[02/09/2009] News toscana

Geotermia, Chiacchella (Cosvig): superare i problemi di compatibilità grazie a un "marchio" per il distretto dell'energia pulita

FIRENZE. Legare lo sfruttamento della risorsa geotermica toscana alla promozione del territorio locale, sulla falsariga del progetto "Comunità del cibo" già in attuazione insieme a Slowfood, e che viene definito sul sito del Consorzio per lo sviluppo delle aree geotermiche (Cosvig) come finalizzato a «dare vita in questo comprensorio alla prima comunità mondiale del cibo ad energia pulita e rinnovabile, individuando soluzioni appropriate per la produzione agro-alimentare con sistemi innovativi per il risparmio energetico e dell'ambiente, puntando alla realizzazione di un Presidio Slow Food all'interno delle produzioni caratterizzate dalla tecnologia di processo (presidio del pulito)».

Questa la parte più significativa delle considerazioni di Sergio Chiacchella, direttore Generale di CoSviG. L'ottica è quindi quella del superamento dei problemi di compatibilità col territorio tramite la comune confluenza (del comparto energetico locale e delle altre attività produttive, in particolare quelle del settore agro-alimentare) verso un "brand" condiviso di distretto per l'energia pulita.

Chiacchella, come sta la geotermia in Toscana, anche alla luce dell'intervista a Fausto Batini (Cegl - vedi link a fondo pagina) di ieri?
«Attualmente la geotermia toscana produce quasi esclusivamente energia elettrica, con le concessioni che sono in capo ad Enel. Negli ultimi anni si è sviluppato il tema degli utilizzi diretti, cioè quelli termici, e ciò ha consentito di portare avanti il programma per il teleriscaldamento: in alcuni paesi, quelli dove la risorsa era più agevole da reperire, è già presente (Pomarance - sia il centro che le frazioni, Castelnuovo val di Cecina, Monterotondo, Santa Fiora), mentre andrà messo in opera a Radicondoli, Chiusdino, Montieri, Monteverdi e Piancastagnaio, riguardo ai quali siamo in fase di progettazione esecutiva.
Le località sopra si servono del sistema "tradizionale". Ultimamente, inoltre, hanno chiesto di aderire anche Massa marittima e Volterra, ma sono situate piuttosto lontano dalle aree dove è praticabile l'utilizzo del flusso disponibile. Quindi stiamo studiando come agire: o si realizzerà un vaporodotto, oppure  proveremo a fare perforazioni nel punto di utilizzo perchè la zona in questione è comunque situata all'interno del campo geotermico, anche se ai suoi limiti.
Oltre ai citati sistemi per il teleriscaldamento urbano, di pari passo è stata svolta un'azione insieme ai produttori locali: dove era necessario il calore sono stati sostituiti i carburanti derivanti da fossili (gasolio e metano) con l'uso diretto della geotermia, migliorando così l'utilizzazione della risorsa disponibile e diminuendo la CO2 emessa in atmosfera. 
Attualmente siamo a 14.731 Tep (tonnellate di petrolio equivalente) e 19.640.272 metri cubi di CH4 risparmiati/anno, e 45.648 tonnellate di CO2 non emessa/anno rispetto all'utilizzo di impianti tradizionali: questo per il solo apparato produttivo, cioè gli usi diretti aziendali. Per le reti di teleriscaldamento domestico siamo invece a 7.434 Tep/anno e 9.912.189 metri cubi di CH4 risparmiati/anno, e 23.045 Tep/anno di CO2 risparmiate».

In riferimento alla bassa entalpia, quali le prospettive? In particolare, e davanti alla fase di forte crescita di questa tecnologia, è da attendersi un futuro in cui ogni casa abbia il suo impianto, o si va comunque verso un modello di produzione centralizzato anche per questa tecnologia?
«Nella nostra zona (dove la risorsa geotermica è di qualità "pregiata") ancora non c'è stata una diffusione della bassa entalpia come altrove. E' comunque una tecnologia che rappresenta il futuro, e mi riferisco anche alla media entalpia (da 90° a 120-140°). Mentre per la bassa entalpia si può pensare a impianti indipendenti per appartamenti isolati o per piccoli condomini, per le zone dove è applicabile la media entalpia si può pensare a reti più complesse».

Nel dibattito sulla risorsa geotermica, si sente spesso parlare della necessità di "fare sistema", adeguando l'uso della risorsa agli scenari del mondo globalizzato, ad esempio per la questione delle reti energetiche o per il mutuo aggiornamento logistico e tecnologico tra le varie realtà operative.
«Si, credo che la strada delle reti sia sicuramente quella che consentirà di utilizzare la risorsa geotermica con tecnologie più moderne e con modalità più compatibili con l'ambiente. Ricordo infatti che la geotermia è una risorsa sostenibile e compatibile con i territori dove è in opera, ma questa compatibilità dipende dalle risorse investite e condivise, dalle conoscenze condivise e dai risultati - pure - condivisi».

A questo proposito, vogliamo fare il punto anche sulle questioni legate alla compatibilità con i territori di cui sopra?
«Non enfatizzerei il problema: oggi esistono tecnologie che, anche su scala industriale, minimizzano gli impatti ambientali. Ma comunque, per migliorare la compatibilità col territorio, è strategico evidenziare i collegamenti con le altre attività produttive. Quindi, serve far capire ai produttori locali non solo che la tecnologia è usata con il minor impatto possibile, ma anche le potenzialità offerte dalla possibilità di evidenziare che il formaggio o il pane che viene venduto è prodotto tramite energie pulite.

La prospettiva è aggiungere, sull'etichetta del prodotto, il fatto che esso proviene da un ciclo energetico pulito, e questa potrebbe essere il modo in cui la geotermia potrebbe davvero "sposarsi" col territorio, con i suoi prodotti e con il turismo.

In questa direzione va l'iniziativa "Comunità del cibo", già in attuazione insieme a Slowfood: un progetto e un modello la cui replicabilità ci viene richiesta continuamente da aree in cui la produzione è legata all'agroindustria: è la dimostrazione che la cosa funziona, sia dal punto di vista economico, sia promozionale».

 

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