
[25/02/2011] News
BRUXELLES. Il trio di amiconi, Berlusconi, Putin e Gheddafi, sembra mostrare grosse crepe. Mentre la Libia è in preda ad una guerra civile sempre più sanguinosa. Il primo ministro russo in visita all'Unione europea a Bruxelles ha detto che «La situation in Libia, in preda alle violenze dal 15 febbraio, rende impossibile la realizzazione dei progetti petroliferi e gasieri russo-italiani in Libia».
Putin ha spiegato all'accondiscendente presidente della Commissione europea José Manuel Barroso, che i suoi problemi verso la Libia e Gheddafi non sono certo di carattere etico o di rifiuto di quel regime dittatoriale e genocida, ma puramente di opportunità economica: «La nostra cooperazione economica deve essere spogliata da tutte le connotazioni politiche o ideologiche. Ma comprendiamo bene che è attualmente impossibile realizzare I progetti annunciate dai partner russi e italiani sul mercato libico. Chi andrà in Libia?».
Putin ha sottolineato che numerosi Paesi stanno procedendo all'evacuazione «Per aria e per mare» dei loro cittadini che lavorano in Libia. Da notare che Ria Novosti e gran parte della stampa legata all'oligarchia putiniana fanno un bilancio delle vittime negli scontri e nei bombardamenti in Libia molto inferiore a quello fatto dai media occidentali ed arabi: «La repressione del sollevamento ha fatto da 600 a 1.000 morti e 4.000 feriti».
Ritornando alla croce messa da Putin sui progetti petroliferi italo-russi, si tratta di una grossa torta: l'Eni ha di recente avviato la procedura di vendita del 33% del progetto di sfruttamento del giacimenti libico di petrolio e gas "Elephant" al gruppo statale russo Gazprom, che dovrebbe essere rappresentato in Libia dalla sua filiale Gazpromneft. L'ammontare del contratto raggiunge i 178 milioni di dollari e anche la National oil corporation (Noc) della Libia, nelle mani della famiglia Gheddafi e della sua cricca, avrebbe dovuto partecipare allo sfruttamento del giacimento.
La Storia dell'Elephant (El Feel) è rivelatrice delle complicità internazionali con il regime di Gheddafi e del perché Berlusconi non volesse disturbare il dittatore libico mentre stava massacrando la sua gente. Nell'ottobre 1997, un consorzio internazionale guidato dalla società britannica Lasmo e dall'Eni (33%) e da un gruppo di 5 aziende sudcoreane annunciò la scoperta di grandi riserve di greggio (circa 700 milioni di barili) nel 174 NC-Block , nel sud-ovest del deserto libico a circa 800 km a sud di Tripolii. Alla spartizione della torta di idrocarburi partecipavano anche Agip Nord Africa B.V. e un consorzio di società coreana, che include Daesung Group, Daewo International, Hyundai, Korea Petroleum Development e Maiuko Group.
La Lasmo era entrata in Libia insieme al consorzio coreano Pedco negli anni '90, quando era considerato ancora uno Stato canaglia e Gheddafi un pericoloso finanziatore di terroristi, con estese concessioni per esplorazione geologica, sismica e perforazione di quattro pozzi "wildcat" che hanno portato a due scoperte di petrolio nel 1993-94. Questo successo iniziale assicurò la fattibilità di ulteriori esplorazioni nella zona e quindi il perseguimento del Prospect Elephant. I dati sismici rivelarono una vasta area ricca di petrolio e gas e iniziarono I negoziati con la Noc per estendere le zone di concessione a tutto il bacino. Il consorzio Lasmo è stato successivamente acquistato da Eni e ha stimato che la produzione del giacimento costerebbe circa 1 dollaro al barile. I costi di sviluppo sono stati stimati in 500 milioni. Elephant ha iniziato la produzione nel febbraio 2004 con circa 10.000 barili al giorno. Nel 2006, Eni ha detto che Elephant stava producendo circa 125.000 barili al giorno (19.900 m 3/g), e che sperava di raggiungere la piena produttività a 150.000 barili/g (24.000 m 3/g) entro il 2008. Nel 2006 il campo petrolifero ha prodotto 124 mila barili/g (24 mila in quota Eni). L'Operatore di Elephant è Agip Oil Oil Company Limited, una società che è divisa in parti uguali tra Eni e Noc, vale a dire tra una società italiana partecipata dalla Stato e la società in mano al regime dittatoriale di Gheddafi.
