[25/03/2010] News
FIRENZE. I mari italiani "appaltati" alle multinazionali del petrolio? Pare di sì e secondo i senatori del Pd Roberto della Seta e Francesco Ferrante di mezzo c'è lo "zampino" dei governi di centro-destra. «Un'escalation impressionante quella che si è avuta negli ultimi anni coi governi Berlusconi, dal 2001 al 2006 e dal 2008 a oggi: sono ben 16 le attività autorizzate nei nostri mari per l'estrazione o la ricerca di petrolio, coinvolgono ben 7 regioni (Puglia, Emilia Romagna, Marche, Sicilia, Sardegna, Abruzzo e Molise) in aree quasi sempre vicinissime a tratti costieri a vocazione turistica. A questi interventi già autorizzati vanno aggiunte altre 10 procedure di Via (Valutazione d'impatto ambientale) e 3 verifiche di assoggettabilità a Via ancora in corso». Il dato emerge dall'analisi, effettuata dai due parlamentari, sulle Via rilasciate dal governo Berlusconi in questi ultimi due anni in merito alle ricerche di idrocarburi offshore.
«Le aziende petrolifere straniere come Northern Petroleum, Petroceltic, Puma sono quelle che fanno la parte del leone nella trivellazione dei mari di casa nostra, oltre all'italiana Eni-hanno continuato Della Seta e Ferrante- Tra le zone maggiormente interessate il canale di Sicilia, il mare della Romagna e della Puglia, l'isola di Lampedusa, persino la Sardegna al largo delle spiagge del Sinis, in un angolo di paradiso che dall'isola di Mal di Ventre corre fino alle coste di Bosa. Insomma sembra che i nostri mari siano destinati a cambiare fisionomia, assomigliando sempre più al Mar del Nord delle grandi piattaforme petrolifere». Non è solo un problema "estetico" con ricadute sul turismo quello evidenziato dagli esponenti del Pd ma un'insieme di operazioni ad alto rischio a "zero vantaggi" per il nostro Paese.
«Questa ricerca di oro nero sui fondali non porterà nessun vantaggio agli italiani, perché oltre alle ricadute negative sul turismo, il petrolio del basso Adriatico è di cattiva qualità: è bituminoso, ha un alto grado di idrocarburi pesanti, è ricco di zolfo. E poi il problema dell'inquinamento- proseguono Della Seta e Ferrante- Le attività di perforazione e produzione di petrolio dal fondo marino contribuiscono per il 2% all'inquinamento marino: i fluidi e fanghi perforanti che sono usati per portare in superficie i detriti, sono tossici e difficili da smaltire, contenenti tracce di cadmio, cromo, bario, arsenico, mercurio, piombo, zinco e rame, che finiscono nei pesci che portiamo in tavola». In questo quadro ai senatori del Pd tornano in mente le parole del premier pronunciate alla manifestazione di sabato scorso «Più alberi e più verde, ha fatto giurare Berlusconi ai suoi candidati alle Regionali. Sara, ma intanto più trivelle nei nostri mari alla ricerca di idrocarburi».