute umana. Essa fissa orientamenti rigorosi per la gestione dei siti.
La questione era stata risollevata solo a dicembre da Stefano Leoni, presidente del Wwf Italia, dopo le affermazioni dell'allora capo della protezione civile e sottosegretario Guido Bertolaso che dava per realizzata la bonifica del sito di interesse nazionale Cengio, Saliceto e del fiume Bormida, parole bollate come «Palesemente false e smentite dalla realtà. Basta andare sul posto e vedere che è in corso un cantiere per la realizzazione della discarica nella cosiddetta zona A1». Per Leoni «I tempi per il completamento dei lavori da cronoprogramma del resto sono previsti per il 2013, con un ritardo rispetto a quanto era stato preventivato di oltre due anni. Sostanzialmente si è verificato quello che il Wwf aveva affermato nel 2005, quando per motivi di basso interesse politico e scarso interesse per la tutela dell'ambiente, fu cambiato l'ufficio commissariale. Il Wewf Italia sostenne, infatti, che ciò avrebbe ritardato le operazioni di bonifica, perlomeno a causa della totale impreparazione sulla materia da parte del nuovo commissario. Così è stato». Già allora il Panda ricordava che ci si era "dimenticati" di svolgere la Via (Valutazione di Impatto Ambientale) sulla discarica e questo ha aperto una nuova procedura di infrazione comunitaria nei confronti del nostro Paese.
Secondo gli ambientalisti bisogna «Completare la bonifica nella zona A3, ossia nelle aree esterne al sito industriale, quindi procedere al completamento della zona A1, ossia della messa in sicurezza permanente di circa 4 milioni di tonnellate di rifiuti altamente tossici e nocivi. Per ottenere ciò, occorre completamente rimodellare il piano di campagna, completare l'impermeabilizzazione, verificare l'assestamento del terreno a seguito dei drenaggi del percolato, continuare a trattare il percolato per non inquinare il fiume, operare il definitivo ripristino ambientale».
Ma questi lavori non sono ancora sufficienti a certificare l'area: «Occorre, infatti, svolgere il monitoraggio per verificare che i sistemi di contenimento realizzati funzionino. L'accertamento della tenuta è fondamentale, non bisogna dimenticare che dietro quei muri ci sono complessivamente oltre 6 milioni di tonnellate di terreni altamente inquinati. Chiunque possa pensare che terminati i lavori si possa ricominciare come se nulla fosse successo non solo dimostra ignoranza, ma anche un atteggiamento criminale. Infatti, il piano di monitoraggio non può essere solo basato sulla verifica dei dati analitici delle acque o dei terreni, ma deve essere accompagnato da un programma di manutenzione ordinaria e di intervento straordinario in caso di cedimento. Quanto deve durare il periodo di monitoraggio post operam? Qui valgono per analogia le disposizioni previste per le discariche, ossia 30 anni. Cosa potrà accadere al termine del piano di monitoraggio? Se le opere saranno state condotte ad arte, si potrà certificare l'avvenuta bonifica, con le limitazioni d'uso previste. Se si rileveranno cedimenti o perdite, occorrerà di nuovo intervenire e di nuovo condurre un monitoraggio. Ma non sarà possibile procedere alla certificazione di avvenuta bonifica».
Il Wwf Italia chiede alla politica «Eviti di strumentalizzare un dramma non solo ambientale, ma anche sociale; torni ad avere sulla bonifica della Valle Bormida un rapporto franco e trasparente con i cittadini; proceda alla rivendicazione del danno ambientale, riconoscendo alla valle piemontese il ristoro delle proprie ferite; completi le operazioni di bonifica che la conferenza di servizi del novembre 2007 individuò sulla Valle Bormida, ma "dimenticate" dalle amministrazioni regionali; effettui una Vianazionale, e non solamente ligure, sul sito di Cengio; avvii un processo partecipativo sul modello dell'Agenda XXI per definire un piano sviluppo della Valle Bormida».