[07/10/2010] News

Tanto tuonò che piovve... sui parchi (3)

PISA. Alle considerazioni fatte nelle due puntate precedenti (vedi link a fondo pagina) sullo stato dell'arte complessivo dei parchi in italia, dovrebbero aggiungersene alcune altre riguardanti più specificamente la situazione al sud. Come ben sappiamo lo sfondo di questa turbolenza istituzionale è segnato da una pericolosa contrapposizione tra nord e sud che rischia davvero di spaccare il paese. Sul sud si appuntano pesanti accuse di assistenzialismo e malgoverno costoso e inefficiente incentrato su un localismo familistico che si è affidato e si affida spesso a favori in cambio di consenso su una base ‘contrattuale' che elude ed esclude politiche e progetti che per scala e durata possano incidere sul ‘futuro' di quei territori. Ma per questo si consiglia il numero di Aspenia ‘Passaggio a Sud' ( N. 49-2010).

Ora al sud -ad eccezione del parco nazionale d'Abruzzo e della Sicilia- i parchi sono arrivati tardi e solo in base alla legge quadro del 91 quando nell'Italia ‘mediana' -come direbbe Asor Rosa- e al Nord da battistrada l'hanno fatto i parchi regionali proprio riuscendo a superare quel localismo che pure affida ai campanili un ruolo importantissimo ma che non è prigioniero di quel familismo meridionale dove a toccare certi fili si può essere ancora assassinati come il sindaco Vassallo non a caso impegnato a fondo proprio nel lavoro del Parco del Cilento di cui ha dato alta testimonianza il presidente Troiano.

Al Sud dunque a sbarcare massicciamente sono stati i parchi nazionali generalmente grandi e grandissimi che proprio per questo avrebbero dovuto contare ben più dei parchi regionali quasi sempre di taglia assai modesta su un consenso su larga scala che però doveva e deve fare i conti con quel localismo a cui abbiamo fatto cenno. In sostanza anche per quanto riguarda i parchi e le aree protette il Sud presenta proprie specificità che non possono essere ignorate non già per rivendicare trattamenti diversi di stampo leghista ma al contrario perché essi possano giocare un ruolo positivo nel ‘riscatto' del Sud e nel rilancio di una politica nazionale.

Ed è qui, su questo aspetto cruciale che risultano ancora scarse le riflessioni culturali ma anche politico-istituzionali di cui pure più d'una traccia interessante e stimolante si può trovare negli studi di Fabrizio Barca degli ultimi anni.

Il ‘fallimento' di certa politica meridionale che non può non investire e riguardare anche i parchi e le aree protette a cui certo localismo sta ovviamente quanto mai stretto evidenzia, infatti, la carenza di una politica nazionale che vale anche e specialmente per parchi. Le connessioni con la politica comunitaria e mediterranea -dovrebbe essere ormai chiaro- non possono essere affidate né a Casse del Mezzogiorno né a proconsoli locali. Per stare ai parchi come è pensabile un loro ruolo che non coinvolga APE e una nuova politica marino-costiera che risultano da anni cancellati da qualsiasi progetto e impegno ministeriale totalmente tagliato fuori per sua scelta da quelle finalità ben delineate prima dalla legge 394 e successivamente ulteriormente precisate dalla legge 426 che Roma ha snobbato e continua disinvoltamente a snobbare. Qui si ci sono vecchi schemi da abbandonare ma non certo per perseguire quelli ancor più indigeribili e confusi di cui si chiacchera con scarso senso di responsabilità.

Insomma è proprio guardando anche alla condizione dei parchi specialmente meridionali che si ha chiara e inconfutabile conferma che quella che urge è una nuova politica nazionale a cui debbono concorrere su un piano di pari dignità tutti i livelli istituzionali senza assurdi muri e confini padani e celtici che al danno aggiungono la beffa e lo sberleffo irresponsabile.

La richiesta avanzata da Federparchi ormai da tempo di convocare la terza Conferenza nazionale dei parchi scaturiva da questa esigenza di impegnare stato, regioni e autonomie in un appuntamento i cui ognuno si assumesse precise e chiare responsabilità a fronte di una situazione insostenibile. Non è un bello spettacolo assistere a questa sorta di tiro al bersaglio sui parchi senza che nessuno mostri consapevolezza dei rischi a cui si sta ormai andando incontro sempre più rapidamente. E non è certo di conforto vedere che altrettanto si sta facendo con uguale accanimento nei confronti degli enti locali e delle stesse regioni. Non c'è gaudio possibile nel vedersi accomunati proprio a quelle istituzioni che dovrebbero essere messe nelle condizioni migliori anche per impegnarsi a sostegno dei parchi e delle aree protette. E ce n'è ancora meno nel vedere che anche regioni ed enti locali che in questi anni hanno saputo fare degnamente la loro parte a differenza di altri che se la sono presa comoda sembrano in più d'un caso avere le batterie scariche.

Va aggiunto infine che anche sul fronte culturale a differenza dell'associazionismo ambientalista che non demorde si registrano latitanze e assenze dovute forse ad un logoramento che lascia spazio ad una crescente sfiducia che facilità la resa e non la mobilitazione che abbiamo registrato in altre stagioni.
E' anche questo un aspetto allarmante a cui c'è da augurarsi si possa presto imprimere una inversione di tendenza.

E lo è perché come abbiamo visto anche recentemente a Pescasseroli in occasione dell'incontro di Europarc sulla tutela della biodiversità e il ruolo di Rete Natura 2000 pure questa importante esperienza che ha esteso significatamente il territorio protetto in più d'un caso nel nostro paese anziché essere gestito per rafforzare il ruolo dei parchi specialmente regionali rischia di essere utilizzato per ridimensionarli riducendone le risorse e le competenze autonome giocando in un certo senso i siti ‘contro' i parchi. Insomma, anziché rendere più stretta e organica la connessione tra aree protette gestite in base a leggi nazionali e aree protette gestite in base a normative comunitarie c'è il rischio che se ne accentui la separazione. Il che peraltro pone l'esigenza di riuscire a impegnare sempre più la stessa comunità europea in uno sforzo di 'armonizzazione' anche normativa delle diverse politiche nazionali e non soltanto in questo ambito.

Tutto ciò richiede che su questi temi si riapra e al più presto un serio confronto politico, istituzionale e culturale che eviti quella insidiosa frammentazione a cui stiamo assistendo.
(Fine. 3) 

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