[06/05/2011] News

Materie prime in altalena e sostenibilità in alto mare

Che si sgonfi la bolla delle materie prime è una buona o una cattiva notizia? Verrebbe da dire subito che è una buona notizia, specialmente dal punto di vista sociale, dato per acclarato e universalmente noto che cosa il rincaro delle commodity - specie quelle alimentari - crea nei paesi del sud del mondo. Le rivolte del pane nel nord africa sono ricordi recentissimi datati 2008.

Per il presidente della Banca centrale europea, Jean-Claude Trichet, il dubbio neanche esiste - ed è comprensibile -: "è una buona notizia", ha detto, aggiungendo che tutto ciò che contribuisce a calmare i prezzi delle commodity è positivo.

Di certo il boom dei prezzi delle materie prime ha contribuito a far aprire gli occhi - a chi lo ha voluto e saputo fare - sull'enorme potere degli speculatori finanziari. Di quell'eccesso di finanziarizzazione che noi da tempo andiamo attaccando, resa sempre più fuori controllo da un'informatizzazione mai vista dal genere umano, che ha velocizzato in modo esponenziale i tempi dell'economia finanziaria, in grado ormai di decidere i destini di milioni di persone con un click.

Inoltre, e questo è uno degli altri nodi non sciolti e ben poco analizzati, il mercato dovrebbe essere in grado di dare informazioni almeno "credibili" sugli stock di commodity disponibili in modo da poterle usare senza esaurirle (gestione delle risorse scarse), nella logica della domanda e dell'offerta.

Questione ancora più critica in una logica di economia ecologica: ma come si fa a tutelare una risorsa scarsa se il mercato finanziario ne quintuplica o ridimensiona le dimensioni in ragione solo del business per di più assolutamente non in grado di ridistribuire ricchezza?

Anche il Sole24Ore, pur guardando alla cosa con un approccio diverso, arriva a dire che «i mercati, se sbagliano, si correggono da soli, ma questi movimenti bruschi non lasciano tranquilli; e a poco vale ricordare che le materie prime dovrebbero seguire un andamento ciclico attorno a un trend stabile di lungo periodo, raramente ripido, e sono quindi molto diverse dalle azioni destinate in situazioni normali a salire o a scendere con ritmi anche rapidi».

L'argento non è il mais, per dirne una, e quest'ultimo - come scrive sempre il Sole - «ha scorte ridotte a livello d'allarme». Ma c'è di più. Il petrolio che sale o che scende porta con sé deprezzamenti o rincari su tutta la filiera che va dalle materie prime fino alle seconde. Il metabolismo dell'economia è dato dai flussi di materia e da quelli di energia.

Sono gli input sulla base dei quali si possono calcolare anche gli output. Essendo gli input sempre più scarsi, gli output dovrebbero avere quindi crescente valore, perché in grado di sostituire gli input stessi o almeno di ritardarne l'esaurimento. Ma l'eccesso di finanziarizzazione rende tutto questo percorso ad ostacoli e assolutamente non lineare.

Tanto che ora se le materie prime si dovessero deprezzare per lungo tempo, sarebbero così convenienti rispetto alle seconde - cosa che già accada ora - che quest'ultime sarebbero quasi del tutto fuori mercato (si parla dei derivati del petrolio, quindi plastica per fare un esempio).

Se dunque la richiesta di materie seconde, quindi provenienti dal riciclo, non ha mercato, si interrompe la filiera stessa, perché una volta fatta la raccolta differenziata per bene, e trattati i rifiuti per renderli riutilizzabili, l'assenza di mercato fa da tappo. E rende vano tutto il resto.

E' sostenibile una situazione del genere? Se non si governano i flussi di materia (e anche quelli di energia) in questo caso pur all'interno di regole del mercato, la sostenibilità ambientale è pura utopia. Serve un taglio netto alla speculazione e alla finanziarizzazione eccessiva del mercato e specialmente quello delle materie prime, diversamente non si uscirà mai da questo che è di fatto un cul-de-sac.

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