[17/12/2012] News
Perdere 440 milioni di dollari in soli 45 minuti di negoziazione in borsa: nel suo discussion paper all'ombra del Natale la Consob (Commissione nazionale per la società e la borsa) ricorda quanto accadde quest'estate alla grande società americana Knight Capital, che bruciò in una manciata di minuti una cifra pari al quadruplo del proprio utile netto. Non si trattò di un investimento sbagliato, ma di un "semplice" errore nell'algoritmo che stava operando in borsa in automatico e ad alta velocità, al posto di qualche broker. Un rischio che, nonostante la crisi economica e prima ancora finanziaria, i regolatori non sono ancora in grado di attenuare.
«La diffusione del trading ad alta frequenza (High frequency trading, Hft) e più in generale del trading algoritmico può avere impatti di carattere sistemico» sulle Borse, afferma la Consob nel suo studio. Se uno shock colpisce anche un singolo trader, tramite questi strumenti può espandersi e rinforzarsi: si possono così verificare «fenomeni di profonda e repentina destabilizzazione di uno o più mercati». Sono i temuti flash crash, dipendenti da scelte di investimento compiute da macchine in grado di lanciarne una ogni 30 nanosecondi.
Citando il crollo del 6 maggio 2010 quando - ricorda l'Ansa - i mercati azionari statunitensi «hanno perso oltre il 10% del loro valore in pochi minuti, per poi recuperare rapidamente nella corso stessa giornata», la Consob rammenta l'influenza avuta dall'High frequency trading, che ha creato «un fenomeno di "patata bollente" (hot potato trading) per cui le controparti degli scambi erano entrambe operatori ad alta frequenza che continuavano a vendere amplificando le spirali ribassiste», come in un diabolico ping pong.
Nonostante i rischi, quella dell'Hft rimane una delle piste più battute in materia di investimenti finanziari: per quanto riguarda le piazze europee, nella Borsa di Francoforte addirittura il 35-40% degli scambi giornalieri avviene attraverso questo meccanismo, a Londra il 33% (a Milano "solo" il 20%). È questa però una faccia della finanza che non si fa scrutare volentieri: i dati Consob sono infatti i più freschi disponibili... e risalgono al 2010.
In Italia una forma di limitazione di questa deriva è contenuta negli emendamenti al ddl Stabilità, dove è presente la proposta di una tassa dello 0,02% sulla speculazione ad alta velocità. La formula, comunque, si annuncia una volta di più fin troppo tiepida, dato che l'aliquota si applicherebbe «sul controvalore degli ordini annullati o modificati nel caso la proporzione rispetto a quelli eseguiti ecceda una determinata soglia numerica individuata sempre con il decreto dell'Economia. La soglia - riporta il Sole24Ore - comunque non potrà essere inferiore al 60% degli ordini trasmessi».
In attesa della definitiva approvazione, in concomitanza di una tassa sulle transazioni finanziarie che si presenta anch'essa sgonfiata, è necessario mantenere alta l'attenzione perché non è possibile fermarci a questi obiettivi davvero minimi. Se risultasse impossibile vietare in toto l'utilizzo degli strumenti Hft, occorre comunque alzare l'asticella fino a creare zone franche, in primis le commodities, dove a questi non sia permesso speculare, arrischiando «fenomeni di profonda e repentina destabilizzazione» in mercati legati a doppio filo alla green economy come fetta della più ampia economia reale, ma anche e soprattutto - per quanto riguarda le commodities alimentari - alle tante bocche da sfamare che rimangono al mondo.
Una sfida globale, dove fare il primo passo è essenziale ma non sufficiente: come ricorda la Consob, in Italia procedere effettivamente alla tassazione della speculazione ad alta frequenza non sarà facile (per quanto già ammorbidita). Contro l'estrema mobilità internazionale dei capitali le possibilità della politica e dei regolatori rimangono limitate: ed è proprio su questo punto che dovranno concentrarsi buona parte delle principali sfide economiche dei prossimi anni.