Eni è presente in Libia nelle attività di esplorazione e produzione di petrolio e del gas naturale dal 1959. Opera anche nel settore dell'ingegneria e costruzioni. Di cosa si tratta lo spiega la stessa Eni sul suo sito: «Nel giugno 2008 in esecuzione del Record of Conclusion firmato nell'ottobre 2007, Eni e la società petrolifera di Stato Noc hanno finalizzato i sei contratti di Exploration and Production Sharing (Epsa IV) che convertono gli accordi originali che regolavano le attività di esplorazione e sviluppo di Eni nel Paese. L'accordo estende la durata dei titoli minerari di Eni nel Paese fino al 2042 per le produzioni a olio e al 2047 per quelle a gas. I contratti stabiliscono i termini dei nuovi e futuri sviluppi della collaborazione tra le due compagnie con l'obiettivo di valorizzare l'ampia base di risorse di idrocarburi esistente, in particolare attraverso la realizzazione di importanti progetti gas. Exploration & Production: L'attività produttiva ed esplorativa di Eni in Libia è condotta nell'offshore del Mar Mediterraneo, di fronte a Tripoli, e nel deserto libico. A fine 2009 Eni era presente in 13 titoli minerari, per una superficie complessiva di circa 36.374 chilometri quadrati (18.165 chilometri in quota Eni). Gli asset in produzione e sviluppo posseduti da Eni sono stati raggruppati in sei aree contrattuali (onshore e offshore ). Le attività di Eni in Libia sono regolate da contratti di Exploratio and Production Sharing Agreement ( Epsa) che hanno durata fino al 2042 per le produzioni ad olio e al 2047 per quelle a gas. Nel 2009 Eni è il primo operatore internazionali di idrocarburi con una produzione di 522 mila barili di olio equivalente al giorno (244 mila in quota Eni, di cui il 44% di liquidi)».
Per questo l'Eni è così preoccupata per quel che sta succedendo in Libia, dove il volume della produzione di petrolio è calato al 25% a causa dei disordini: era 1,6 milioni di barili al giorno, ora è circa 400.000 barili e sembra destinata a calare ancora. In questa situazione, il capo dell'Eni Paolo Scaroni sembra diventato il vero ministro degli esteri italiano costantemente citato dalle agenzie russe. Ieri ha annunciato che «Il mercato petrolifero si confronta con una perdita di 1,2 milioni di barili al giorno. Non è una cifra enorme, ma c'è un sentimento di incertezza generale nella regione, che è in grado di provocare delle speculazioni». Scaroni pensa ai prezzi del greggio che stanno salendo a causa della rivolta libica e della situazione generale in Medio Oriente, anche se l'Opec e l'Arabia Saudita tenteranno di fare di tutto per mettere una pezza su quello che si annuncia come un nuovo altissimo ostacolo per la ripresa economica.
Della situazione in Libia se ne è occupata anche il Governing Board dell'International energy agency (Iea) regular quarterly meeting che ha discusso dello sviluppo del mercato mondiale del petrolio Sulla base di rapporti di settore, sembra che tra i 500.000 e i 750.000 barili al giorno di greggio, pari a meno dell'1% del consumo giornaliero globale, siano stati tolti dal mercato a causa delle rivoluzioni arabe. In uno stringato comunicato L'Iae dice di essere in stretto contatto con i paesi Opec e i maggiori produttori e che «Prende atto delle relazioni riguardanti la loro disponibilità ad attingere alle loro capacità in eccesso per garantire forniture supplementari, se necessario. Sia i consumatori sia i produttori dispongono di strumenti a portata di mano per offrire il petrolio necessario al mercato. Produttori detengono un'ampia capacità di riserve. L'Iea è sempre pronta ad attivare immediatamente il suo meccanismo di risposta collettiva esistente, quando lo riterrà necessario. Collettivamente, i membri dell'Iae hanno 1,6 miliardi di barili di scorte petrolifere di emergenza a loro disposizione, che nel loro complesso danno 145 giorni di copertura delle importazioni per i membri dell'Iae».