
[01/09/2009] News
LIVORNO. La schiacciante vittoria del Partito democratico giapponese (Pdj) non è solo una buona notizia perché mette fine all'eterno dominio del Partito liberale e dei suoi alleati della destra buddista del Komeito, ma anche perché il Pdj ha una politica ambientale, climatica ed internazionale molto più avanzata di quella dell'ossificato e spesso corrotto centro-destra nipponico.
Il nuovo assetto politico dell'impero del Sol Levante, che probabilmente vedrà un governo di coalizione aperto a sinistra ai socialdemocratici, al nuovo Partito del popolo e forse ai redivivi comunisti, porterà probabilmente ad una mitigazione del neo-nazionalismo e del riarmo (con un riavvicinamento alla Cina) e soprattutto ad un allineamento delle posizioni sul cambiamento climatico del Giappone a quelle dell'Unione europea, con una possibilità di tagli dei gas serra molto più ambiziosi e con un aumento della pressione sugli Usa e le gli altri Paesi sviluppati perché incrementino i loro impegni per il post-Kyoto.
Secondo il Protocollo di Kyoto, il Giappone dovrebbe ridurre le emissioni del 6% entro il 2012 rispetto al 1990, ma finora sono aumentate del 9%. Durante la campagna elettorale il nuovo primo ministro Yukio Hatoyama ha detto che il suo governo entro il 2020 ridurrà del 25% le emissioni di gas serra giapponesi rispetto al 1990, una via di mezzo tra l'obiettivo dichiarato dell'Ue del 20% e quello che al quale si è detta disponibile, il 30%, se altri Paesi sviluppati adotteranno obiettivi più ambiziosi. Molto di più del misero 8% in meno di quanto si era detto disposto a fare il governo liberaldemocratici-Komeito.
Non a caso il primo apprezzamento per il nuovo impegno del nuovo governo "progressista" giapponese è venuto dal ministro (di centro-destra) per il clima e l'energia della Danimarca, Connie Hedegaard, che ospiterà a Copenhagen il vertice Onu sul clima di dicembre: «Per mantenere la sua promessa elettorale, il nuovo governo giapponese dovrebbe portare al momento giusto un nuovo slancio alla politica climatica internazionale - ha detto la Hedegaard - forzando l'industria giapponese ad incrementare le soluzioni per l'innovazione e l'efficienza energetica". Hatoyama ha detto che parteciperà personalmente al summit sul clima indetto dall'Onu a New York per il 22 settembre.
Il Pdj ha vinto l'elezioni con una piattaforma progressista che ha letteralmente spazzato via il premier Taro Aso, indebolito dalla crisi e dagli scandali, e che prevede l'abolizione delle tasse sull'istruzione superiore, un aumento del sostegno alle politiche per l'infanzia, pensioni minime e salari minimi per gli agricoltori ed una revisione dell'alleanza subalterna con gli Usa.
Ma una parte centrale delle proposte del Pdj sono state proprio le riforme verdi: Hatoyama ha promesso di realizzare un "domestic emissions trading scheme" vincolante, una cosa pervicacemente rifiutata dai precedenti governi, di introdurre una tariffa "feed-in" per sostenere l'incremento delle energie rinnovabili e di raggiungere entro il 2020 l'obiettivo del 10% di utilizzo di energie pulite rispetto ai consumi totali giapponesi di energia.
Secondo quanto detto al New York Times alla vigilia delle elezioni da Jake Schmidt, direttore della politica climatica internazionale del Natural resources defense council Usa, per mantenere le promesse elettorali il nuovo governo dovrà affrontare grandi sfide ed uno scontro con l'impenetrabile burocrazia nipponica ed una forte opposizione del mondo degli affari: «Non immaginatevi che premano semplicemente un interruttore. Avranno ancora a che fare con problemi delle industrie e con funzionari dei ministeri che hanno opinioni molto diverse dalle loro sul cambiamento climatico e che sono molto forti».
Alex Steffen, executive editor del sito di economia sostenibile Worldchanging ed ex giornalista ambientale in Giappone, dice che il risultato delle elezioni è «Molto emozionante. Mentre ci sono grandi barriere strutturali e culturali ai progressi in materia di clima e per altre questioni ambientali, i giapponesi hanno anche un enorme capacità d'innovazione di cui il mondo ha bisogno per affrontare le sfide della sostenibilità. Un Giappone chiaramente impegnato a trasformarsi in una potenza verde è una buona notizia per tutti noi».