[14/09/2009] News toscana
FIRENZE. Nell'autunno di due anni fa si tennero a Firenze gli Stati generali sulla sostenibilità dell'economia e della società toscane e gli effetti dei cambiamenti climatici sulla nostra regione. Due anni dal punto di vista climatico non sono niente, ma dal punto di vista politico e delle emergenze sociali oltre che ambientali (la crisi finanziaria aveva già annunciati i suoi sconquassi in quello stesso anno, fin dall'agosto) fanno la differenza tra essere pronti e non esserlo. E non lo siamo. Non solo siamo in difficoltà a definire politiche coerenti in materia strettamente economica e di salvaguardia dell'occupazione ma i nostri governi locali (lasciando perdere quello nazionale - sic!) tardano a prendere atto del gigantesco fallimento del mercato non solo dal punto di vista economico ma soprattutto da quello, ancor più drammatico, del conteggio dei costi dei cambiamenti climatici. Come dire che dall'autunno del 2007 su quel versante non si è fatto nulla o quasi. Non sappiamo così quanti e quali costi conteggiare nei bilanci pubblici e quali caricare in quelli del settore privato o in termini di servizi alle persone, relativamente, ad esempio, all'aumento della siccità in ampie zone della Toscana o delle precipitazioni improvvise e violente, delle medie temperature estive (ma non solo) quando gli effetti del caldo si sentono di più.
Dovremmo invece fare in modo che il mercato, istituzione storico-sociale e non Re-Mida, sia adeguato ai cambiamenti sociali e ambientali in atto conteggiando i costi indiretti, come quelli ambientali e dei cambiamenti climatici, ma anche quelli diretti della distruzione di capacità di lavoro e di conoscenza e capacità produttive che la crisi della domanda e dell'occupazione portano con se, caricandoli anche sui costi d'impresa e non sul solo e inadeguato sistema di protezione sociale. Si può cominciare anche dalla Toscana lanciando ai confusi cittadini una proposta chiara per il futuro dei loro figli e nipoti: una scommessa sociale e sul lavoro che si fondi su un nuovo patto fiscale fra sistema pubblico, imprese, famiglie e cittadini che contribuisca a ridurre le tasse sul reddito (da lavoro prima di tutto) e aumenti quelle sulle emissioni di CO2 e sui consumi di territorio e "risorse" ambientali.
Un patto che abbia i tempi di almeno un paio di legislature regionali in modo che tutti possano pianificare le scelte fondamentali da fare sulla base di un preciso e dettagliato programma di riqualificazione ambientale del sistema economico e produttivo, dei trasporti, dei consumi e dei comportamenti a partire dalla riduzione degli impatti sul clima e degli effetti dei cambiamenti climatici già in atto, come hanno fatto e stanno facendo le regioni di Londra e Barcellona. La regione parla da tempo di "Distretto produttivo toscano", lo facciano!
Agiscano per ristrutturare l'intero sistema economico e produttivo della regione, ristrutturazione che è urgente anche per le gravi difficoltà che esso dimostra nello stare al passo con i processi di cambiamento sui mercati internazionali e per questa via ridurre i costi economici e ambientali, determinare nuovi contenuti e qualità del lavoro (che invece sta peggiorando rapidamente), nuova occupazione.