[07/08/2012] News
Il clima estremamente siccitoso che avvolge l'estate dell'Italia in una cappa, accompagnato alle recenti e violente alluvioni in Alto Adige, ci ricordano indirettamente ogni giorno l'urgenza che i cambiamenti ambientali ci pongono innanzi. L'antropocene rappresenta per la nostra specie una sfida complessa e di dimensioni globali, che esige di essere affrontata col necessario impegno e la dovuta programmazione. Altrettanto chiaramente delle difficoltà meteo, le (non scelte) economiche e politiche delle classi dirigenti dimostrano quanto teniamo alla nostra fetta di materiale e presente benessere più di ogni serio tentativo di riforma verso la sostenibilità economica, ecologica, sociale.
«Alcuni studi classici - scrive Daniel Kahneman, psicologo premio Nobel per l'economia, nel suo Pensieri lenti e veloci, a proposito dell'umana concezione di utilità - hanno dimostrato che la stimolazione elettrica di aree specifiche del cervello dei ratti (e di corrispondenti aree del cervello umano) produce una sensazione di piacere intenso, in alcuni casi così intenso che i ratti che riescono a stimolarsi autonomamente il cervello premendo una leva muoiono di fame perché non si concedono un intervallo per nutrirsi. La stimolazione elettrica piacevole viene procurata attraverso scariche che variano di intensità e durata, ma anche in quel caso conta solo l'intensità». In un certo modo, quel che vale per il sé mnemonico di un singolo individuo si ritrova nelle dinamiche della società del suo complesso. Come i ratti, siamo dunque destinati anche noi a morire di fame dopo aver consumato le nostre risorse materiali ed energetiche finite in un'orgia di edonismo? C'è da sperare di no, anche perché madre natura ha concesso all'homo sapiens sapiens qualche arma in più che ad un ratto per controllare la propria vita, e potremmo finalmente accorgerci che ci conviene utilizzarle.
Come osserva sull'Unità l'economista e ordinario di politica agraria Andrea Segré, «l'interazione tra economia e psicologia getta oggi una nuova luce sull'importanza e sui limiti del ragionamento economico, centrato sull'uomo supernazionale o "sciocco razionale" - lo definisce proprio così il Nobel per l'economia Amartya Sen - e consente di comprenderne nuove potenzialità e applicazioni allo studio del benessere e della felicità degli individui». L'economia ecologica ci permette di osservare il nostro sistema economico come un sistema aperto, dove i flussi di materia ed energia provengono da (e a loro volta si riversano) nell'ambiente, e sull'interazione con questo e con la struttura sociale si fonda tutto il castello di carte. Un edificio dove gli esseri umani, proprio nella loro umanità, hanno ovviamente un ruolo centrale: ostinarsi a pensare di avere a che fare con degli homo oeconomicus, dei soggetti perfettamente ed esclusivamente razionali non fa altro che frenare la comprensione e lo sviluppo delle nostre possibilità.
A loro modo, lo stanno capendo leader di primo piano come Obama e Cameron, "uniti" oltre i contrafforti di opposte posizioni politiche. David Cameron ha creato un Behavioural Insights Team al servizio del suo Gabinetto, ed è cosa nota che il presidente Usa abbia tratto grande giovamento nella sua campagna elettorale da quello che è stato definito un Behavioral Dream Team di ventidue economisti comportamentali, uno dei quali - Cass Sunstein, amico di Obama (entrambi nella foto) dagli anni '90, quando entrambi erano professori all'università di Chicago - è attualmente alla guida dell'Office of Information and Regulatory Affairs del governo (che si occupa di salute, welfare, sicurezza, ambiente). Sunstein ha recentemente annunciato che tornerà alla Harvard Law School a fine mese, e Obama l'ha salutato affermando che «Cass ha dimostrato che è possibile sostenere la crescita economica senza sacrificare la salute, la sicurezza e l'ambiente». Dalla White House fanno sapere che i suoi sforzi hanno già prodotto 10 miliardi di dollari di risparmi in cinque anni, e ancora ne verranno nei prossimi.
Insieme, economia ecologica ed economia comportamentale potrebbero permetterci di dare la giusta spinta culturale per cambiare il nostro modello di produzione e consumo verso standard più sostenibili: anche per la politica italiana sarebbe ora di cominciare a pensarci, sciorinando finalmente proposte concrete per il cambiamento di cui la nostra asfittica società (e l'ancora più stagnante economia) hanno bisogno.