[27/08/2009] News

Per cominciare a sfruttare il litio della Bolivia ci vogliono 800 milioni di dollari

LIVORNO. Il recente seminario "Inversiones para el desarrollo de recursos minerales" tenutosi nella capitale boliviana La Paz, ha fatto emergere che la realizzazione di un'industria nazionale del litio richiederà forti investimenti solo per la prima fase di industrializzazione che potrebbero essere insostenibili per un Paese poverissimo come la Bolivia. Ma a quanto pare i possibili investitori non mancano e si sono fatti avanti anche i sudcoreani.

Il giornale boliviano La Razòn, vicino al governo socialista di Evo Morales, spiega che «Gli investimenti richiesti allo Stato per l'industria del litio nel salar de Uyuni saranno intorno agli 800 milioni di dollari. La cifra include tutto il complesso industriale chimico che si progetta di realizzare nei suoi dintorni,  oltre le infrastrutture necessarie».

Le cifre sono state esposte dal direttore nazionale dei Recursos Evaporíticos della Corporación Minera de Bolivia (Comibol), Saúl Villegas, durante il suo intervento al forum sul litio boliviano organizzato dalla Camera di commercio e industria biliviano-tedesca (Ahk).

Secondo il governo, l'impianto industriale dovrebbe essere operativo nel 2015. Per Villegas «L'impianto industriale del litio avrà un costo tra i 250 e i 300 milioni di dollari. Aggiungendo il progetto dell'industria chimica di base, con gli investimenti ulteriori di 520 milioni di dollari per le infrastrutture (strade, gas ed elettricità) si raggiungono approssimativamente gli 800 milioni di dollari, in linea con la nostra prima proiezione».

Il litio è una delle materie prime più preziose per la new economy, viene utilizzato per costruire batterie per i telefoni cellulari, computer portatili ed altra elettronica di consumo e si sta lavorando al suo utilizzo per le batterie delle auto e negli ultimi tempi ha assunto grande importanza con il boom delle auto elettriche ed ibride e non è un caso che il forum boliviano fosse molto partecipato proprio mentre il prezzo del petrolio riprendeva a salire.

Al litio boliviano, nazionalizzato da Morales, fanno una strenua corte imprese come la Mitsubishi e la  Sumitomo, o coreane come LG e Kores, ma anche la francese Bolloré, il governo di La Paz però ha deciso che l'industrializzazione del litio sarà completamente in mani statali per quel che riguarda la produzione di carbonato di litio e che accetterà la partecipazione di partner stranieri e di imprese private solo per la seconda fase,cioè per la produzione industriale di pile o di altri prodotti.

Secondo Villegas «Esistono già proposte da parte di istituti finanziari per fornire un finanziamento di 800 milioni di dollari. Il governo, parallelamente alla realizzazione dell'impianto pilota, sta realizzando un'operazione di ingegneria finanziaria per scegliere il prestito più adatto per il Paese».

Intanto il ministro delle miniere, Alberto Echazú, ha reso noto che l'impresa statale sudcoreana Korea Resources Corporation (Kores) ha firmato un protocollo d'intesa con il governo socialista boliviano per entrare a far parte del comitato scientifico che studia il procedimento per lo sfruttamento e l'industrializzazione del litio del Uyuni: «Reppresentanti della Kores verranno accreditati come esperti nel nostro comitato scientifico, che comprende anche rappresentanti di Mitsubishi e Sumitomo del Giappone, per coadiuvarci nelle indagini per la progettazione del processo finale di ottenimento del carbonato di litio. Il procedimento sarà provato dal comitato scientifico in laboratori del Giappone e nell'impianto pilota che sarà concluso il prossimo anno» e che secondo Villegas ha già avuto finanziamenti per 8 milioni di dollari.

Secondo quanto ha detto a La Razòn il ministro  Echazu i dirigenti della Kores hanno confermato l'intenzione di investire in Bolivia e il protocollo d'intesa apre la possibilità di un contratto di vendita tra l'impresa mineraria KoreaZinc e Federación nacional de cooperativas mineras (Fencomin) l'organizzazione di mionatori e comunità indie al quale il governo Morales ha assegnato il compito di gestire gran parte delle risorse naturali nazionalizzate del Paese andino.

Il Salar de Uyuni,  che si estende nella regione andina di Potosí, nel sud-est della Bolivia, contiene le maggiori riserve mondiali di litio (si dice più della metà) e le sue saline di altura, dove gli indios si sono spezzati la schiena e rovinati la vita per centinaia di anni per pochi pesos, potrebbero dib ventare una vera e propria miniera a cielo aperto del nuovo oro della green economy che è obbligata a ridurre la sua dipendenza dai combustibili fossili.

Non a caso puntano molto sulle batterie al litio la General Motors con il suo modello ibrido Volt, la Toyota con la nuova generazione della Prius, mentre la Mercedes sta sperimentando una versione elettrica della Smart e la BMW della Mini. Ma anche la Nissan-Renault, la Mitsubishi e la Volkswagen stanno guardando ai salar degli altopiani boliviani per alimentare i loro prossimi modelli. Secondo Eichi Maeyama di Mitsubishi, la richiesta di litio in meno di un decennio supererà l'offerta, a meno che non si scoprano nuovi giacimenti: «La domanda di litio non è raddoppiata si è moltiplicata per 5. Avremo bisogno di più fonti di litio e il 50% delle riserve mondiali di litio sono in Bolivia, nel Salar de Uyuni. Se non ci sarà un aumento della produzione, i prezzi aumenteranno fino a raggiungere quote proibitive».

Il problema che ha di fronte Morales è rassicurare il suo popolo che la ricchezza miracolosa del litio resterà in Bolivia e non prenderà le strade della rapina già percorse dalle altre materie prime.

Anche per questo il ministro Echazu era già stato chiaro: «Vogliamo inviare un messaggio ai paesi industrializzati e le loro imprese. Noi non ripeteremo l'esperienza storica del XV secolo: l'esportazione di materie prime per l'industrializzazione dell'occidente, che ci ha lasciato poveri».

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