[27/05/2011] News

Come salvare gli asini selvatici dall'estinzione

Reticolati di confine, ferrovie e allevamento di bestiame i pericoli per gli asini del Gobi

Associazioni ambientaliste e scienziati danno una grande attenzione alla salvaguardia degli uccelli migratori, in quanto specie che devono affrontare gravi minacce non solo nelle loro aree di riproduzione e svernamento, ma anche lungo le loro rotte migratorie. Ma ci sono anche molti mammiferi migratori e, dato che la maggior parte di loro non sono in grado di volare,  si trovano ad affrontare una serie di sfide ancora più grandi di quelle degli uccelli per sopravvivere.  Lo studio "Connectivity of the Asiatic wild ass population in the Mongolian Gobi", pubblicato su Biological Conservation, svela nuovi particolari della difficile  vita degli asini selvatici asiatici (Equus hemionus) che sono i discendenti degli originari antenati del cavallo e dell'asino. Purtroppo la maggior parte delle specie di asini selvatici sono oggi in pericolo di estinzione, in gran parte come risultato diretto delle attività umane, come la caccia e la distruzione dell'habitat.  Attualmente l'areale di distribuzione dell'asino selvatico asiatico limitato ad alcune aree di Mongolia, Cina, India, Iran e Turkmenistan, ma era molto più diffuso. I ricercatori stanno prendendo in considerazione i fattori responsabili del declino della specie, sperando di sviluppare misure per garantire la sua futura sopravvivenza. Alla ricerca pubblicata su Biological Conservation hanno lavorato Petra Kaczensky e Chris Walzer (Institute of Wildlife Ecology, dell'Università di medicina veterinaria di Vienna, Austria)  Ralph Kuehn e Stephanie Pietsch (Unit of Molecular Zoology, del dipartimento di scienze animali  dell'università tecnica di Monaco, Germania), Badamjav Lhagvasuren (Mammalian Ecology Laboratory, dell'Istituto di biologia dell'accademia delle scienze della Mongolia), Weikang Yang ( dell'Istituto di geografia e biologia dell' Xinjiang, Cina) e il  Wwf Mongolia che spiegano: «La migrazioni a lunga distanza di animali selvatici sono state identificate come importanti fenomeni biologici, ma la loro salvaguardia  resta una sfida importante. Il Gobi mongolo è uno degli ultimi rifugi per l'asino selvatico asiatico (Equus hemionus) e per altri mammiferi migratori minacciati. Utilizzando i ranges di distribuzione storici e attuali, la genetica della  popolazione e dati di telemetrici abbiamo valutato la connettività della popolazione di asino selvatico nel contesto delle caratteristiche paesaggistiche naturali e antropiche e della rete esistente delle aree protette. Nel Gobi mongolo  la produzione di biomassa è strettamente correlata alla densità umana e del bestiame e sembra predire eventi al livello superiore per l'asino selvatico. L'attuale areale di distribuzione dell'asino selvatico ricade in gran parte in aree con isolinee con una produttività al di sotto di 250 gC/m2/anno (250 grammi carbonio per metro quadro all'anno, ndt), suggerendo che, all'interno dell'attuale utilizzo del territorio, le  zone più produttive sono diventate indisponibili per gli  asini selvatici. I risultati della genetica delle popolazioni hanno identificato due sottopopolazioni e delineato un confine genetico tra il Dzungarian e il Transaltai Gobi per la quale la spiegazione più probabile sono le catene montuose che separano le due aree. Gli home ranges dei 19 asini selvatici radiomarked supportano gli effetti restrittivi presunti per gli habitat più produttive e le catene montuose e, in aggiunta indicano un effetto barriera delle recinzioni. Inoltre, i dati della telemetria indicano che nel Dzungarian e nel Transaltai Gobi raramente individui di asino selvatico si avventurano al di fuori delle aree protette, mentre nel Gobi del sud-est passano solo una piccola frazione del loro tempo all'interno della rete di aree protette. La conservazione della continuità della popolazione di asino selvatico avrà bisogno di un approccio a livello territoriale, che includa anche paesaggi multi-uso al di fuori delle aree protette, in particolare nel Gobi del sud-est.  Nel sud-ovest del Gobi, si devono consentire delle aperture nella recinzione di confine verso la Cina e la gestione della zona di confine come un corridoio ecologico che collega  tre grandi aree protette che riguardano più di 70.000 km2 di habitat dell'asino selvatico».

E' chiaro che le zone più produttive del Gobi e lungo le rotte migratorie degli asini vengono utilizzate pesantemente dagli uomini per il loro bestiame al pascolo, che entra in competizione con gli asini selvatici, che  sono o cacciati o uccisi per impedire loro di "rubare" cibo ed acqua già scarsi agli animali domestici. Ma anche se l'asino selvatico ha bisogno di poco cibo ed acqua per sopravvivere nella steppa e nel deserto non  può utilizzare aree che producono sotto i 100 gC/m2/anno. «Di conseguenza, la specie è a poco a poco stata costretta in habitat che sono appena in grado di supportarla - spiega Chris Walzer - Gli animali che vivono in zone improduttive sono spesso nomadi e l'asino selvatico asiatico non fa eccezione».  I quasi 20 asini dotati di radiotrasmettitori hanno dimostrato che gli Equus hemionus utilizzano un vasto areale e che evitavano le regioni collinari o montane. Ma la scoperta più preoccupante è stata quella che gli animali non sono in grado (o non vogliono) dio attraversare le barriere artificiali come la linea ferroviaria di Ulan Bator-Pechino, che così taglia fuori circa 17.000 km2 di habitat idonei per questi equini, e la recinzione di confine tra la Mongolia e Cina , che è stata costruita negli anni '70 e poi potenziata e che ora divide le popolazioni di asini sui due lati del confine.

Grazie agli sforzi fatti dagli ambientalisti ed all'istituzione di aree protette, il team di ricerca internazionale non ha trovato prove di un recente "collo di bottiglia genetico". La specie dimostra un livello di diversità genetica relativamente alto, sia all'interno che tra le due subpopolazioni.

Secondo i ricercatori «Gli asini selvatici che vivono nel Deserto dei Gobi beneficerebbero di un piano di salvaguardia coordinato e multinazionale» e Walzer sottolinea che «Aprire la recinzione di confine, almeno in alcuni punti, non solo aiuterebbe gli asini selvatici asiatici ma potrebbe anche essere vantaggioso per altri mammiferi rari, come i cammelli della Bactriana e i reintrodotti cavalli di Przewalski».

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