[22/02/2013] News
Bellezza e Rinascimento al centro della campagna elettorale. L’Artecrazia non è più così lontana?
«Facciamo l'Italia bella come bella è Firenze». Nella chiusura della campagna elettorale del Pd, Matteo Renzi è al Palacongressi del capoluogo toscano per tirare la stoccata finale. Oggi tocca a Mario Monti, che - stavolta al teatro La Pergola - chiude il suo percorso elettorale nella stessa città scelta dal Pd. Una scelta simbolica: come scrive il Corriere Fiorentino, Firenze è «soprattutto, spiegano gli uomini di Monti in Toscana, la città del Rinascimento. Ed è questa la metafora montiana con cui sarà chiusa questa campagna lampo: da Firenze può partire il Rinascimento italiano». Come dimenticare allora, per completare il quadro, quell'8 marzo del 2009 quando Beppe Grillo - agli albori della sua corsa politica - a Firenze lanciava la convention delle Liste a 5 Stelle, in vista delle elezioni amministrative? Presentò una lista di 12 punti, racchiusi nella Carta di Firenze. Ovviamente, «per un nuovo Rinascimento».
Tra il XIV e il XVI secolo, il territorio italiano tornò a guadagnarsi la fama di torcia della civiltà nel mondo occidentale, e non a caso si individua proprio in Firenze la culla del Rinascimento. Una storia che col passare dei secoli è divenuta anche mitologia, la cui narrativa è ancora molto forte. Anche e soprattutto all'estero, dove la Toscana in particolare viene ancora vista come una Regione ai vertici della qualità della vita, o dove aleggerebbe ancora oggi lo spirito del Rinascimento, indissolubilmente legato a quello della bellezza.
Bellezza che è riuscita insospettabilmente a guadagnarsi la ribalta elettorale in vista delle prossime elezioni: 7 delle principali associazioni ambientaliste italiane hanno presentato un disegno di legge in dieci articoli, già sottoscritto da 97 candidati. «La bellezza - osserva Legambiente nella premessa al disegno di legge - è la principale caratteristica che il mondo riconosce all'Italia, ma anche e soprattutto un fattore decisivo su cui costruire il nostro sviluppo. Puntare sulla bellezza è un obiettivo imprescindibile e una chiave fondamentale per capire come il nostro Paese possa ritrovare le idee e la forza per guardare con ottimismo al futuro».
D'altronde, non è solo una questione di luoghi comuni. Anche il grande storico britannico Eric Hobsbawm, discettando di sviluppo delle arti nel dopoguerra ne il suo Il secolo breve, scrisse che «non c'è una valida ragione per ritenere che oggi i toscani abbiano meno talento o un senso estetico meno sviluppato che durante il Rinascimento fiorentino». La Toscana potrebbe dunque tornare ad essere il modello della rinascita italiana? Sul tema si è impegnato da tempo l'economista e consulente politico Simon Anholt, che per più di un anno ha studiato la Toscana per conto dell'amminstrazione regionale, finendo per definire un modello economico votato alla sostenibilità: Tuscanomics, che greenreport.it ha chiesto ad Anholt di raccontare.
Lei ha definito il concetto di Tuscanomics, un modello economico ritagliato sull'impronta della Toscana. Di che cosa si tratta?
«Tuscanomics è un sistema finalizzato a delineare una società perfettamente equilibrata e ben funzionante nell'era della globalizzazione. Questo modello si ispira in larga parte al passato della Toscana, da Lorenzetti ai Medici fino ai giorni nostri, tuttavia alcune idee provengono dai migliori esempi internazionali. Il suo scopo è quello di ripristinare la competitività, oltre a uno stile di vita sostenibile e un sano rapporto tra i cittadini e il territorio in cui vivono».
Perché individua nella Tuscanomics un cambio di paradigma sostenibile economicamente, socialmente e ambientalmente?
«Tuscanomics rappresenta un modello economico che riconosce l'importanza delle risorse naturali come parte integrante dell'equazione: invece di misurare il livello di ricchezza sulla base dei flussi di reddito (come se risorse alimentari ed energetiche, l'aria fresca e l'acqua dolce fossero infinite o irrilevanti), Tuscanomics stima la ricchezza totale.
Un altro obiettivo di questo sistema consiste nell'individuare delle modalità con cui i cittadini possono saldare i propri debiti nei confronti della società, offrendo non solo del denaro, bensì il proprio tempo e lavoro: l'idea che i cittadini paghino i governi per la gestione di città, regioni e nazioni, come se si trattasse di un servizio commerciale in outsourcing, è ormai patologica e ripropone la stessa relazione che sussiste tra la prostituzione e l'amore e il rispetto reciproci.
La bellezza e la cultura rivestono anch'esse un ruolo fondamentale nel modello Tuscanomics: esse infatti dovrebbero essere parte integrante del tessuto sociale e della vita di tutti i giorni, non solo un passatempo per i più abbienti. In quest'ottica, il termine 'Artecrazia' descrive perfettamente un concetto chiave, ossia prelevare dalle cantine di musei e gallerie d'arte migliaia di opere d'arte e reperti storici dimenticati e affidarli con una sorta di prestito a vita gratuito alle famiglie toscane, le quali potranno esporli nelle proprie case, affidandone la protezione alle assicurazioni».
Parlando di Tuscanomics ci riferiamo comunque ad un modello offerto da una ristretta regione geografica, mentre quella che stiamo vivendo è una crisi di portata globale. La Tuscanomics potrebbe diventare una traccia da seguire anche a livello nazionale, o internazionale?
«Internazionale. Uno dei grandi vantaggi dalla Toscana è che si tratta di un vero e proprio laboratorio su scala regionale, dove è possibile testare nuovi modelli di società finalizzati alla libera condivisione a livello internazionale. La Toscana infatti si trova di fronte a sfide simili a quelle che si presentano a molte altre regioni e nazioni, pertanto le soluzioni valide per questo territorio sono facilmente applicabili altrove. Fortunatamente, la Toscana gode di una reputazione così ampia e positiva che le conferisce la credibilità necessaria per illustrare e diffondere questi modelli al resto del mondo».