
[30/09/2010] News
LIVORNO. All'Assemblea generale dell'Onu, i Piccoli Stati insulari sembrano aver scatenato un'offensiva per aprirsi la strada verso la conferenza internazionale sul clima di Cancun. Il ministro degli esteri di Barbados, Maxine Pamela Ometa McClean, ha lanciato per prima l'allarme: «Un accordo globale non potrà essere raggiunto a Cancun, ma il meeting di novembre si deve chiudere con un impegno mondiale a dare la priorità ai più vulnerabili ed a fornire i finanziamenti fast-track. Per il successo di Cancun è essenziale che si arrivi ad un'intesa comune su come, quando e dove verrà portato a termine un accordo internazionale sul clima giuridicamente vincolante». .
Il ministro degli esteri e vice-premier di un altro Stato caraibico, Theodore Symonette Brent delle Bahamas, ha chiesto «Di prestare particolare attenzione alle esigenze degli Small island developing States (Sids) e degli altri Paesi vulnerabili. Le Bahamas sono il quinto Paese più vulnerabile all'innalzamento del livello del mare. Siamo un Paese con emissioni di gas serra trascurabili, eppure soffriamo dei risultati catastrofici delle emissioni che non sono stabilizzati e ridotte in tutto il mondo. Secondo la scienza, un aumento di temperatura di 2 gradi Celsius comporterà un aumento del livello del mare di due metri. Un tale evento sommergerà l'80% del nostro territorio».
Anche Arvin Boolell, ministro degli esteri di Mauritius, ha sollecitato un intervento urgente a favore dei Sids: «Dato che i cambiamenti climatici sono indissolubilmente legati alla realizzazione degli Obiettivi per lo sviluppo del Millennio, gli Sids dovrebbero avere un accesso semplificato sia ai finanziamenti fast-track che alle risorse a lungo termine. Questi finanziamenti per l'adattamento dovrebbero essere sotto forma di sovvenzioni e non di prestiti».
Il primo ministro di Grenada, Tillman Thomas, è molto preoccupato: «Il cambiamento climatico, che sta già minando le piccole economie, deve restare in cima all'agenda diplomatica e negoziale globale. I finanziamenti Fast-track raggiungeranno solo una piccola percentuale dei Paesi in via di sviluppo, e questo deve essere corretto in maniera molto chiara, soprattutto per gli Sids».
Per i piccoli Stati insulari quello di Cancun è l'ennesimo appuntamento cruciale per il global warming, il perché lo ha spiegato molto bene all'Assemblea generale dell'Onu il rappresentante permanente di Saint Vincent e Grenadine, Camillo Gonsalves: «Minaccia di distruggere il nostro mondo, mentre stanno spudoratamente litigando su dollari e gradi. Saint Vincent e Grenadine non ha alcun interesse a giocherellare allegramente mentre la Terra annega, soffoca o si ustiona. Il cambiamento climatico è la sfida globale del nostro tempo e il fallimento e il ritardo non può essere più un'opzione praticabile».
Anche uno Stato dell'altra parte del mondo, le Tuvalu, ha condannato la lentezza dei progressi dei negoziati sul cambiamento climatico della Framework Convention on climate change dell'Onu (Unfccc) e soprattutto la mancanza di impegni concreti da parte dei Paesi principali responsabili delle emissioni di gas serra. Afelee Falema Pita, rappresentante permanente di Tuvalu all'Onu, ha detto: «Il mio Paese vorrebbe vedere prendere a Cancun tre impegni fondamentali. In primo luogo, vorremmo vedere un accordo su tutti gli emendamenti e i regolamenti per il protocollo di Kyoto, in modo che tali emendamenti siano pronti per la ratifica, al fine di evitare un vuoto nel periodo di impegni. In secondo luogo, bisogna decidere su un mandato per avviare negoziati per un nuovo accordo giuridicamente vincolante basato sugli elementi del piano d'azione di Bali. In terzo luogo, dovremmo accordarci su una serie di decisioni che forniscano i passaggi intermedi per l'attuazione delle misure da inserire nel nuovo accordo giuridicamente vincolante». .
Il capo delegazione di Tionga, Sonatane Tu'Akinamolahi Taumoepeau Tupou, ha fatto eco alle Tuvalu e ha esortato «Il mondo a lavorare per un maggiore consenso sul cambiamento climatico di quello che è stato realizzato nella conferenza di Copenaghen l'anno scorso, nella quale risiede il potenziale per tutti noi a Cancun di andare oltre i nostri ristretti interessi nazionali e regionali e per assumerci la nostra responsabilità collettiva e il dovere come Stati nazione che globalmente come Stati, in particolare per quelli che sono più vulnerabili e meno responsabili di questa situazione e meno in grado di affrontare i capricci mutevoli del cambiamento climatico».
Antonio Pedro Monteiro Lima, di Capo Verde, ha riassunto la posizione dei piccoli Stati insulari: «La comunità internazionale ha la responsabilità di sostenere i Paesi più piccoli e più vulnerabili, aiutandoli a ridurre al minimo i rischi, in particolare per quanto riguarda il cambiamento climatico. Cercate di non offrire i più deboli come agnelli sacrificali, domani potreste essere nella loro situazione».