
[09/05/2011] News
Wwf e Fai denunciano: «Il Governo sotto dettatura dell’Assobalneari»
A Legambiente non va proprio giù il decreto sviluppo/spiagge tremontiano che probabilmente è solo uno spot elettorale per prendere i voti dei balneari: «Abbiamo ascoltato in questi giorni ampie rassicurazioni da parte dei ministri dei beni culturali e dell'ambiente sul fatto che rispetto al Dl Sviluppo e alla concessione in diritto di superficie per 90 anni di edifici e spiagge, varranno in ogni caso i vincoli esistenti. Sono affermazioni purtroppo smentite dal testo, che non prevede in alcun modo la partecipazione dei Ministeri alla procedura di costituzione del diritto di superficie. E in ogni caso, i vincoli possono essere aggirati e persino modificati da Comuni e Regioni», dice Sebastiano Venneri, vicepresidente nazionale del Cigno Verde.
Infatti il Dl sviluppo approvato dal Consiglio dei ministri, all'articolo 3, prevede il rilascio del provvedimento costitutivo del diritto di superficie, da parte della Regione d'intesa con il Comune e Agenzia delle Entrate, escludendo il ministero dei beni culturali, «Che pure dovrebbe vigilare sui 300 metri dalla battigia, e il ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare - dice Venneri - Non possono essere solo ragioni di tipo economico a governare le autorizzazioni che riguardano le coste italiane, perché stiamo parlando di paesaggi unici e di interesse pubblico. Inoltre, la possibilità che il Decreto apre di realizzare interventi sulle aree demaniali attualmente inedificate, sempre in regime di diritto di superficie per 90 anni, è gravissima, perché se è vero che si fanno salve le norme vigenti di tutela, queste possono essere modificate proprio dalle Regioni e dai Comuni. Con il trasferimento del demanio costiero alle Regioni si profilano quindi, rischi gravissimi per le aree costiere italiane e su quei paesaggi che la Costituzione tutela all'articolo 9 e su cui il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali dovrebbe vigilare con ben altra attenzione».
Legambiente sottolinea che « Se ogni anno si spendono già decine di milioni di soldi pubblici per il ripascimento delle spiagge e il ripristino degli edifici danneggiati dall'erosione delle coste dovuta all'innalzamento dei mari, logica vorrebbe che il Ministero dell'Ambiente si impegnasse per tutelare queste aree da qualsiasi intervento. Col Dl sviluppo, invece, si rischia di portare nuovo cemento su questi fragili ecosistemi per poi magari ricorrere ancora ai fondi pubblici per far fronte ai possibili ulteriori danni»..
Venneri conclude: «Siamo convinti che la Commissione europea interverrà per fermare un provvedimento che, di fatto, privatizza per 90 anni le coste italiane senza alcuna procedura trasparente e pubblica. Il Governo dovrebbe invece ripristinare la legalità richiedendo le gare obbligatorie per tutte le nuove concessioni e facendo rispettare il diritto alla spiaggia libera in tutta Italia e non solo per il passaggio fino al mare. E' francamente incomprensibile, infatti, che si possa sostenere l'utilità di questo provvedimento in quanto strumento a tutela dell'italianità delle imprese balneari, anche per operatori che hanno occupato abusivamente edifici e aree demaniali, o che hanno pagato briciole a fronte di enormi guadagni».
Per Wwf e Fai «I fatti ed i documenti parlano chiaro. Il 27 gennaio 2010 in un incontro con il Ministro Brambilla, l'Assobalneari (aderente a Confindustria Turismo) consegna una nota ("Il nuovo demanio marittimo: gli obiettivi di ASSOBALENARI Italia") con cui si chiedono sostanzialmente tre cose: la proroga delle concessioni in essere sino al 2015, la previsioni di concessioni demaniali cinquantennali e l'introduzione del diritto di superficie sul demanio marittimo. Il Governo ha prorogato le concessioni in essere sino al 2015 con la legge n. 25/2010 ed intende introdurre per decreto legge il diritto di superficie per novant'anni, entrando in aperto conflitto con gli orientamenti della Commissione Europea sulla libera concorrenza e aprendo allo scempio ulteriore delle nostre coste; alla luce di questo poca importanza ha la previsione di concessioni demaniali di cinquant'ani perché chiaramente a il tempo di occupazione demaniale sarà condizionato non dalla concessione ma dal diritto di superficie che garantirà comunque la permanenza degli immobili realizzati.
Gli stabilimenti balneari hanno registrato un vero e proprio boom negli anni 2000, basti pensare che tra il 2001 ed il 2010 sono sostanzialmente raddoppiati passando da 5368 a circa 12.000. In passato le concessioni venivano rilasciate su richiesta degli interessati e solo successivamente si sono incominciati a vedere piani di utilizzo degli arenili predisposti dai Comuni ed approvati dalla Regione. Anche in vigenza di questi piani, utilizzati per razionalizzare l'esistente e a volte per legittimare situazioni illegittime, le nuove concessioni sono state date addirittura con assegnazioni dirette.
Sino a non molto tempo fa dunque le assegnazioni degli stabilimenti balneari venivano dati con atti "ad hoc" di cui, per ignoranza o convenienza, si ignorava l'impatto ambientale, paesaggistico e sociale. Ci sono volute due sentenze (TAR Puglia n. 758 del 2005 e Consiglio di Stato n. 4027 del 2005) per stabilire (come era ovvio che fosse) che gli insediamenti balneari lungo la costa possono e devono avvenire esclusivamente nel pieno rispetto delle regole dalla pianificazione urbanistica comunale e solo da poco tempo s'iniziano a vedere le aste pubbliche per l'assegnazione delle nuove concessioni o per la rassegnazione di quelle vecchie scadute. Quella italiana costituisce una situazione talmente clamorosa che l'Unione Europea è intervenuta sostenendo che il nostro sistema è contrario ai principi della concorrenza. Anche nel settore balneare va infatti applicata la direttiva Bolkenstein sulla concorrenza che vieta i rinnovi delle concessioni fatti in modo sistematico ed automatico.
Il Governo per venire incontro all'Assobalneari non solo ha prorogato anche le concessioni demaniali in scadenza garantendole sino al 2015, ma con la stessa legge (L. 25/2010) ha consentito ai titolari di concessioni di sei anni di fare richiesta, in ragione degli investimenti effettuati o di quelli che intendono fare, di una proroga ventennale. Il tutto viene chiarito, puntualizzato e confermato anche in una circolare interpretativa del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, Direzione Generale dei Porti (circ. n. 6105 del 6/5/20101). Insomma, indipendentemente dalla modalità di assegnazione della concessione, molti stabilimenti sono oggi garantiti sino al 2035.
In questo quadro il Governo inserisce il decreto legge sulle concessioni novantennali che evidentemente mirano a nuovi insediamenti perché, come abbiamo detto, gli stabilimenti esistenti già oggi hanno avuto sufficienti garanzie Il modello che sembra volersi perseguire è quello della cittadelle del divertimento: piscina, palestra, sauna, bar, ristorante, discoteca, negozietti oltre ai soliti spogliatoi, cabine, bagni e docce costituiscono un'insieme dove ombrelloni e sdraio sono l'ammennicolo che giustifica la concessione demaniale. Di questo modello ci sono già moltissimi esempi che il Governo vorrebbe estendere con il nuovo decreto legge quasi non bastasse quanto sino ad oggi fatto e quasi si ritenesse ancora insufficiente la quantità di cemento riversata sulle spiagge».